Se avessero almeno un po’ di coerenza potrebbero essere giudicati seri nelle loro seppur sbagliate convinzioni. E invece niente. Nello snervante gioco di erosione degli istituti democratici del Paese il segretario della Lega Matteo Salvini ha messo nel mirino anche il presidente della Repubblica Mattarella diventato nel giro di poche settimane il nuovo argine alle sentenze politiche che si permettono di chiedere la restituzione dei rimborsi elettorali, quei 49 milioni di euro che il partito non aveva il diritto di spendere e invece ha speso, per di più in modi non chiari e con strani giri di conti correnti.
Mattarella è, per il leghista medio e per Salvini che dei leghisti è la somma sintesi, il simbolo dell’oppressione statalista nei confronti del popolo italiano eppure nelle ultime ore si chiede a lui, dopo averlo metaforicamente preso a calci per mesi, di diventare il quarto grado di giudizio che dovrebbe difendere il partito di Salvini da un indefinito attacco della magistratura.
Se Mattarella non fosse Mattarella e se il presidente della Repubblica non fosse un uomo che ha a cuore la dignità delle istituzioni verrebbe facile immaginare cosa potrebbe rispondere al nemico giurato che ora scodinzola come un falso amico solo per necessità. Il fastidio che filtra dal Quirinale è, ancora una volta, il disgusto per una mossa di propaganda che non ha nessuna rilevanza politica e nessuna declinazione nella realtà: Salvini non ha mai chiesto un appuntamento con il Presidente e, com’è suo costume ha lasciato tutto su un piano squisitamente mediatico.
«Che io non possa andare a parlare con il presidente della Repubblica mi sembra una cosa bizzarra. Non è forse il garante della Costituzione e dei diritti dei cittadini?», ha detto il leader leghista. Eppure di bizzarro c’è quel silenzio goffo della Lega che non spiega dove siano finiti i soldi (nostri) e la grassa ignoranza di chi non si difende nei processi ma dai processi come già fece il ben noto Berlusconi.
Così, come nelle favole, Mattarella all’improvviso da topolino si trasforma in carrozza e gli elettori sono pronti ad appoggiare l’ennesima giravolta con la solita faccia di chi ripete che non c’è niente di strano, che va bene tutto così.
Buon venerdì.