«Vendesi 20 frammenti di papiri risalenti a 1.500 anni fa, se interessati contattare il Museo del Papiro Corrado Basile di Siracusa». Questo l’annuncio, in seguito rimosso, che campeggiava sul sito e sulla pagina Facebook del museo siciliano. [caption id="attachment_116256" align="aligncenter" width="567"] L'annuncio col quale alcuni frammenti di papiri greci e demotici del Museo del Papiro venivano messi in vendita[/caption] I 20 papiri riportano testi in greco e in "demotico", la scrittura che gli egizi usavano per redarre i documenti destinati al popolo. Si tratterebbe di scritti dalla provenienza accertata, inediti, acquistati una decina di anni fa dall'istituto. Nonostante sia di proprietà privata, il museo si avvale di finanziamenti erogati dalla Regione Sicilia. Anna di Natale, fondatrice e direttore del museo, ha spiegato che la scelta di vendere parte del proprio patrimonio è dovuta proprio al dimezzamento dei contributi da parte della Regione. «Vendiamo perché abbiamo bisogno di liquidità per andare avanti», ha dichiarato senza mezzi termini  Corrado Basile. E l’inusuale iniziativa non è passata inosservata al mondo della cultura. «Una grande importanza è riservata alla didattica rivolta agli studenti: mi chiedo che tipo di messaggio il museo pensi di trasmettere alle nuove generazioni, vendendo manoscritti antichi di cui il museo medesimo dovrebbe infatti essere custode», ha scritto Roberta Mazza, professoressa di storia classica e antica e ricercatrice presso l’università di Manchester, oltre che curatrice onoraria della collezione egizia del museo dell’ateneo inglese. Il museo siculo fa infatti dei percorsi formativi rivolti alle scuole uno dei suoi punti di forza. Il polo siculo ospita inoltre l’Istituto italiano per la civiltà egizia, trasferitosi da Torino a Siracusa proprio per la rilevanza, anche internazionale, della galleria siciliana. Nel 1995, era stato selezionato tra i finalisti dello European museum of the year award, nonostante le dimensioni molto contenute del museo. «Mi domando cosa pensino i membri di questo istituto della vendita» aggiunge Roberta Mazza. Il museo del papiro non è però l’unico luogo di cultura in Italia dal futuro incerto. Basti pensare al caso della biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte di Palazzo Venezia a Roma. La legge di bilancio di quest’anno ha autorizzato il ministero per i Beni culturali a creare une fondazione privata ad hoc per la gestione dell'istituto. Biblioteca di rilevanza culturale e storica, l’unica in Italia interamente dedicata a queste due materie di studio, fra le cui mura si sono formati generazioni di archeologi e storici. Fondata nel 1922, l’inventario della biblioteca conta ben 370mila volumi, 3mila e 900 testate di periodici e 20mila e 700 unità di materiale grafico, tra fotografie, incisioni e disegni. Un patrimonio immenso che ora potrebbe passare nelle mani di una fondazione privata che in quanto tale deve produrre utili, mentre fino ad ora la stessa biblioteca è sopravvissuta interamente grazie ai fondi pubblici, non avendo entrate autonome. Così facendo, però, lo Stato verrebbe meno alla sua responsabilità nei confronti della Costituzione stessa, che all’articolo nove recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». «Una fondazione di diritto privato infatti non garantisce la trasparenza della conduzione né gli standard qualitativi necessari ad assicurare il servizio di alto livello che l’istituzione richiede», spiegano i professori Fulvio Cervini e Marcello Guaitoli, presidenti - rispettivamente - della Consulta universitaria di Storia dell’arte e di quella di Topografia antica, in una lettera a novembre 2017. «Nemmeno si vede - proseguono - come potrebbe (una fondazione privata, ndr) garantire la sua sostenibilità economica, in quanto una biblioteca pubblica non ha entrate autonome derivanti da biglietti o servizi aggiuntivi e dipende totalmente dal finanziamento pubblico». La formazione storico-artistica è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese, primo al mondo per numero di siti Unesco, ma 19esimo tra i paesi Ue per numero di persone impiegate nel settore della cultura.

