È come tirare su acqua dall’oceano di notte con un colapasta. Che si sia al mare lo sentiamo, anche se non lo vediamo. E che di acqua in mare ce ne sia tantissima, viene da sé. Ma quando solleviamo l’utensile in mano non ci resta niente. Deve essere stata questa la sensazione provata ai Laboratori nazionali del Gran Sasso dopo aver messo in attività Xenon1t, l’esperimento guidato da Elena Aprile, progettato per catturare le Wimp (Weakly interacting massive particles) e dare finalmente un volto alla “materia oscura”: la sostanza, invisibile e, appunto, di natura oscura che costituisce (che sembra costituire) oltre l’85% della massa dell’universo. E la medesima sensazione devono averla provata i cinesi dell’esperimento PandaX realizzato nei laboratori di Jinping nella provincia dello Sichuan. Anche loro hanno tirato su il colapasta e non vi hanno trovato alcuna traccia di Wimp.
I risultati dei due gruppi internazionali di ricerca, quello che lavora in Italia e quello che lavora in Cina, sono stati pubblicati lo scorso 30 ottobre sulle Physical Review Letters e, ammettiamolo, sono un po’ frustranti. Certo, non è detta l’ultima parola, perché scovarle – quelle particelle massive che si presume interagiscano molto, molto debolmente con quel residuo 25% di materia che noi vediamo – non è impresa da poco. Ma non sono pochi, ormai, a pensare che forse conviene battere altre strade, teoriche e sperimentali, per risolvere il problema della “materia oscura” che, in coppia con quello della “energia oscura”, costituisce il più grande rovello sia per gli astrofisici che per i fisici delle alte energie.
Gli uni e gli altri pensano che la “materia oscura” deve esserci, proprio come l’acqua nel mare. Per due motivi fondamentali. Il primo è che bisogna far tornare i conti della ricostruzione della storia cosmica. Sappiamo, infatti, che le prime galassie si sono formate 500 milioni di anni dopo il Big Bang. Se il nostro orologio è tarato su quello del Modello standard della cosmologia che ingloba la Teoria dell’inflazione e se l’universo ha una densità W pari a 1, così come verificato dall’esperimento Boomerang di Paolo De Bernardis, allora non c’è modo di spiegare la nascita delle prime galassie 500 milioni di anni dopo il “grande botto” iniziale, se non prevedendo l’esistenza di una quantità di materia almeno sei volte superiore a quella che vediamo con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione attualmente per scrutare l’universo. Allo stesso modo, non c’è possibilità di spiegare il moto delle galassie – in particolare la velocità con cui ruotano intorno al proprio asse – se non considerando che la materia galattica che noi osserviamo deve essere immersa in un “alone” di altra materia, oscura appunto. E questa materia oscura deve essere, appunto, all’incirca sei volte superiore alla materia visibile.
In breve ci sono due grandi indicazioni indipendenti che indicano che là fuori il grande oceano della materia oscura “deve” esistere. Ma tutte le volte che tentiamo di recuperarne un po’, non riusciamo a bagnarci neppure le dita. Semplicemente non la troviamo.
Questa materia, come dicevamo, è oscura non solo perché non la vediamo, ma anche perché non ne conosciamo la natura. Nel corso degli ultimi decenni i fisici hanno indicato molti candidati. Ma mai nessuno si è rivelato quello giusto. Non li passiamo in rassegna: non abbiamo lo spazio. Diciamo che, da ultimo, il candidato più accreditato sono le Wimp, particelle previste dalla Susy (la teoria di supersimmetria) che a sua volta è accreditata come la più promettente per “andare oltre il Modello standard delle alte energie”. Anche qui, non abbiamo spazio per approfondire. Diciamo solo che la fisica delle particelle o delle alte energie non si è esaurita con la scoperta del “bosone di Higgs” nel 2012 al Cern di Ginevra, perché sono ancora molti i conti da far tornare. Per esempio il fatto – verificato anche al Gran Sasso dall’esperimento Opera guidato da Antonio Ereditato – che i neutrini hanno una massa, sia pure piccolissima. Cosa non prevista dal Modello standard.
