Da Pavia a Siena passando per Pontedera, gli enti locali si stanno organizzando con regolamenti di concessione degli spazi pubblici che prevedono norme precise: chi chiede il permesso deve dichiarare di non svolgere attività che richiamano il fascismo

In Italia il fascismo da tempo sta tentando di rialzare la testa. Lo dimostrano tanti episodi accaduti in questi ultimi tempi e anche l’aumento rispetto al 2013 delle preferenze per CasaPound, che, pur avendo ottenuto il 4 marzo un risultato molto modesto – 0,95% alla Camera e 0,85% al Senato – comunque è sette volte superiore a quello delle precedenti elezioni.

Ma la risposta della società non si è fatta attendere. Diverse giunte comunali hanno varato delle modifiche alle norme che regolano l’uso degli spazi pubblici (nel senso più ampio del termine, dalle piazze ai palazzetti dello sport), per impedire che vi si tengano eventi inneggianti al fascismo, o alla discriminazione razziale, religiosa e sessuale. Ad aprire la strada è stata la giunta di Pavia il 28 aprile 2017. Da allora molte amministrazioni ne hanno seguito l’esempio, tra cui: Siena, Torino, Cesena, Orosei in provincia di Nuoro, Riva del Garda in provincia di Trento e altre ancora. Oggi, chi vuole usare uno spazio pubblico, dovrà compilare il classico modulo di richiesta, a cui però sono stati aggiunti dei passaggi da firmare, in cui si deve dichiarare di aderire ai valori dell’antifascismo e che l’evento in questione non sarà di carattere fascista e non avrà toni, finalità e linguaggio discriminatori. Queste regole si rifanno all’articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, agli articoli 2 e 3 della Costituzione, alla XII disposizione transitoria che vieta la riorganizzazione del partito fascista e alle successive leggi Scelba e Mancino.

Negli ultimi anni Pavia è stata teatro di diverse aggressioni fasciste. Per il sindaco Massimo Depaoli la misura è stata colma dopo la manifestazione del 5 novembre 2016, giorno in cui militanti di CasaPound, Forza nuova e altre formazioni neofasciste hanno sfilato per commemorare la morte di Emanuele Zilli, attivista missino scomparso lo stesso giorno del 1973. Al corteo nero si è contrapposto un presidio antifascista a cui hanno partecipato, tra gli altri, Anpi, Arci, sindacati, associazioni e il sindaco stesso. A seguito di questa giornata, la Rete antifascista di Pavia, l’Anpi e il sindaco si sono messi al lavoro per stilare quello che poi è diventato il regolamento definitivo, grazie al voto dei consiglieri del Pd, del M5s e di altre liste di sinistra. Il centrodestra si è astenuto, fornendo come motivazione l’inutilità del provvedimento. Oggi, presentare i moduli firmati in ogni loro parte, senza però rispettarne le nuove indicazioni, può costare fino a 500 euro di multa e l’interruzione dell’evento. Ma il sindaco pavese spera che questa delibera possa andare ben oltre i confini cittadini, fino a influenzare il legislatore nazionale.

Siena è il secondo capoluogo in Italia ad aver adottato questo tipo di norme. «Il nuovo regolamento non vuole limitare la libertà d’opinione» dice a Left Bruno Valentini, sindaco di Siena. «Noi non chiediamo a chi compila la richiesta di uso di spazio pubblico “pensi che il fascismo sia stato una cosa buona?”. Chiediamo piuttosto di impegnarsi nell’evitare comportamenti non in linea con la Costituzione e con lo statuto della città, che fa dell’antifascismo uno dei suoi punti forti. Chi contravviene alle regole, subisce una multa e il ritiro del permesso all’uso dello spazio». Alle nuove norme a Siena poi si accompagnano una serie di eventi rivolti alle scuole, concentrati soprattutto nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile: in particolare, una compagnia locale metterà in scena a teatro l’eccidio di 19 partigiani nel 1944 da parte di soldati della Repubblica di Salò. «Vogliamo trasmettere alle generazioni più giovani i valori dell’antifascismo e della tolleranza. Il fascismo non si ferma solo con i divieti, ma anche con la cultura, e le due cose devono viaggiare insieme». La delibera non è andata giù a CasaPound che ha presentato un esposto al Presidente della Repubblica contro le nuove regole. Il Comune di Siena ha risposto facendo ricorso al Tar regionale. «Ad oggi Cpi non si è ancora fatta viva», conclude Valentini.

Un’altra città che ha deciso di dire no alle manifestazioni fasciste è Pontedera, in provincia di Pisa. In particolare ha destato clamore la polemica di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, con il sindaco Simone Millozzi scatenata da una multa comminata al partito di destra lo scorso 8 febbraio, durante la campagna elettorale. La sanzione è arrivata dopo che Fdi aveva montato un gazebo, senza che fosse stato autorizzato. Il Comune non ha concesso lo spazio perché il richiedente aveva cancellato con il bianchetto le parti in cui si faceva riferimento alle «norme nazionali in vigore che vietano sia la ricostituzione del partito fascista che la propaganda di istigazione all’odio razziale». Una settimana dopo, la leader di Fdi ha postato un video su Youtube e rilasciato interviste in cui definiva il provvedimento una «prova tecnica di regime». Il sindaco toscano ha ribadito in un comunicato che il modulo artefatto presentato da Fdi era irricevibile. Millozzi ha poi rivolto una domanda a Meloni, in veste di cittadino: «Perché il suo partito si è così prodigato per alterare un modulo e togliere una frase richiamante leggi nazionali che vietano la ricostituzione del partito fascista e l’istigazione all’odio razziale?». Alla fine Fdi ha ceduto e ha presentato nuovamente i moduli, compilati in ogni loro parte senza alcuna modifica.

Il 23 marzo a Siena si è tenuto il convegno organizzato dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia, “L’antifascismo, origine e forza delle istituzioni democratiche“.

L’articolo è tratto la Left n. 11 del 16 marzo 2018


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