Nel 2018 si celebrano i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo con mostre, convegni, dibattiti e festival dei diritti umani, che toccheranno l’acme il 10 dicembre. Ma molti Paesi che hanno sottoscritto il testo approvato nel 1948 dall’assemblea generale delle Nazioni unite oggi sembrano non “ricordare”. O peggio ancora. Fin dalla rivoluzione francese, l’Europa si auto descrive come la culla di una cultura giuridica illuminata, ma nella prassi politica oggi si comporta in maniera opposta, negando quegli stessi principi di cui si proclamata sostenitrice all’uscita dalla guerra. In questo quadro, emblematico è il caso Italia. Nel 2017 è stata finalmente varata una legge contro la tortura, ma come scrive Lorenzo Guadagnucci del Comitato verità e giustizia per Genova è «così contorta e maliziosa da risultare un insieme di norme che disciplinano più che vietare la tortura». Come è noto l’Italia è stata più volte condannata perché le condizioni di detenzione violano i diritti umani. Il 16 marzo il Consiglio dei ministri ha varato i decreti attuativi della riforma carceraria: «In zona Cesarini», ha detto la radicale Rita Bernardini, che ha condotto una lunga battaglia non violenta. Un buona notizia, certamente, ma da qui alla fine dell’iter a luglio, tutto purtroppo può ancora accadere. Ed eccoci a un altro tema cruciale che è stato del tutto ignorato dai partiti durante la campagna elettorale. Le donne in Italia hanno conquistato molti diritti sul piano formale, ma sono quotidianamente vittime di violenze di ogni tipo, fino al femminicidio. Sono lasciate sole dalla legge che punisce lo stalking con pene pecuniarie. Il diritto all’autodeterminazione viene continuamente negato e la scelta di interrompere una gravidanza è ostacolata da percentuali bulgare di obiettori di coscienza. Mentre sbarrano la strada alle famiglie migranti e ai cittadini che chiedono lo ius soli, politici misogini si lanciano in difesa della razza italiana: dalla Lega con in testa il neo governatore Fontana ai Cinquestelle che (dopo aver boicottato lo ius soli con l’astensione) ora propongono di investire 17 miliardi di euro per la crescita demografica. Questo per limitarsi ai due partiti usciti vincenti della tornata elettorale del 4 marzo. Ed ora veniamo al problema più macroscopico: il lacerante contrasto fra la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 e la politica italiana che criminalizza le ong, sequestra le navi che soccorrono i naufraghi e promuove respingimenti collettivi (vietati dalla Convenzione europea dei diritti umani) facendo accordi con la guardia costiera libica che rinchiude i migranti in lager dove i diritti umani non esistono. Il sogno di una Europa unita è naufragato in una unione di mercati, dove le merci possono circolare liberamente ma non altrettanto le persone. Il Vecchio continente è diventato una specie di fortezza, impermeabile ai migranti. Per blindare i confini spagnoli il socialista Zapatero dette alla guardia civil l’ordine di sparare contro chi arrivava “clandestinamente” Africa scappando da guerre e fame. Accadeva nei primi anni Novanta. Nel secondo decennio degli anni Duemila, Orban e i Paesi del gruppo di Visegrád hanno costruito muri circondati da fili spinati. Come se non bastasse ora arriva la decisione europea di rinnovare l’intesa con la Turchia, pagando perché blocchi i profughi siriani. Questo proprio mentre il presidente Erdogan rilancia l’offensiva dell’esercito turco contro l’enclave curda di Afrin, nel nord della Siria. Noi pensiamo che non sia né accettabile né utile affrontare la questione epocale dei migranti con politiche securitarie, xenofobe, che negano diritti umani universali. Sui danni prodotti dalla legge Minniti Orlando (sulla strada già aperta dalla Bossi Fini) abbiamo scritto molto. Ma la cronaca ci sorprende ogni giorno, andando oltre ogni immaginazione. Dopo politiche di respingimenti al motto di «aiutiamoli a casa loro», dopo aver cancellato il diritto d’appello per i richiedenti asilo, l’Italia rilancia una campagna denigratoria delle ong («taxi del mare» secondo Di Maio) colpevoli di “estremismo umanitario” perché soccorrono chi rischia di affogare. La nave spagnola Proactiva open arms, ormeggiata nel porto di Pozzallo, è stata posta sotto sequestro, dopo aver salvato 218 persone. Dai vertici della ong accusati di «associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» si leva una voce inconfutabile: «Salvare in mare è un dovere». Non possiamo assistere inerti a un nuovo tentativo di introdurre un inaccettabile “delitto di solidarietà”. La sinistra che si batte da sempre per i diritti sociali cosa aspetta a fare propria, fino in fondo, anche la battaglia per i diritti umani? [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola

[su_button url="https://left.it/left-n-12-23-marzo-2018/" background="#a39f9f" size="7"]SOMMARIO[/su_button] [su_button url="https://left.it/prodotto/left-12-2018-23-marzo/" target="blank" background="#ec0e0e" size="7"]ACQUISTA[/su_button]

