Con circa duecento tra studenti e laureandi, una ventina di dottorandi e sette assistenti del professor Antonino Saggio ordinario di Progettazione architettonica e urbana (a Sapienza Università di Roma) nasce l’iniziativa Tevere Cavo. Un progetto condensato in un libro, Tevere cavo una infrastruttura di nuova generazione per Roma tra passato e futuro che Saggio ha curato con Gaetano De Francesco, per Lulu.com edizioni (in free download ed è arrivato alla terza edizione). Per comprendere le novità di questo progetto urbano (a cui è dedicata una pagina), in occasione della mostra convegno alla Facoltà di architettura che si tiene mercoledì 9 maggio alle 0re 16:30 a via Gramsci 53 intitolata “Tevere cavo un progetto urbano per Roma” abbiamo chiesto al suo promotore, Antonino Saggio, di raccontarci l’iniziativa.
Professor Saggio quali sono le linee generali del progetto Tevere cavo?
Il progetto Tevere cavo non è un’utopia: propone un luogo ben preciso che è il settore urbano di Roma che va dalla diga di Castel Giubileo, sul raccordo anulare a nord, al ponte Margherita in asse con Piazza del Popolo a sud. Roma è una città che ha bisogno di progetti e idee per trovare slancio per il suo futuro e superare una fase di stagnazione di cui tutti conosciamo la gravità. Ma il progetto Tevere cavo non è un’utopia non soltanto perché è localizzato, ma soprattutto perché si ispira a tanti progetti di lungofiume realizzati in tutto il mondo. Si tratta di interventi promossi dalla mano pubblica nel caso del Rio Manzanares a Madrid o dello Cheonggyecheon a Seoul, progetti realizzati attraverso una forte negoziazione tra pubblico e privato come nel caso dell’East River a Broadway New York, generati dal basso come per Holzmarkt a Berlino o scaturiti da eventi d’arte, come avvenuto a Scottsdale in Arizona o a Roma, anche se qui ben presto richiuso in se stesso.
Quindi il progetto Tevere cavo in un certo senso travalica l’ambito strettamente legato al fiume e alle sue banchine?
Esattamente. Da Londra a New York, da Madrid a Valencia, da Zurigo a Rotterdam o a Parigi i lungofiume sono grandi occasioni di rilancio della città. Sono infrastrutture che in un certo senso servono per invertire la direzione dello sviluppo. Servono in altre parole non solo in sé e per sé, ma sono necessari a lanciare investimenti dentro la città costruita. Se si pensa in un’ottica generale servono quindi ad arginare l’espansione della città nei terreni agricoli, proprio perché rilanciano le possibilità di intervento dentro i vuoti e le aree abbandonate nella città esistente.
Roma è tra le pochissime città capitale del mondo occidentale che non ha attivato alcun progetto per il suo fiume. Nel ritiro della candidatura della città alle Olimpiadi del 2024 c’è anche l’abbandono dell’idea della precedente amministrazione che prevedeva di sviluppare il sistema olimpico come un grande parco fluviale, una idea che poteva mettere a sistema il recupero del fiume e moltissime area abbandonate con l’occasione olimpica. Non era certo un’idea utopica, basti ricordare che una proposta analoga permise alla città di Barcellona di recuperare ampie porzioni del suo lungo mare in occasione delle Olimpiadi del 1992 e da li partire per un’opera di straordinario rilancio urbano.
Quali sono i principi ispiratori del progetto urbano?
Sono cinque i principi fondamentali. Innanzitutto il fiume deve diventare una infrastruttura multitasking, cioè deve assolvere molte attività contemporaneamente, inoltre essere attiva nel quadro di uno sviluppo sostenibile e formare dei green systems: cioè non solo non deve inquinare e consumare poca energia, ma soprattutto deve innestare cicli attivi di bonifica e di disinquinamento. Deve fornire inoltre una mobilità di qualità, la chiamiamo slowscape; deve essere vettore della informatizzazione della città formare una schiuma di informazioni e deve essere infine capace di galvanizzare gli animi e infondere il valore dello spazio pubblico.
Ci può illustrare brevemente alcuni progetti?
