Sì, è vero, ieri moltissimi utenti che utilizzavano versioni piratate dell’applicazione Spotify per ascoltare musica a illegalmente si sono incazzati perché l’azienda ha deciso di tutelarsi bloccando tutte le versioni a scrocco. È vero anche che tra chi grida “onestà!” c’è quello che ritiene normale una raccomandazione, una spintarella o piccolo piacere personale per saltare le liste d’attesa, per ottenere un lavoro o addirittura compie le stesse identiche azioni per cui condanna gli altri al rogo. È anche vero che l’insicurezza percepita è smentita dai numeri nettamente in calo per omicidi, scippi e rapine ed è matematicamente incontestabile che l’evasione delle multinazionali e la corruzione nella politica abbia costi giganteschi rispetto alle briciole che richiede l’accoglienza.
Però molta gente non lo sa. Volendo immaginiamo anche uno scenario peggiore: non lo capisce. In un momento storico in cui la complessità e lo studio sono rovinosamente passate di moda (solo ieri ho ricevuto tre inviti per sottoscrivere appelli a Mattarella perché nomini qualcuno presidente del consiglio senza curarsi di sapere che serve una maggioranza parlamentare, per dire) sembra sfuggire a molti (soprattutto a sinistra) che la sfida sta nel ristabilire la realtà (e la propria agenda delle priorità) piuttosto che deridere i cittadini. Per capirsi: ieri in molti hanno grevemente ironizzato su chi sta cercando informazioni per ottenere il reddito di cittadinanza promesso in campagna elettorale da Luigi Di Maio (con la razzista equazione terroni=fannulloni come il Salvini d’antan) piuttosto che occuparsi di una propaganda che non è stata inchiodata da giornalisti che facessero davvero i giornalisti (a proposito: Il Fatto Quotidiano ci ha informato che la proposta di Di Maio è economicamente insostenibile, a urne chiuse) oppure piuttosto che interrogarsi sull’assoluta inefficacia delle smentite da sinistra. Magari, volendo strafare, ci si potrebbe interrogare anche sulla progressiva demolizione della scuola e della “cultura” in generale che ci ha portato ad avere un terreno così facilmente fertile per le mirabolanti promesse che impunemente vengono propinati da decenni (parzialissima analisi del voto: chi vota M5S spesso semplicemente crede che sia giusto “dare un’occasione” a questi visto che gli altri, deludenti, sono più o meno gli stessi).
Dare dei cretini agli elettori no, non è una grande idea. Irridere gli elettori non è la strategia giusta per riconquistarli. E forse il risultato elettorale ci dice che non funziona nemmeno sbizzarrirsi nel perculamento degli avversari politici. Se Di Maio bussa per chiedere un appoggio al suo eventuale governo non si risponde trafugando i suoi congiuntivi sbagliati ma si coglie l’occasione di segnalare le incompatibilità di programma e (magari, proprio per osare un po’) si chiarisce come si farebbe quello che vorrebbero fare loro. Per rifiutare l’ipotesi di un’alleanza non si dice “e ma anche voi quell’altra volta” e nemmeno “no mi sono offeso” ma si stende una risposta politica (magari discussa e approvata in quei passaggi democratici che fanno di un partito un “partito”) in cui si elencano (assumendosene le responsabilità) i motivi dell’insuperabile incompatibilità. Si fa politica, insomma, praticando serietà piuttosto che appuntarsela al petto. Se la sinistra è ai minimi termini forse sarebbe il caso che si interroghi sui propri dirigenti, piuttosto che sugli elettori.
Buon venerdì.