L’idea di fondo della Susy è che esiste in natura una supersimmetria, che fa corrispondere a ogni e ciascuna particella nota un suo omologo. A ogni elettrone corrisponde, dunque, un s-elettrone. A ogni quark uno s-quark. Tutte queste s-particelle, dice la teoria, sono Wimp: hanno una massa, ma sono debolmente interagenti con la materia ordinaria. La teoria è elegante. Ma ha un piccolo difetto, decisivo nella scienza: nessuno ha mai provato, in maniera chiara e inequivocabile, che le particelle supersimmetriche esistono. Di Wimp non c’è traccia. Neppure Xenon1t sotto il Gran Sasso e PandaX in Cina le hanno scoperte.
Le opzioni, a questo punto, sono quattro.
La prima è portare pazienza: le particelle cercate sono molto elusive e questi ultimi due esperimenti sono, tutto sommato, recenti. Insomma nulla vieta che le Wimp siano trovate, prima o poi.
Secondo: loro, le Wimp, sono così elusive che bisognerà progettare esperimenti ancora più sofisticati. E, infatti, Xenon1t, lì sotto 1.400 metri di roccia del Gran Sasso, è destinato a crescere. Si passerà molto presto da un rilevatore che contiene 3,5 tonnellate dell’elemento xeno puro, un gas a temperatura ambiente che è portato a – 95 °C per renderlo liquido, a un rivelatore che conterrà 7,6 tonnellate di xeno. Per schermarlo al meglio, il rilevatore è a sua volta immerso in un contenitore di 700 m3 alto 10 metri di acqua purissima. L’ipotesi è che la Terra ruotando intorno al Sole e, con il Sole, ruotando intorno al centro della Via Lattea, attraversi l’alone di materia oscura e sia, quindi, colpita da una pioggia di particelle supersimmetriche. I teorici calcolano che siano decine di migliaia le particelle di materia oscura che attraversano ogni secondo un centimetro quadro di superficie della Terra. E la speranza è che, ogni tanto, una delle elusive particelle supersimmetriche interagisca con un atomo di materia ordinaria, lasciando una traccia inequivocabile. Finora non è accaduto.
Questo spalanca la porta a una terza opzione: la materia oscura non è fatta di Wimp. Ne consegue che occorre trovare altri candidati. Il paniere delle possibili alternative – siano esse altre particelle o oggetti macroscopici – è ricco. Ma nessuna delle alternative alle Wimp è convincente.
Si sta così facendo strada – come ha documentato la rivista Nature in un suo recente numero – la quarta ipotesi, peraltro caldeggiata da non pochi astronomi. Che in realtà la materia oscura non esista affatto. Così come non esisterebbe affatto l’energia oscura, che rappresenta i tre quarti del cosmo ma che nessuno ha mai direttamente rilevato. E allora come si spiegherebbero la nascita in soli 500 milioni di anni delle galassie e i movimenti accelerati delle medesime intorno al proprio asse? Una risposta da non scartare affatto è che ci potrebbe essere non una materia oscura (e un’energia oscura) ma una “legge oscura”. Una spiegazione teorica nuova, che potrebbe richiedere il superamento o, comunque, una modifica della relatività generale di Einstein.
D’altra parte lo stesso Einstein sosteneva che l’equazione con cui ha formalizzato la relatività generale è costituita per metà di marmo pregiato e per metà di legno scadente. La parte pregiata è quella che privilegia la continuità e descrive il campo gravitazionale. La parte scadente è quella che privilegia (o, secondo Einstein, si adegua) alla discontinuità e descrive le particelle che sentono il campo. Il più grande fisico di ogni tempo ha speso metà della sua vita scientifica per rendere pregiata l’intera equazione. Non c’è riuscito. Né ci sono riusciti i tantissimi fisici che, dopo di lui, hanno tentato di fare altrettanto. Ecco, secondo alcuni occorre attendere un nuovo Einstein perché finalmente illumini la parte della fisica – e dell’universo – ancora nell’oscurità.