Dopo una manifestazione di protesta del suo avversario Odinga, il presidente Kenyatta ha ordinato di chiudere le stazioni televisive che l'avevano trasmessa. I giornalisti hanno resistito dentro le redazioni. Ma interviene la Corte suprema che revoca lo stop

Quando si è accorto di essere nell’occhio del ciclone, Linus Kaikai si è chiesto come sarebbe andata a finire: «quante possibilità abbiamo prima che facciano irruzione qui dentro?».

Lo ha domandato ai collaboratori, mentre i suoi giornalisti si trinceravano in redazione e si preparavano a passarci la notte. Kaikai è il direttore della redazione della Ntv keniana. Mentre era in ufficio una delle sue fonti lo ha avvertito che sarebbe stato arrestato insieme ai colleghi Larry Madowo e Ken Mijungu. Per difendersi delle manette, ha deciso di non tornare a casa, non abbandonare l’edificio dell’emittente. La polizia non gli avrebbe letto le accuse per le quali sarebbe finito in prigione, ma Kaikai sapeva benissimo cosa gli avrebbero imputato le autorità: l’emittente tv di cui è a capo aveva trasmesso il giuramento di protesta dell’opposizione governativa, – la manifestazione più grande degli ultimi tempi avvenuta la scorsa settimana – , contravvenendo all’ordine del presidente Uhuru Kenyatta, che aveva ordinato la censura totale dell’evento.

Dopo le elezioni di novembre, con il 98 per cento dei voti a suo favore, Kenyatta ha giurato come presidente per il suo secondo mandato, nonostante Rail Odinga, l’oppositore, avesse organizzato il suo “giuramento personale”, accusando l’avversario di aver manipolato la scelta elettorale. Odinga ha deciso di autoproclamarsi “presidente del popolo” ad un secondo giuramento, di piazza, durante le proteste nel Paese.

Kenyatta, prima che succedesse, aveva richiamato nella sua residenza tutti i proprietari di media, tv, giornali del Kenya per ordinare che alcuna notizia, foto, video della cerimonia di giuramento di Odinga fosse diffusa. Kakai, anche a capo dell’associazione degli editori del Kenya, aveva denunciato il presidente eletto, raccontando delle sue minacce e intimidazioni ai media con una lettera aperta. Poi ha deciso di dare luce verde ai suoi reporter. È più o meno a quel punto che Kakai ha capito che sarebbe finito al centro dell’uragano.

I suoi giornalisti per almeno un paio d’ore sono riusciti a trasmettere notizie della manifestazione di Odinga, prima che la polizia arrivasse ad arrestarli a una ventina di miglia da Nairobi, requisendo tutta la loro attrezzatura. Poco dopo l’intera stazione tv è stata bloccata, insieme a quella di Citizen Tv, KTN, NTV, InooroTV.

Fred Matiang, ministro dell’Interno, ha annunciato che un’indagine era stata aperta e la stazione televisiva sarebbe rimasta chiusa definitivamente: una decisione, ha continuato Matiang, presa «per proteggere i kenioti dall’istigazione, un massacro di proporzione catastrofiche stava per accadere, la loro intenzione era di farlo succedere e poi accusare la polizia. Gli individui e le organizzazioni coinvolti nella faccenda rimpiangeranno di averlo fatto».

Un paio d’ore dopo le parole del ministro, le forze dell’ordine in borghese circondavano la redazione della Ntv, rimanendo fuori dall’edificio. Dentro, invece, Kaikai e i giornalisti, riempivano le stanze di coperte, acqua e cibo per rimanere dentro, fino a che non sarebbero stati capaci di evitare l’arresto. «Mi hanno chiesto, scherzando, cosa volessi per la mia ultima cena» ha detto Kaikai, mentre in altri punti della città membri dell’opposizione finivano in carcere.

Alla fine la polizia non ha fatto irruzione. Il ministro dell’Interno ha negato il suo coinvolgimento, così ha fatto anche il portavoce della polizia. L’arresto non è avvenuto perché la Corte del Kenya ha sospeso la decisione governativa: «come richiesto dal governo, le stazioni tv saranno oggetto di investigazione, ma possono trasmettere mentre l’indagine è in corso». La stazione tv è tornata on air e on line. Kaikai, Madowo e Mijungu hanno già depositato preventivamente la loro cauzione, nonostante non siano stati ancora arrestati. Questo è stato solo un comune giorno a Nairobi, dove, ha detto Kaikai, se fai il giornalista «dici la verità, non nascondi le cose, non le ricopri di zucchero».