Lo scontro tra i due blocchi contrapposti Est-Ovest per mezzo secolo ha lasciato il posto a uno scenario instabile. Ma la logica delle “zone d’influenza” è la stessa e i primi a pagare sono sempre i civili

Un decano della diplomazia come Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha recentemente dichiarato che oggi la situazione nei rapporti tra gli Stati è «peggiore di quanto non fosse nella classica guerra fredda, perché allora si osservava un certo decoro mentre ora gli occidentali ricorrono apertamente alle menzogne, alla pura e semplice diffusione di fake news». Un acuto osservatore della politica internazionale come Sergio Romano ha perfino scritto un libro intitolato In lode della guerra fredda sostenendo che in fondo quell’ordine, quei «cinquant’anni trascorsi dalla fine della Seconda guerra mondiale erano stati la pace più lunga del continente euroasiatico dai trattati di Vestfalia ai nostri giorni». Ma è veramente così? Davvero la guerra fredda fu un’epoca di pace e di rapporti tra gli Stati basati sul mutuo rispetto?

Per molti giovani di oggi la guerra fredda è qualcosa che hanno studiato a scuola, ma per chi ha qualche anno in più si è trattato di un orizzonte geopolitico e culturale, di un sistema di relazione tra gli Stati, di uno scontro ideologico che ha permeato un intero periodo storico. Nello scontro tra i blocchi contrapposti tra occidente e oriente, tra capitalismo e comunismo, tra democrazia e dittatura ogni individuo era chiamato a schierarsi, ad appoggiare la Nato o il Patto di Varsavia. La sinistra italiana e internazionale (salvo le piccole minoranze eretiche e della nuova sinistra) ne rimase schiacciata: da una parte i comunisti che sostenevano più o meno criticamente il blocco sovietico e dall’altra i socialdemocratici che pur con qualche distinguo appoggiavano l’alleanza occidentale.

Attraverso scontri diplomatici, guerre per procura (come quella coreana del 1950 o quella vietnamita degli anni 60-70), spionaggio politico, industriale e militare si dipanò un confronto che durò quasi mezzo secolo.
Il simbolo della guerra fredda fu il muro di Berlino che divideva l’ex capitale del Reich in due zone di influenza. Lungo 155 km, era stato fatto costruire dai russi nel 1961 per frenare la fuga di tedeschi – soprattutto forza-lavoro qualificata – dell’Est verso l’Ovest. Uno dei principali fondamenti della guerra fredda non fu che un mito: non si trattò di uno scontro tra due blocchi più o meno equivalenti.

In realtà…

Il reportage di Yurii Colombo da Mosca prosegue su Left in edicola


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