[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

Nel 2018 si celebrano i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo con mostre, convegni, dibattiti e festival dei diritti umani, che toccheranno l’acme il 10 dicembre. Ma molti Paesi che hanno sottoscritto il testo approvato nel 1948 dall’assemblea generale delle Nazioni unite oggi sembrano non “ricordare”. O peggio ancora. Fin dalla rivoluzione francese, l’Europa si auto descrive come la culla di una cultura giuridica illuminata, ma nella prassi politica oggi si comporta in maniera opposta, negando quegli stessi principi di cui si proclamata sostenitrice all’uscita dalla guerra. In questo quadro, emblematico è il caso Italia. Nel 2017 è stata finalmente varata una legge contro la tortura, ma come scrive Lorenzo Guadagnucci del Comitato verità e giustizia per Genova è «così contorta e maliziosa da risultare un insieme di norme che disciplinano più che vietare la tortura». Come è noto l’Italia è stata più volte condannata perché le condizioni di detenzione violano i diritti umani. Il 16 marzo il Consiglio dei ministri ha varato i decreti attuativi della riforma carceraria: «In zona Cesarini», ha detto la radicale Rita Bernardini, che ha condotto una lunga battaglia non violenta. Un buona notizia, certamente, ma da qui alla fine dell’iter a luglio, tutto purtroppo può ancora accadere.

Ed eccoci a un altro tema cruciale che è stato del tutto ignorato dai partiti durante la campagna elettorale. Le donne in Italia hanno conquistato molti diritti sul piano formale, ma sono quotidianamente vittime di violenze di ogni tipo, fino al femminicidio. Sono lasciate sole dalla legge che punisce lo stalking con pene pecuniarie. Il diritto all’autodeterminazione viene continuamente negato e la scelta di interrompere una gravidanza è ostacolata da percentuali bulgare di obiettori di coscienza. Mentre sbarrano la strada alle famiglie migranti e ai cittadini che chiedono lo ius soli, politici misogini si lanciano in difesa della razza italiana: dalla Lega con in testa il neo governatore Fontana ai Cinquestelle che (dopo aver boicottato lo ius soli con l’astensione) ora propongono di investire 17 miliardi di euro per la crescita demografica. Questo per limitarsi ai due partiti usciti vincenti della tornata elettorale del 4 marzo. Ed ora veniamo al problema più macroscopico: il lacerante contrasto fra la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 e la politica italiana che criminalizza le ong, sequestra le navi che soccorrono i naufraghi e promuove respingimenti collettivi (vietati dalla Convenzione europea dei diritti umani) facendo accordi con la guardia costiera libica che rinchiude i migranti in lager dove i diritti umani non esistono. Il sogno di una Europa unita è naufragato in una unione di mercati, dove le merci possono circolare liberamente ma non altrettanto le persone.

Il Vecchio continente è diventato una specie di fortezza, impermeabile ai migranti. Per blindare i confini spagnoli il socialista Zapatero dette alla guardia civil l’ordine di sparare contro chi arrivava “clandestinamente” Africa scappando da guerre e fame. Accadeva nei primi anni Novanta. Nel secondo decennio degli anni Duemila, Orban e i Paesi del gruppo di Visegrád hanno costruito muri circondati da fili spinati. Come se non bastasse ora arriva la decisione europea di rinnovare l’intesa con la Turchia, pagando perché blocchi i profughi siriani. Questo proprio mentre il presidente Erdogan rilancia l’offensiva dell’esercito turco contro l’enclave curda di Afrin, nel nord della Siria. Noi pensiamo che non sia né accettabile né utile affrontare la questione epocale dei migranti con politiche securitarie, xenofobe, che negano diritti umani universali. Sui danni prodotti dalla legge Minniti Orlando (sulla strada già aperta dalla Bossi Fini) abbiamo scritto molto. Ma la cronaca ci sorprende ogni giorno, andando oltre ogni immaginazione. Dopo politiche di respingimenti al motto di «aiutiamoli a casa loro», dopo aver cancellato il diritto d’appello per i richiedenti asilo, l’Italia rilancia una campagna denigratoria delle ong («taxi del mare» secondo Di Maio) colpevoli di “estremismo umanitario” perché soccorrono chi rischia di affogare.

La nave spagnola Proactiva open arms, ormeggiata nel porto di Pozzallo, è stata posta sotto sequestro, dopo aver salvato 218 persone. Dai vertici della ong accusati di «associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» si leva una voce inconfutabile: «Salvare in mare è un dovere». Non possiamo assistere inerti a un nuovo tentativo di introdurre un inaccettabile “delitto di solidarietà”. La sinistra che si batte da sempre per i diritti sociali cosa aspetta a fare propria, fino in fondo, anche la battaglia per i diritti umani?

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola


SOMMARIO ACQUISTA