La vittoria di Cinquestelle e Lega si è giocata sulla retorica del «padroni a casa nostra». Ma economia, comunicazioni, cultura, non possono più essere sottoposti a barriere. Per questo, l’idea di poter tornare alla preponderanza delle singole entità statali è un enorme bluff

Il nascente governo “giallo verde” (con evidenti venature nere) che esordisce in Italia è composto da forze che, con modalità differenti, si sono affermate anche in virtù delle loro parole d’ordine sovraniste. Ci si può domandare quanto abbia senso, in un contesto in cui le interdipendenze globali, non solo economiche, determinano molto più delle politiche dei singoli Stati, parlare di ritorno allo Stato nazione, a forme di protezionismo e di chiusura delle frontiere. Eppure fra le ragioni del successo elettorale di due forze che si sono presentate come antisistema, ha pesato molto il fallimento della Ue. Inevitabile dopo dieci anni di crisi affrontati in maniera dissennata in tutto il continente, tanto dalle forze socialdemocratiche che da quelle liberali (che spesso hanno operato insieme). La Lega, che nei decenni passati, aveva come riferimento soprattutto i ceti popolari e della piccola imprenditoria del Nord a cui proponeva il sogno secessionista mentre votava senza problemi tutte le normative di stampo liberista, a livello locale, nazionale ed europeo, si sta lentamente trasformando in una forza nazionale, che si autorappresenta come capace di difendere “gli italiani”, tanto da fantomatiche “invasioni” dei migranti quanto dagli euroburocrati. Leggendo e ascoltando le dichiarazioni che si vanno succedendo in questa delicata fase politica, si trovano…

L’articolo di Stefano Galieni prosegue su Left in edicola

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