Arrivato in Italia per sfuggire al regime dei colonnelli, Dimitri Nicolau è protagonista di una ricerca originale nel linguaggio musicale contemporaneo rifiutando l'astrazione formale e rileggendo in chiave nuova la musica popolare del suo Paese. E il 20 giugno concerto alla Biblioteca Nazionale di Roma

Dimitri Nicolau è stato non solo un compositore straordinario ma anche un uomo di rara qualità. Ora a dieci anni dalla morte, scrivere di lui, raccontare qualcosa della sua complessa personalità artistica è compito ancora difficile. Il rapporto personale, l’amicizia, hanno travalicato la relazione tra compositore ed interprete e rendono complicato mantenere la distanza necessaria per affrontare un discorso strettamente musicologico. Inoltre, la sua poetica non si è limitata alla sola espressione musicale ma, sia per una esigenza personale che per motivi storici, Dimitri Nicolau si è trovato nella condizione di dover elaborare e poi saper verbalizzare i motivi della sua originalità, delle sue scelte artistiche; cosicché il suo essere artista si è intrecciato in maniera inestricabile con una ricerca sull’identità umana, unica al mondo: quella dell’Analisi collettiva con la “teoria della nascita” dello psichiatra Massimo Fagioli. Queste due dimensioni, questi due universi, la composizione musicale e la ricerca sulla origine del pensiero umano nonché del linguaggio musicale, per lui sono sempre state inseparabili e sono divenute come vedremo, motivo della sua svolta artistica fondamentale e il suo “Manifesto d’artista”.

Dimitri Nicolau, artista lo è stato veramente. Autore prolifico con un catalogo di circa trecento opere tra sinfonie, musica da camera strumentale e vocale, teatro musicale, fiabe musicali e divertentissime canzoni composte per la Tv dei ragazzi, si è indubbiamente sporcato le mani di musica. È stato il promotore della rinascita artistica del mandolino e degli strumenti a plettro, scrivendo opere straordinarie che hanno trovato grande attenzione nei Paesi del nord Europa. Ha avuto anche una particolare attenzione per il mio strumento, il saxofono, con quaranta splendidi lavori alcuni dei quali mi sono stati dedicati e dove ancora scopro una bellezza sempre nuova.

La sua musica… ci si accorge subito che dalla sua musica non è possibile mantenere una distanza; non è possibile un ascolto distaccato, educato alla passiva attesa del già noto. La sua musica ci viene incontro, si offre con originalità di linguaggio e una sincerità che si percepisce profondissima. Accanto ad una sapienza musicale straordinaria c’è una vitalità prorompente. Ben presto ci si rende conto che siamo noi ascoltatori, a dover sostenere con la nostra capacità un livello, lui avrebbe detto di rapporto, assolutamente inaspettato. C’è un comporre che procede per emozioni, che non parte mai da un calcolo razionale per stabilire la cornice formale entro cui inserire suoni che diventerebbero così, solo un elemento di arredo musicale; c’è invece un comporre che segue il libero fluire del senso musicale, una forma interiore che si fa linguaggio nel suo stesso essere resa percepibile. Troviamo in lui una “linea melodica” ricca di fantasia, dove la vitalità dei richiami alla musica popolare delle sue origini si fonde con i colori di una libertà armonica particolarissima e fa sentire tutta la sua verità. Nella sua musica agisce una umanità mai esibita, un “essere”, che è la piattaforma di base da cui tutto si muove.

E appunto, il cardine della poetica di Dimitri Nicolau è che l’artista senza l’umano non è: «La musica più profonda è nel rapporto interumano» diceva. L’uno (l’artista), non può essere senza l’altro (l’umano), o ci sarà la violenza di voler riproporre l’idea della morte dell’arte, l’impossibilità della bellezza, la malattia, il caos; oppure più subdolamente, attraverso un’arte consolatoria invitare alla rassegnazione di fronte al male inevitabile. Questo “inganno” che ancora allontana le persone dai concerti di musica contemporanea, esigeva una presa di posizione. Lui la prese. Espresse queste idee pubblicamente in interviste, articoli, programmi di sala, con il coraggio necessario che indubbiamente aveva. La sua notorietà lo portò ad uno scontro frontale con i detentori del potere culturale che dettava legge negli anni Settanta e che non ammetteva alcuna deroga, che non tollerava nessuna “nascita” diversa. Una diversità che si sarebbe immediatamente proposta come falsificazione di tutta la costruzione filosofico-musicale del secondo dopoguerra. Sostenne lo scontro con una certezza di identità che trovava conferma e forza nel lavoro di ricerca e cura dei seminari dell’Analisi collettiva. Lì, aveva certamente ritrovato quella immediatezza nel sentire gli affetti, come quando ancora bambino a Keratea, ascoltava affascinato… perché Nicolau è cresciuto su una piccola isola greca, dove l’unica musica era quella popolare: la si sentiva nelle feste, nei funerali, durante le pause dal lavoro degli uomini, dalle donne intente ai lavori domestici.

