Non solo gesti simbolici, folklore futurista o ciarpame in stile Tolkien, i giovani e giovanissimi di CasaPound vagheggiano l’ascesa del fascismo, quello degli esordi, dedito ad aggressioni ai dirigenti e ai militanti socialisti e comunisti, fra assalti alle sedi delle camere del lavoro e spedizioni punitive alle leghe contadine. Con o senza fez le loro squadracce procedono sempre allo stesso modo. Con incursioni intimidatorie contro immigrati, rifugiati, persone indifese. Fare i prepotenti con chi è più debole è un classico di chi si riempiva la bocca di parole come “onore”, “popolo”, “eroismo” come tronfia facciata, che nascondeva un odio freddo e lucido verso il genere umano.
Ancora oggi nell’immaginario di molti italiani Mussolini era al più “un buffone”. A scuola non si studia il genocidio di cui si rese responsabile in Libia. “ Italiani brava gente” è una leggenda (falsa) che ci fa dormire sonni simili alla narcosi. Facendo buio su ampi capitoli del nostro passato colonialista, partorito dalla vanità della monarchia sabauda e portato all’apoteosi più feroce da Mussolini. Così, a poco a poco, la memoria del fascismo è stata sterilizzata, alleggerita di responsabilità, ridotta a una innocua figurina. Colpa anche di una certa storiografia che ha avvolto in una prosa estetizzante l’impresa fiumana e il suo vate, D’Annunzio. Complice una critica letteraria che – anche a sinistra – si è innamorata del paroliberismo dissociato di Marinetti (parente stretto della scrittura automatica surrealista), minimizzando il contenuto violento di testi come il romanzo scandalo di Marinetti, Mafarka il futurista (1909), che fu sottoposto in quegli anni a processo per oltraggio al pudore, in cui si decantavano le gesta immaginarie di un re nero che amava la guerra e odiava le donne. Sono ancora attivi i virus invisibili di quel ribellismo futurista che inneggiava alla «guerra igiene del mondo» e gridava: «Noi disprezziamo la donna concepita come unico ideale, divino serbatoio d’amore, la donna veleno, la donna ninnolo tragico…». Non è un caso che Vivamafarka sia il nome di un “acceso” forum targato CasaPound. Che dalle parole è lesta a passare ai fatti, come ci ricordano le cronache di queste settimane, punteggiate di raid a Roma e ronde contro i migranti ad Ostia, solo per citare due esempi fra molti.
Storico della resistenza e americanista Alessandro Portelli ha scritto pagine importanti per denunciare questa progressiva normalizzazione della memoria che ha portato a un tragico sdoganamento di vecchi e nuovi fascismi. Basti ricordare che Roma è arrivata anni fa ad eleggere Alemanno sindaco e Storace presidente della Regione Lazio. E se nella capitale i manifesti di Forza Nuova campeggiano “tranquillamente” nei quartieri più degradati come in quelli residenziali, tipo l’Eur, colpisce ancor più vederne i simboli nelle contrade di Siena e nelle curve degli ultra del Bologna, branditi da tifosi giovani e giovanissimi.
«Non mi sorprende», commenta l’autore di Calendario civile e del nuovo La città dell’acciaio (Donzelli). «Un tempo la differenza generazionale si esprimeva guardando a sinistra. Ma oggi la sinistra sembra incapace di uscire dalla politica politicista. Dall’altra parte – sottolinea Portelli – mi colpisce molto quando costoro, usano parole come “valori” e “ideali”. In questo modo proiettano un’immagine di una società differente (per noi orrenda) prospettano orizzonti. I nostri di sinistra, invece, proiettano (quando va bene) l’immagine una gestione al più attutita dei conflitti che attraversano la società esistente».
È accaduto qualcosa di analogo negli Stati Uniti?
Una tensione simile si è vista fra Donald Trump e Hillary Clinton. L’attuale presidente degli Usa proietta una immagine falsa, anche spaventosa, di cambiamento. Ciò che comunica la Clinton è “andiamo avanti, sempre sulla stessa strada”. Il problema è l’incapacità della odierna sinistra di fare appello all’immaginazione, ai desideri, ai sogni. Vedo tutte le nostre debolezze in questo quadro di avanzata delle destre.
Aver minimizzato la criminalità del fascismo, aver rinunciato a rimarcare la differenza radicale fra destra e sinistra oggi rende necessaria una proposta di legge come quella avanzata da Fiano?
Se fossi in Parlamento l’avrei votata. Ovviamente. Ma non è una risposta alla sua domanda. Penso che Fiano abbia fatto bene a fare la sua proposta, ma al contempo penso che abbia ragione chi dice che non serve a niente: abbiamo già leggi ad hoc, ma non sono state applicate, una nuova norma temo non avrebbe miglior sorte. O poi, va detto, c’è un sottofondo vittimistico di cui si avvantaggia la destra. “Tornate nelle fogne”, si diceva e loro si “identificavano” con le fogne, se ne facevano un vanto. La sfida è un’altra tirar fuori gli ideali di sinistra. Ma oggi progetti legati a valori come lo Ius soli vengono usati strumentalmente nel governo, per strategie di potere. Vedo l’incapacità della sinistra, dalla nascita del Pd a oggi, di uscire da questa politichetta dei tatticismi. Intanto, mentre noi ci lamentiamo del fatto che i ragazzi si chiudono in casa e passano le giornate su facebook, loro li tirano fuori, li riportano nelle strade, fra la gente.
Fanno il porta a porta, vanno a pagare la bolletta agli anziani, si camuffano da chi lotta per la casa…
Non so neanche se si camuffano o lo fanno davvero. Un fatto è certo, sul territorio in certe lotte, noi non ci siamo più. Non dobbiamo dimenticare che la parola antifascismo è stata esclusa dallo statuto del Pd alla sua fondazione. Se ne è perso il senso. Si è pensato che l’antifascismo fosse solo opporsi a un regime di 70 anni fa. Non abbiamo mai identificato come fascismo il razzismo, la xenofobia, il sessismo di oggi. Per non dire che da trent’anni sosteniamo che sia necessario rafforzare l’esecutivo, dare più potere a chi comanda. Così abbiamo indebolito i nostri anticorpi.
Abbiamo lasciato che il fascismo diventasse “normale”?
È avvenuto, purtroppo. Molto gradualmente abbiamo lasciato che diventasse parte dell’orizzonte. Si è sviluppato un senso comune per cui slogan di destra e fascisti circolano indisturbati. Anche senza dire «aiutiamoli a casa loro» (ipse dixit Matteo Renzi, ndr) è passata l’idea di mandare soldi e truppe per impedire a persone che stanno morendo di fame di emigrare. Il passo successivo è quello dei nazisti: mandare navi per affondarli.
In questo quadro cosa pensa dell’idea di Marcello Flores di fare a Predappio un museo del fascismo invece che un museo dell’antifascismo?
Ad essere sincero a me non piaceva. So che le intenzioni di Flores erano le migliori e che avrebbe realizzato il progetto in modo serio e dignitoso, ma l’uso che avrebbero potuto farne i fruitori era incontrollabile. Diversamente da un chiaro museo dell’antifascismo, un museo del fascismo si presta a una fruizione selettiva, filtrata. Sono contento che poi non sia stato realizzato.
Intervista tratta da Left n. 29 del 22 luglio 2017