La politica dei porti chiusi vissuta a bordo della nave della Ong spagnola che il 29 giugno non venne fatta intervenire mentre un’imbarcazione stava naufragando. E un centinaio di persone sono scomparse in mare. Intanto a Roma si fa finta di non sapere cosa succede nei lager libici

Cominciamo il racconto di questo viaggio dalla fine, dal 4 luglio scorso, giorno in cui abbiamo attraccato nel porto di Barcellona con le due imbarcazioni della Ong Open arms (Astral e Open arms) con a bordo 59 persone soccorse nel Mediterraneo. Lo sbarco avviene tra gli applausi. Un tappeto rosso è disteso al termine della passarella della Open arms. La sindaca di Barcellona, Ada Colau, arriva al porto, senza telecamere, e si assicura dello stato di salute dei passeggeri. Dopo i controlli sanitari, abbiamo preso parte ad una conferenza stampa e una festa cittadina organizzate dal Comune di Barcellona come forma di accoglienza delle persone salvate e gratitudine nei confronti dell’equipaggio di Open arms.

Prima considerazione: a Barcellona avviene una cosa “stranissima”, se osservata dal punto di vista della sinistra italiana. La giunta di Barcellona, le sue politiche radicali dal punto di vista sociale, ma anche da quello della solidarietà e dell’accoglienza, ha ricevuto i suoi consensi prevalentemente nelle zone popolari di Barcellona. Proprio come dovrebbe essere, ma come non è più da anni, per la sinistra che in Italia ormai concentra i suoi consensi nei “quartieri bene” delle aree metropolitane.

Seconda considerazione: le ipotesi avanzate da cosiddette forme di “patriottismo costituzionale” che aleggiano nella sinistra italiana ed europea, secondo cui per tornare ad avere consenso nelle classi popolari si dovrebbe sì accogliere, ma soprattutto preoccuparsi della regolazione dei flussi per non spaventare “i proletari di casa nostra” è del tutto smentita dal caso di Barcellona (oltre che politicamente inaccettabile, dal mio punto di vista). Un vero radicamento sociale di un soggetto dell’alternativa non può che costruirsi in una prospettiva solidaristica.

D’altro canto, se proprio vi spaventa il rischio di essere accusati di buonismo, basterebbe …

Il reportage di Eleonora Forenza prosegue su Left in edicola


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