Ha sempre raccontato la sua meraviglia nello scoprire le emozioni diverse che uno stesso canto gli dava se cantato da persone diverse…evidentemente già aveva inteso il discorso difficilissimo sull’interprete! Comincia così da solo lo studio della musica, tenuto segreto a tutti, anche alla sua famiglia; compone il primo brano all’età di tredici anni: una sonatina per mandolino e pianoforte, che non ha mai rinnegata e anzi inserita nel suo catalogo col numero d’opera 100. Poi la fuga in Italia nemmeno diciottenne e la richiesta di asilo politico per sfuggire al regime dei colonnelli; il diploma al Centro sperimentale di cinematografia e il lavoro nel cinema, prima come direttore della fotografia, poi come compositore: questo fu l’inizio della sua carriera musicale.

Nel 1975 la svolta umana e stilistica definitiva che sancisce il rifiuto e lo scontro con la cultura musicale dominante. Lui la racconta così in una intervista a P.Scarnecchia: «Non saprei esattamente cosa fosse nel frattempo maturato… un rapporto con una donna in maniera nuova, profonda e nello stesso tempo difficile e affascinante… l’attesa della nascita di un figlio, un’amica che… ci porta a casa dei libri dai titoli inconsueti formati da parole come marionetta, istinto, conoscenza, nascita…più leggevo più mi si chiarivano le idee su quello che cercavo anche nella musica…una esigenza crescente di separarmi radicalmente da tutto quello che non condividevo…composi di getto “La Melodia ritrovata”, un lavoro per grande orchestra senza sapere se e quando sarebbe stato realizzato…questo accadde dieci anni dopo…quest’opera si propone come un percorso di separazione…dalla filosofia della musica fondata sul pensiero violento di derivazione hegeliana, freudiana, di Adorno e i suoi epigoni…per ripartire dalla mia sola realtà e fantasia personale…era arrivato il momento di rischiare senza essere distrutto».

Dimitri Nicolau si è così giocato la vita dimostrando che era possibile opporsi al disumano nell’arte… continuando nonostante il silenzio pervicace della critica ufficiale, a comporre la sua musica seguendo il «libero fluire di una fantasia originaria». Senza padri, né padroni. Ha scelto di offrire ai musicisti la possibilità di una rivolta dal basso, cercando e facendo rapporto direttamente con la sensibilità e l’intelligenza dei singoli, proponendo ai molti compagni di strada, di accettare il rischio di toccare il fondo: ritrovarsi da soli di fronte alla “pagina bianca” e non aver nulla da scrivere.
Ma subire la legge del padre, soffocare la propria fantasia per il terrore di morire di fame e di freddo è vero scrivere? Lui ha proposto una strada: «Mi sembra che per ogni artista, diventi sempre più fondamentale la conoscenza della realtà umana, della propria realtà, a partire dalla propria origine, la nascita». Scoprire cioè, che proprio la separazione dal padre è il primo passo per ritrovare la propria fantasia.
Dieci anni sono passati… e anche se «È lunga ancor la strada», il clima culturale comincia a dare qualche segnale di cambiamento. Sono sempre di più i compositori che trovano il coraggio di presentarsi con la loro verità e sincerità, sono sempre di più gli interpreti che trovano il coraggio di scegliere i loro compositori.
Dobbiamo essere grati alla resistenza di identità umane e musicali come quella di Dimitri Nicolau.

Pier Paolo Iacopini è concertista di sassofono e docente per il suo strumento al Conservatorio di Bari.

Mercoledì  20 giugno alle ore 17 la Biblioteca nazionale centrale di Roma, l’Istituto di bibliografia musicale (Ibimus) in collaborazione con Clm (Consorzio Liberi Musicisti) ricordano a dieci anni dalla scomparsa, la straordinaria figura del compositore di origine greca Dimitri Nicolau con le testimonianze di chi lo ha conosciuto e un concerto. Con l’occasione, verrà istituito attraverso una donazione di partiture da parte della famiglia alla Biblioteca Nazionale, il “Fondo Dimitri Nicolau”.
Una mostra che sarà inaugurata alle ore 16 illustrerà a grandi linee i filoni principali della sua attività compositiva e darà modo ai visitatori di scoprire anche un aspetto poco conosciuto di Nicolau: il suo interesse per la pittura e il disegno. 

Qui il programma della giornata