Il progetto Tevere cavo crea una costellazione di circa 50 progetti interconnessi, alcuni che riguardano concretamente le sponde e le aree abbandonate sul lungofiume, altri che sono nei pressi e che possono essere attuati proprio grazie al ritorno di interesse attraverso la grande infrastruttura urbana. Vediamone qualcuno iniziando da nord. “Ex.[PO]: nuovo ponte alle fornaci di Castel Giubileo, Centro tecnologico per lo sviluppo delle sperimentazioni costruttive” si colloca in un area che ha vocazione produttiva sin dai tempi dell’antichità ed è oggi completamente abbandonata. Il progetto la trasforma in un polo di innovazione costruttiva e tecnologica. Un ponte collega ciclopedonalmente le due sponde, ospita esposizioni e il complesso allunga le sue linee forza nel disegno del parco circostante dandogli un senso e proteggendolo da mire speculative. che ha vocazione produttiva sin dai tempi dell’antichità ed è oggi completamente abbandonata. Il progetto la trasforma in un polo di innovazione costruttiva e tecnologica. Un ponte collega ciclopedonalmente le due sponde, ospita esposizioni e il complesso allunga le sue linee forza nel disegno del parco circostante dandogli un senso e proteggendolo da mire speculative.
Quali si configura la “Logica Eco-Logica del parco produttivo e disinquinante dell’Inviolatella Borghese”?
Attiva tecnologie di sostenibilità ambientale e usa la produzione agricola in una logica disinquinante in un’area verde incuneata nella città. Tra il ponte Flaminio a Corso Francia si innesta un grande “Parco delle energie rinnovabili e campus per l’educazione e la coscienza ecologica” che si estende sino al Ponte Milvio e disegna contemporaneamente le due sponde.“Logica Eco-Logica: parco produttivo e disinquinante dell’Inviolatella Borghese” attiva tecnologie di sostenibilità ambientale e usa la produzione agricola in una logica disinquinante in un’area verde incuneata nella città. Poco oltre, in un grande cuneo tra la collina Fleming e l’ansa del Tevere si incontra “Eco District Park: Parco Urbano, distretto industriale e centro per l’educazione al tema del riciclo”, un progetto che opera una complessa strategia che determina un sottosuolo industriale per il riciclo legato alla rete ferroviaria – nei pressi del nodo di Vigna cClara di cui ci si augura avvenga finalmente l’apertura – e ai livelli successivi un parco agganciato alla città con episodi culturali ed un Museo volto alla valorizzazione della tematica del riciclo. Tra il ponte Flaminio a Corso Francia si innesta un grande “Parco delle energie rinnovabili e campus per l’educazione e la coscienza ecologica” che si estende sino al Ponte Milvio e disegna contemporaneamente le due sponde. Il parco ospita un centro educativo, produce energia e ne diffonde la cultura. Al suo interno vi è un “Laboratorio di analisi sperimentale trattamento e ricerca dell’acqua” e “SHARE.IT: banca del tempo, turismo giovanile, mercato del baratto” che accoppia un nuovo ostello per il turismo giovanile a un centro della banca del tempo.
Quanto al villaggio olimpico?
Al Villaggio olimpico del 1960 si progetta “PARK [ing] Snodo per lo sviluppo del trasporto intermodale pubblico sostenibile il biomonitoraggio dell’inquinamento capace di produrre ossigeno ed energia elettrica”. Il progetto organizza un innovativo snodo tra traffici diversi e si muove anche nello sviluppo di tecniche di bioclimatica (dalla geotermia che sfrutta il calore del Tevere sotterraneo, alla raccolta e depurazione dell’acqua piovana, all’impianto di speciali alghe e licheni ossigenanti l’ambiente). In questo caso è evidente che il progetto urbano non è solo disegno, ma un insieme concertato di scelte, di indirizzi, di necessità.Lungo le sponde del Tevere incontriamo “Water playground: sistema di felicità urbana per la fitodepurazione e la riconquista del Tevere”. Si tratta di una serie di operazioni puntuali di omeopatia urbana che si ispirano a tanti progetti che in questi chiave si sono realizzati per esempio a Berlino, ad Anversa e Rotterdam. Il ponte della musica si trasforma in una Infrastruttura Multitasking che assolve molteplici compiti bios ostenibili. Una nuova rampa che ospita laboratori per il riciclo collega un approdo sul Tevere alla Zona del Foro Italico dove sorge “TTC Table tennis centre: un edificio dedicato al tennis da tavolo” che adopera nuove innovative tecnologie per l’accumulo e la produzione di energia cinetica. Infine, in un’area abbandonata e degradata del lungoTevere, oltre lo spazio del Pinedo sorge “Overflow: istituto carcerario attenuato per madri detenute a Porta del Popolo”.Un’opera complessa di risarcimento sociale e anche storico ai margini del centro storico. Infine E da qui si può ricominciare risalendo e incontrando ancora tanti altri progetti.
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