La ragazza violentata è stata vittima due volte, anche nell'aula del tribunale. Alla fine i giudici non le hanno creduto. Ora il movimento delle donne dell'isola attende il 25 maggio giorno del referendum sull'aborto nella Repubblica d'Irlanda

Il processo è durato nove settimane alla corte di Laganside, a Belfast in Irlanda del Nord. Otto uomini e tre donne in giuria. Il caso: una festa studentesca, musica e alcol, finiti in uno stupro. Era la parola della vittima – 19 anni la notte del 28 giugno 2016, 21 anni in questo marzo 2018 – contro quella di due giocatori, due star del rugby irlandese.

Dopo aver deliberato per più di tre ore, il verdetto della corte per i due sportivi accusati di violenza sessuale è stato “not guilty”, non colpevoli. Paddy Jackson, 26 anni, e Stuart Olding, 25, sono stati assolti il 28 marzo. Anche gli altri due uomini coinvolti, Blane McIlroy e Rory Harrison, accusati di intralcio alla giustizia, sono stati ritenuti innocenti. Qualche ora dopo la decisione del tribunale della capitale dell’Irlanda del Nord, le proteste hanno varcato il confine con la Repubblica d’Irlanda.

E tutte le donne dell’isola, da Belfast a Dublino, in solidarietà con la vittima, hanno iniziato a urlare la stessa cosa: “I belive her”, io le credo. Ragazzi e ragazze, fiori gialli in mano, hanno protestato davanti alle sedi delle autorità in quattro città per “stand with survivors”, rimanere dalla parte delle sopravvissute.

«Che cosa indossava quella sera? Che cosa aveva bevuto? Nove settimane di umiliazione, ogni dettaglio di quella notte è stato scrutinato, fuori e dentro la corte. La sua biancheria intima macchiata di sangue veniva passata di mano in mano, la sua persona trascinata nel fango da pubblico e media» ha scritto della vittima Katie Goth sull’Indipendent. «Al processo la domanda non era mai “questi uomini sono violentatori?”, ma sempre “questa donna è una bugiarda?”».

Nel 2016 sono stati registrati in Irlanda del Nord 810 stupri e 30mila episodi violenti per abusi domestici. Negli ultimi 5 anni è aumentato del 40 per cento il numero delle violenze denunciate, ma solo un caso su dieci finisce per essere indagato dalle forze dell’ordine. Non va meglio nella Repubblica d’Irlanda dove peraltro, a differenza di quanto accade nel Nord (che fa parte del Regno Unito) la vittima dello stupro in caso di gravidanza conseguente alla violenza non può abortire. La legge vigente vieta del tutto l’interruzione volontaria di gravidanza anche in caso di incesto e anomalia fetale (si rischia una condanna a 14 anni di carcere). Non a caso la norma è sotto la lente delle Nazioni Unite perché viola i diritti umani. Come sappiamo, su questo fronte forse le cose potrebbero cambiare. Il 25 maggio si terrà il referendum per abrogare l’ottavo emendamento della Costituzione per liberalizzare l’aborto.

Sul referendum sull’aborto in Irlanda vedi articolo di Giulia Caruso su Left del 27 febbraio