L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]«I clericali parlano spesso e volentieri di libertà della scuola. Ma non si ingannino i lettori. La parola libertà acquista nelle loro bocche un significato tutto suo che non coincide affatto col concetto che della libertà possono avere gli uomini pensanti che non sono clericali». Così scriveva Antonio Gramsci il 13 aprile del 1917 nell’articolo I privilegi della scuola privata che ora si può leggere anche nella agile raccolta di scritti gramsciani Odio gli indifferenti (edita da Chiarelettere).
Sono passati più di cent’anni e quelle parole di Gramsci suonano più attuali che mai.
Soprattutto riguardo all’urgenza di una scuola pubblica, democratica, gratuita e laica, che trasmetta ai ragazzi passione per la conoscenza, che li stimoli a sviluppare un proprio pensiero critico, libero, autonomo. Su questo tema hanno scritto pagine molto importanti Giuseppe Benedetti e Donatella Coccoli, autori di Gramsci per la scuola, in uscita per L’Asino d’oro edizioni, di cui proponiamo una anticipazione che aiuta a leggere in profondità i problemi della scuola italiana oggi.
Ma torniamo ancora per un attimo alla viva voce di Antonio Gramsci, che in quello scritto Per la libertà della scuola e per la libertà di essere asini (questo era il sottotitolo) denunciava senza infingimenti: «Libertà della scuola significa propriamente per i clericali libertà di essere asini col godimento di tutti i diritti che sono riconosciuti a chi ha studiato».
La formula: “Per la libertà della scuola” – spiegava il pensatore e politico – «è una bandiera che copre, o dovrebbe coprire, una lucrosissima speculazione economica e di setta». Allora come oggi: «Le scuole private clericali sono floridissime in Italia. Nessuna legge ne inceppa lo sviluppo e la libera esplicazione. Esse possono fare la concorrenza che vogliono alla scuola di Stato»… Poiché «lo Stato riconosce il diritto di comprare la merce istruzione dove si vuole… Ma la merce istruzione vale poco in Italia, quantunque costi discretamente». Poco dopo Gramsci precisa: «Abbiamo usato un linguaggio economico appunto per mettere meglio in vista il fatto che la questione per cui si agitano i clericali è prettamente economica. Essi vorrebbero vendere allo Stato quanta più merce avariata possono. Vorrebbero conquistare una libertà che sarebbe solo un privilegio per loro, un privilegio per gli studenti che frequentano le loro scuola, a danno della collettività».
Allora come oggi. Drammaticamente.
Per l’involuzione che ha subito la scuola pubblica, causata da continui tagli (e al tempo stesso regalie milionarie alle scuole confessionali), da infauste politiche neo liberiste, e innumerevoli e dannose riforme, che hanno umiliato le competenze degli insegnanti e svuotato di contenuti i programmi. A cominciare dalla riforma stilata da Luigi Berlinguer che sancì l’autonomia scolastica e sdoganò le paritarie private, con la legge 62/2000. Da qui indirettamente si aprì la strada a ciò che – via Moratti, Gelmini e Renzi – è diventata la scuola oggi. Con presidi “capo azienda”, alternanza scuola lavoro, e l’istruzione trattata come una merce qualsiasi. Nel gennaio scorso abbiamo dedicato una storia di copertina a questo tema, proponendo l’abolizione della Buona scuola di marca renziana. Speravamo che potesse diventare argomento centrale di discussione pubblica durante la campagna elettorale. Così non è stato.
Ma non ci arrendiamo. Insieme ai promotori della legge di iniziativa popolare per la scuola della Costituzione (Lip) rilanciamo la proposta oggi, con determinazione, certi che la scuola sia il cuore pulsante della società, il settore cruciale su cui investire per uscire dalla crisi, che in Italia non è solo economica, ma politica e culturale. Con questa nuova cover story a più voci – realizzata con la collaborazione di insegnanti, pedagogisti, ricercatori, giornalisti e attivisti – non ci limitiamo alla pars destruens ma avanziamo una proposta concreta invitando a rileggere Gramsci, per ripartire dalle sue idee sulla scuola rimaste inattuate e dal concetto chiave di egemonia culturale. Lo facciamo in un momento cruciale, mentre l’anno scolastico volge al termine (in tutti i sensi) con le prove Invalsi; mentre i principali partiti, persi in una parossistica ridda di alleanze, offrono il quadro desolante di un vuoto assoluto di proposta politica. In questo immobilismo, però, il dimissionario governo Gentiloni ha trovato il modo di fare ulteriori regali alla Chiesa: schierandosi in difesa del codice Rocco di epoca fascista (nel processo che vede imputato Marco Cappato per aver aiutato Dj Fabo) e regalando altri soldi alle scuole private. Tra gli ultimi atti del Miur guidato dal ministro Valeria Fedeli, infatti, c’è il decreto del 22 marzo che assegna nel 2018 alle scuole paritarie quasi 500 milioni di euro. Lo stesso governo, nel 2017, ne aveva stanziati 570.