“In nome di chi ha dato il sangue, di chi ha dato la vita chiediamo rispetto. Sono oltraggiose le parole di chi non più tardi di ieri ha detto che ai vertici della polizia ci sono dei torturatori”. A parlare così è il super capo della Polizia Franco Gabrielli che ha risposto al procuratore generale di Genova Enrico Zucca. “Arditi parallelismi e infamanti accuse“, ha tuonato Gabrielli.
E sbaglia. E di grosso. E come al solito quando si innesca il cameratismo in difesa delle forze dell’ordine si utilizza il solito patetico giochetto di difendere “l’onore” del corpo di polizia fingendo di non avere capito i termini della discussione finché in modo abbastanza patetico si finisce per chiamare accusa una verità. Enrico Zucca ha detto una verità sacrosanta (tra l’altro da persona informata sui fatti essendo stato pm proprio nel processo sulle violenze del G8 di Genova): sulle torture (sì, torture) avvenute nel 2001 per mano dei poliziotti ci sono stati depistaggi, insabbiamenti, reticenze istituzionali e alcuni dei (pochissimi) condannati sono addirittura stati promossi a ruoli di prim’ordine. Zucca non ha puntato il dito contro la Polizia: ha ricordato i torturatori.
E se è vero che era prevedibile che si muovesse il Csm viene da chiedersi cosa abbia da studiare il ministro Orlando (che ha chiesto l’acquisizione delle dichiarazioni di Zucca) che non abbia già scritto l’Europa che ha parlato, in riferimento ai fatti di Genova, di “sospensione della democrazia”. La stessa democrazia mancante (in questo caso egiziana) che da mesi tiene in stallo la giustizia che ci spetterebbe sulla morte di Giulio Regeni: nonostante le promesse e le chiacchiere nulla si muova sull’omicidio del giovane studente italiano e anche in questo caso una coltre di omertà protegge le responsabilità. Non ci voleva il procuratore Zucca per capire quanto siano affini le due situazioni, legate a doppio filo dalla difficoltà che uno Stato abbia il pudore di processare se stesso.
Del resto la verità ha sempre fatto paura al potere che ha bisogno di fare il prepotente perché non riesce a governare secondo le regole. Che sia italiano, egiziano o che parli una lingua qualsiasi del mondo. E i valorosi poliziotti citati fuori luogo da Gabrielli (“chi ha dato il sangue”, “chi ha dato la vita”) sarebbero stati i primi a prendere a calci nel culo i colleghi omertosi.
Buon giovedì.