«Vendesi 20 frammenti di papiri risalenti a 1.500 anni fa, se interessati contattare il Museo del Papiro Corrado Basile di Siracusa». Questo l’annuncio, in seguito rimosso, che campeggiava sul sito e sulla pagina Facebook del museo siciliano.

L’annuncio col quale alcuni frammenti di papiri greci e demotici del Museo del Papiro venivano messi in vendita

I 20 papiri riportano testi in greco e in “demotico”, la scrittura che gli egizi usavano per redarre i documenti destinati al popolo. Si tratterebbe di scritti dalla provenienza accertata, inediti, acquistati una decina di anni fa dall’istituto.

Nonostante sia di proprietà privata, il museo si avvale di finanziamenti erogati dalla Regione Sicilia. Anna di Natale, fondatrice e direttore del museo, ha spiegato che la scelta di vendere parte del proprio patrimonio è dovuta proprio al dimezzamento dei contributi da parte della Regione. «Vendiamo perché abbiamo bisogno di liquidità per andare avanti», ha dichiarato senza mezzi termini  Corrado Basile. E l’inusuale iniziativa non è passata inosservata al mondo della cultura.

«Una grande importanza è riservata alla didattica rivolta agli studenti: mi chiedo che tipo di messaggio il museo pensi di trasmettere alle nuove generazioni, vendendo manoscritti antichi di cui il museo medesimo dovrebbe infatti essere custode», ha scritto Roberta Mazza, professoressa di storia classica e antica e ricercatrice presso l’università di Manchester, oltre che curatrice onoraria della collezione egizia del museo dell’ateneo inglese. Il museo siculo fa infatti dei percorsi formativi rivolti alle scuole uno dei suoi punti di forza.

Il polo siculo ospita inoltre l’Istituto italiano per la civiltà egizia, trasferitosi da Torino a Siracusa proprio per la rilevanza, anche internazionale, della galleria siciliana. Nel 1995, era stato selezionato tra i finalisti dello European museum of the year award, nonostante le dimensioni molto contenute del museo. «Mi domando cosa pensino i membri di questo istituto della vendita» aggiunge Roberta Mazza.

Il museo del papiro non è però l’unico luogo di cultura in Italia dal futuro incerto.

Basti pensare al caso della biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte di Palazzo Venezia a Roma. La legge di bilancio di quest’anno ha autorizzato il ministero per i Beni culturali a creare une fondazione privata ad hoc per la gestione dell’istituto. Biblioteca di rilevanza culturale e storica, l’unica in Italia interamente dedicata a queste due materie di studio, fra le cui mura si sono formati generazioni di archeologi e storici. Fondata nel 1922, l’inventario della biblioteca conta ben 370mila volumi, 3mila e 900 testate di periodici e 20mila e 700 unità di materiale grafico, tra fotografie, incisioni e disegni.

Un patrimonio immenso che ora potrebbe passare nelle mani di una fondazione privata che in quanto tale deve produrre utili, mentre fino ad ora la stessa biblioteca è sopravvissuta interamente grazie ai fondi pubblici, non avendo entrate autonome. Così facendo, però, lo Stato verrebbe meno alla sua responsabilità nei confronti della Costituzione stessa, che all’articolo nove recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

«Una fondazione di diritto privato infatti non garantisce la trasparenza della conduzione né gli standard qualitativi necessari ad assicurare il servizio di alto livello che l’istituzione richiede», spiegano i professori Fulvio Cervini e Marcello Guaitoli, presidenti – rispettivamente – della Consulta universitaria di Storia dell’arte e di quella di Topografia antica, in una lettera a novembre 2017. «Nemmeno si vede – proseguono – come potrebbe (una fondazione privata, ndr) garantire la sua sostenibilità economica, in quanto una biblioteca pubblica non ha entrate autonome derivanti da biglietti o servizi aggiuntivi e dipende totalmente dal finanziamento pubblico».

La formazione storico-artistica è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese, primo al mondo per numero di siti Unesco, ma 19esimo tra i paesi Ue per numero di persone impiegate nel settore della cultura.