Una pioggia di critiche, tra cui anche quella dello scrittore Ala Al Aswani, per l'operazione di propaganda che celebra il presidente egiziano. «Chi glorifica un sovrano è un burattino nelle mani di un sultano»

Top secret. Estremamente confidenziale. Serry Le al-Gha’aya, in arabo. È il titolo del film di propaganda sulla vita del presidente egiziano Al Sisi, girato sotto la supervisione delle forze armate e finanziato dal Dipartimento per la moralità egiziana, che scuote adesso – dentro e fuori i social network – la società civile del Nilo.

Le riprese sono quasi terminate, ma le critiche sono appena iniziate. L’artista Ahmed el Sakka interpreta il ruolo del caudillo al potere al Cairo, ma gli attori della troupe sono stati avvisati dai servizi segreti: no comment deve essere la loro risposta ufficiale ad ogni domanda dei giornalisti che riguarda l’opera. La storia, sceneggiata da Waheed Hamed e diretta da Mohammed Sami, narra del periodo più complesso dell’Egitto contemporaneo, iniziato il 25 gennaio 2011, con la rivoluzione di piazza Tahrir, e terminato nel giugno 2013 con la destituzione del presidente Mohamed Morsi, mentre al Sisi era ministro della Difesa.

Gamal Eid, direttore esecutivo del Network arabo dei diritti umani per l’informazione, ha ricordato che «produrre un film su Al Sisi adesso non ha alcuna credibilità o valore, è un’ipocrisia. Il regime di Al Sisi permetterà solo un film di propaganda che critica i suoi oppositori. Per essere credibile, un film su di lui deve essere prodotto quando non sarà più al potere». Per il critico Amir Al Emari è un evento senza precedenti nella storia egiziana, «è propaganda del regime attuale, descrive eventi recenti che hanno bisogno di tempo per essere studiati».

«Interpreti una personalità che ha distrutto la più grande rivoluzione della storia, distrutto una generazione, venduto il Paese e commesso un massacro contro il suo popolo. Non solo perderai il tuo pubblico, perderai anche te stesso» ha detto l’attivista per i diritti umani Asma Mahfouz all’attore Ahmed el Sakka. Lo scrittore Alaa al Aswani ha scritto suTwitter che «chi produce qualsiasi film, opera o spettacolo che abbia lo scopo di glorificare un sovrano che è ancora al potere, è un burattino nelle mani del sultano, a prescindere da come giustifichi le proprie azioni. Questa è una regola universale costante».