Sta per diventare legge al Cairo: l'ateismo diventerà un crimine. Nell'Egitto del "democratico" Al Sisi, promulgatore di un "islam moderato" se seduto accanto ai leader europei o gli imprenditori del Vecchio continente, l'ateismo diventa una scelta sempre più avversata. La libertà di irreligiosità in ogni sua forma è minata, l'orizzonte del futuro si prospetta impietoso: sarà peggio che in Arabia Saudita, dove dire in pubblico di non credere in dio è «promozione del pensiero ateistico», un'azione già classificata da Ryad come «atto di terrorismo». L'Egitto andrà oltre: non più solo esprimersi in pubblico, ma anche non credere in privato, sarà un crimine. Un nuovo giro di vite contro liberali, giovani, attivisti oppressi.

L'attuale legge egiziana dice che un ateo può essere perseguitato se esprime la sua non fede in pubblico, ma la nuova proposta delle autorità è di andare oltre, di criminalizzare l'ateismo in sé, come concetto e come pratica, anche se personale e privata, non espressa nella società.

Ad occuparsene è il comitato per la religione del Parlamento del Cairo, i cui piani sono di rendere questa proposta subito legge nella nazione nordafricana. Gli atei d'Egitto, dopo i fratelli musulmani, sono il secondo peggior nemico dello Stato, dice al Shabab, giornale legato al governo, che nell'editoriale cita uno psicologo che riferisce che «l'ateismo conduce a disturbi mentali e paranoia». In ogni caso, appena al Sisi prese il potere nel 2014, il governo annunciò il suo piano nazionale per mettere fine ad ogni forma di pensiero laico.

Solo su internet: ecco come comunicano gli atei nordafricani, tacciati e stigmatizzati come irreligiosi miscredenti nella società. Per loro, secondo un sondaggio del Pew research, il 63 per cento degli intervistati su un campione di 1798 persone, supportava la pena di morte per aver abbandonato la religione, ovvero l'islam.

Si stima che silenziosamente siano 3 milioni i non credenti a fronte di 89 milioni di fedeli in Egitto, ma non c'è un censimento degli atei nel paese dove è presente la più grande comunità cristiana del Medio Oriente e il resto della popolazione è musulmana. Gli agnostici e gli atei dal Cairo al Sinai, nel dicembre del 2014, secondo una ricerca del Dar al Ifta, un centro legato al governo, erano 866, ovvero lo 0,001% della popolazione, una cifra “sospettosamente precisa”, secondo il Guardian, che scriveva: «non si sa esattamente quanta gente vive al Cairo, quanti siano i milioni di cristiani e musulmani, ma il clero egiziano è certo di quanti atei esistano in Egitto». Un numero, 866, che era comunque la cifra più alta registrata in tutto il mondo arabo. Dopo l'Egitto, il Marocco ne aveva contati 325, la Tunisia 329, l'Iraq 242 e lo Yemen 32. Povera anche la Libia: ne aveva contati solo 34. 

Sta per diventare legge al Cairo: l’ateismo diventerà un crimine. Nell’Egitto del “democratico” Al Sisi, promulgatore di un “islam moderato” se seduto accanto ai leader europei o gli imprenditori del Vecchio continente, l’ateismo diventa una scelta sempre più avversata. La libertà di irreligiosità in ogni sua forma è minata, l’orizzonte del futuro si prospetta impietoso: sarà peggio che in Arabia Saudita, dove dire in pubblico di non credere in dio è «promozione del pensiero ateistico», un’azione già classificata da Ryad come «atto di terrorismo». L’Egitto andrà oltre: non più solo esprimersi in pubblico, ma anche non credere in privato, sarà un crimine. Un nuovo giro di vite contro liberali, giovani, attivisti oppressi.

L’attuale legge egiziana dice che un ateo può essere perseguitato se esprime la sua non fede in pubblico, ma la nuova proposta delle autorità è di andare oltre, di criminalizzare l’ateismo in sé, come concetto e come pratica, anche se personale e privata, non espressa nella società.

Ad occuparsene è il comitato per la religione del Parlamento del Cairo, i cui piani sono di rendere questa proposta subito legge nella nazione nordafricana. Gli atei d’Egitto, dopo i fratelli musulmani, sono il secondo peggior nemico dello Stato, dice al Shabab, giornale legato al governo, che nell’editoriale cita uno psicologo che riferisce che «l’ateismo conduce a disturbi mentali e paranoia». In ogni caso, appena al Sisi prese il potere nel 2014, il governo annunciò il suo piano nazionale per mettere fine ad ogni forma di pensiero laico.

Solo su internet: ecco come comunicano gli atei nordafricani, tacciati e stigmatizzati come irreligiosi miscredenti nella società. Per loro, secondo un sondaggio del Pew research, il 63 per cento degli intervistati su un campione di 1798 persone, supportava la pena di morte per aver abbandonato la religione, ovvero l’islam.

Si stima che silenziosamente siano 3 milioni i non credenti a fronte di 89 milioni di fedeli in Egitto, ma non c’è un censimento degli atei nel paese dove è presente la più grande comunità cristiana del Medio Oriente e il resto della popolazione è musulmana. Gli agnostici e gli atei dal Cairo al Sinai, nel dicembre del 2014, secondo una ricerca del Dar al Ifta, un centro legato al governo, erano 866, ovvero lo 0,001% della popolazione, una cifra “sospettosamente precisa”, secondo il Guardian, che scriveva: «non si sa esattamente quanta gente vive al Cairo, quanti siano i milioni di cristiani e musulmani, ma il clero egiziano è certo di quanti atei esistano in Egitto». Un numero, 866, che era comunque la cifra più alta registrata in tutto il mondo arabo. Dopo l’Egitto, il Marocco ne aveva contati 325, la Tunisia 329, l’Iraq 242 e lo Yemen 32. Povera anche la Libia: ne aveva contati solo 34.