Il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, fautore di un modello di accoglienza apprezzato in tutto il mondo, replica all’attacco subito dal ministro: «Bisogna schierarsi contro la sua idea di apartheid. Non c’è spazio per una terza via, né si può essere neutrali o moderati»

Provo ad avvicinarmi alle prime file durante il suo intervento in occasione di una manifestazione che si è tenuta di recente a Reggio Calabria in ricordo di Soumayla Sacko, il sindacalista maliano ucciso il 2 giugno scorso. Si emoziona, sorride, incespica con le parole, preferisce leggere. La sua voce sottile, protetta dalla chiarezza interiore, è sommersa da una serie ininterrotta di applausi. Pochi lo ascoltano con attenzione ma non importa. Importa esserci. Importa la biografia, la sostanza, l’intima certezza che si è di fronte a un uomo che, sulla scia del poeta Robert Frost, ha scelto di percorrere «la strada meno battuta». Una scelta che arriva da lontano, perché Domenico Lucano «fin dai primordi ha lottato per un mondo migliore». Una frase solenne che in bocca a qualche intellettuale soft potrebbe suonare come vizio retorico, ma se a dirlo è il sindaco di Riace tutto cambia. Neppure il più fanatico reazionario potrebbe attribuirgli la patente di radical chic.

“Mimmo” Lucano, che di certo non ha bisogno di presentazioni, ha inventato una vera e propria filosofia dell’accoglienza. Il «modello Riace» continua a stupire e innervosire l’establishment e i seguaci del cinismo. Nel piccolo paese che amministra c’è davvero posto per tutti: gli ultimi, gli sfruttati, i senza voce. Il suo obiettivo, infatti, è costruire una famiglia sempre più inclusiva, dove le differenze di sesso, di nazionalità e del colore della pelle perdono di significato. Ecco perché colui che è stato insegnante del laboratorio di chimica, da anni «sorvegliato speciale», è stato offeso dall’attuale ministro degli Interni che lo definiva uno «zero», e quando in un attimo di pausa gli chiedo dove trova il coraggio, si limita a indicarmi con il dito i volti della sofferenza.

Ma Salvini le fa paura?
Non ho paura di lui. È un uomo con le sue fragilità. Non l’ho mai incontrato né ci tengo a farlo. Però sono terrorizzato dal suo pensiero. Anche perché viene salutato con entusiasmo da una buona fetta della popolazione. Tanta gente della mia terra, com’è noto, ha premiato alle urne l’odio e l’intolleranza, e le politiche leghiste continuano a mietere successi. Non so dove andremo a finire di questo passo.

Che fare?
Difficile rispondere. È tutto così frantumato, disarticolato, atomistico. Non esiste una degna opposizione in Parlamento che possa contrastare la deriva xenofoba di queste ultime ore. Non dimentichiamo le scelte adoperate dai precedenti governi in tema di sicurezza e immigrazione, penso all’indirizzo muscolare di Minniti. Ciò che…

L’intervista di Francesco Postorino prosegue su Left in edicola


SOMMARIO ACQUISTA