“Verità per Giulio Regeni”: a due anni dalla morte del ricercatore italiano, l’appello tuona sempre più forte. Il 25 gennaio 2016, il ventottenne dottorando dell’università di Cambridge, contatta per l’ultima volta la fidanzata. Poco dopo ne viene denunciata la scomparsa. Il 3 febbraio viene ritrovato il corpo. Nudo, torturato. Sono trascorsi due anni da quel 25 gennaio e ancora le autorità egiziane si ostinano a non rivelare i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito e coperto il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. «È fondamentale dare un significato alla parola memoria: cioè la memoria del ricordo di Giulio», dichiara a Left Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia. E continua:
«Non vogliamo che il tempo spinga a cedere nei confronti dell’Egitto. Il ritorno dell’ambasciatore è stato un po’ anticipatore in questo senso: non abbiamo alcun elemento per dire che la verità è più vicina da quando è rientrato in Egitto. Nessuno immaginava che da lì a 15 giorni il ritorno dell’ambasciatore avrebbe consentito di fare piena luce e convincere le autorità egiziane a rivelare nomi, mandanti, autori.».
Alfano aveva dichiarato che il presidente della Repubblica egiziana al Sisi fosse pronto a collaborare, cosa che poi non sembra essere…
Dichiarazione di buona volontà da ambo le parti non ne sono mancate, ma non hanno dato luogo ad alcun passo avanti significativo, se non che il fascicolo della procura egiziana è nelle mani della procura italiana. Ma ricordo che è dovuta andare l’avvocato Alessandra Ballerina a prenderselo al Cairo. Penso che nei prossimi mesi accanto all’azione della procura di Roma, potrebbe sorgere la necessità di coinvolgere sul piano internazionale altri soggetti: penso agli organi delle Nazioni Unite che si occupano dei diritti umani. In altre parole, internazionalizzare un po’ la situazione che è quello che è mancato, un po’ per scelta del governo italiano, un po’ per indisponibilità degli altri governi. Ma farlo potrebbe risultare importante in questo periodo.
Ci si poteva aspettare una maggiore collaborazione da parte loro?
Io ho perso la speranza che ci sia a livello europeo una collaborazione. Se i Paesi europei avessero veramente voluto dare un significato all’omicidio di Giulio, avrebbero dovuto tutti richiamare gli ambasciatori. L’Italia è stata isolata, e si è anche isolata. E questa strategia non ha dato nessun esito positivo. Di sicuro c’è che Giulio non è tra le priorità dei rapporti tra Italia ed Egitto: immigrazione, turismo, economia e gas lo sono. Noi abbiamo sempre pensato che rimandare l’ambasciatore fosse stato un gesto prematuro e inopportuno. Quello che ci rammarica di più è che quando venne presa la misura di richiamarlo temporaneamente, non ne siano state adottate altre.
Dopo due anni, sono stati perquisiti l’ufficio e la casa della tutor di Giulio…
Penso che la verità debba essere cercato a 360 gradi e che chiunque possa aiutare, contribuire a delineare il caso è bene che lo faccia. E non dovrebbe neanche essere sollecitato a farlo. Ora vedremo l’esito di questo interrogatorio e delle analisi dei materiali che sono stai prelevati nell’abitazione della tutor. Io voglio sottolineare che potranno emergere delle responsabilità sul piano morale e civile – e magari di questo l’università di Cambridge ha paura – però un conto sono queste responsabilità, e un altro sono le responsabilità penali per crimini di diritto internazionale a cui fa capo l’Egitto. In queste settimane in alcuni ambienti si tende ad accreditare la pista Cambridge come una pista alternativa, se non come quella vera. Col risultato di attenuare le responsabilità dell’Egitto: questa è una cosa che evidentemente fa comodo a molti. Giustificherebbe ancora di più il ritorno dell’ambasciatore.
Dobbiamo aspettarci ulteriori tentativi di depistaggio da parte dell’Egitto?
Ulteriori depistaggi, penso di no. Anche le autorità egiziane sono state costrette in qualche modo a cessare con questi depistaggi e ad ammettere che qualcuno c’entra. La procura di Roma ha consegnato un elenco delle persone che crede che siano coinvolte: sono funzionari dello stato egiziano. Quello che resta da fare all’Egitto – che è ciò che ha fatto negli ultimi tempi – è prendere tempo, ritardare, indugiare, promettere e non mantenere. Non vorrei che questo periodo di campagna elettorale in Egitto – che è un periodo di campagna elettorale anche in Italia – distragga e provochi un momento di pausa per cui alla fine in entrambi i paesi c’è qualcosa di più importante da fare. Non c’è nulla di più importante che cercare la verità sulla morte di un giovane studente.
Quali sono le iniziative pensate per il secondo anniversario della scomparsa?
Il 25 gennaio saremo in 83 città: alle 19.41 – che è l’ora in cui Giulio fu visto vivo l’ultimo volta – accenderemo delle fiaccole. Fiumicello sarà la città principale: manifestazioni silenziose e brevi, senza simboli. Con il colore giallo dominante e la luce delle fiaccole, che simbolicamente è il segnale che noi continueremo a mantenere la luce accesa.
E a volere che sia fatta luce.