L’affaire Benalla sta facendo crollare la popolarità del presidente francese. Emmanuel Macron tocca il suo livello più basso di popolarità grazie allo scandalo legato ad Alexandre Benalla, il suo responsabile della sicurezza, Monsieur sécurité, indagato per le violenze del primo maggio in Place de la Contrescarpe. Il dato emerge dall’ultimo barometro Ipsos-Le Point, secondo cui il capo dello Stato ha perso quattro ulteriori punti raggiungendo il livello piu basso del quinquennato, equivalente al livello del settembre scorso. «Visti i risultati della nostra inchiesta, riteniamo che il caso abbia avuto un impatto sull’opinione», dice Laurène Boisson di Ipsos, aggiungendo che «la clemenza estiva è stata spazzata via: sepolto l’effetto della vittoria ai Mondiali».
L’Eliseo ha appena annunciato che Macron non sarà presente mercoledì 25 luglio all’arrivo della 17ma tappa del Tour de France, Bagnères-de-Luchon et Saint-Lary-Soulan, come inizialmente programmato. I media francesi collegano la decisione agli sviluppi del caso. Domenica 22 luglio, per la prima volta dopo quattro giorni di imbarazzato silenzio, anche Macron ha lasciato trapelare i suoi primi commenti sul caso. «Fatti inaccettabili, non ci può essere impunità», ha dichiarato il leader francese accusato di aver coperto la sua fidata guardia del corpo per quasi due mesi, almeno fino a quando Le Monde non ha portato alla luce i fatti. L’imbarazzo del fondatore di En Marche appare palpabile.
Lo scandalo è scoppiato il 18 luglio scorso quando Le Monde ha rivelato, con un video, che Alexandre Benalla, s’era esibito nelle violenze tipiche dei robocop in divisa in servizio di ordine pubblico, con indosso un casco e un bracciale della polizia. Da allora «il potere si impantana in spiegazioni fumose, le indagini vengono aperte e l’affare Benalla diventa così rapidamente una questione di Stato», scrive Julien Salingue su npa2009.org, sito del Noveau Parti Anticapitaliste.
Attraverso i suoi legali, il ventiseienne fidato gorilla del presidente si dice «sbalordito» per la bufera che si sta abbattendo sull’Eliseo e denuncia «l’uso mediatico e politico» della vicenda. Un modo, accusa Benalla, di «colpire la presidenza», quando invece lui voleva solo «dare man forte» agli agenti dopo aver individuato due «soggetti particolarmente virulenti» in Place de la Contrescarpe. Insomma, la sua è stata una «iniziativa assolutamente personale», conclude, nel tentativo di tirare fuori dall’impaccio il presidente in crisi.
Una vicenda strana da comprendere in Italia dove siamo abituati a sindacati di polizia che esibiscono come eroi gli autori di abusi commessi in divisa anche se condannati in tre gradi di giudizio, che infieriscono sulle vittime, che impongono al Parlamento di non prendere nemmeno in considerazione l’idea di un codice alfanumerico che consenta ai magistrati di individuare i poliziotti che commettano un reato mentre agiscono travisati in pubblico, di politici bipartisan incapaci di una vera legge contro la tortura e ostinatamente contrari a provvedimenti di verità e giustizia come avvenuto ai tempi del G8, di ministri che hanno promosso quasi tutti i protagonisti di quella mole di reati a partire dall’allora capo della polizia divenuto presidente di Fincantieri dopo aver guidato i servizi segreti.
Le mire autoritarie, qui da noi, sono assolutamente trasversali agli schieramenti politici. Altrove la vicenda è più articolata. «L’affaire Benalla rivela come funziona Macronia – continua Salingue – è anche una manifestazione dei tempi: quella della violenza della polizia commessa con completa impunità, con la benedizione e l’incoraggiamento del potere, fino al punto in cui un consulente dell’Eliseo partecipa direttamente alla benevolenza della sua gerarchia! Non c’è nulla di accidentale in questo “caso”, tranne che è stato reso pubblico».
Tutte le informazioni raccolte dalla stampa francese mostrano che l’Eliseo e il ministero degli Interni erano a conoscenza delle azioni di Benalla, e questo immediatamente dopo il 1° maggio. Il 2 maggio, Gérard Collomb viene quindi informato e a sua volta informa la presidenza e, il 3 maggio, Patrick Strzoda, capo dello staff di Emmanuel Macron, scrive a Benalla accusandolo del suo “comportamento manifestamente inappropriato” e lo sospende per 15 giorni. Una sanzione identica è stata presa contro Vincent Crase, poliziotto di riserva come Benalla di cui è amico e occasionale collaboratore all’Eliseo, presente anche in place Contrescarpe. Con quest’ultimo il gorilla di Macron ha già commesso abusi contro manifestanti e giornalisti e insieme, nel 2016, hanno dato vita a una Fédération française de la sécurité privée che ha tutta l’aria di una milizia.
Le sorprese potrebbero non essere finite.
Anche perché siamo di fronte a punizioni tutto sommato morbide verso un individuo che ha commesso non solo violenza, ma anche – tra le altre cose – l’usurpazione di funzioni, reato punibile con tre anni di carcere e 45mila euro di multa. Invece Benalla era ben visibile a bordo del bus di “Blues”, la squadra campione al mondiale, nella passerella sugli Champs-Elysees lunedì 16 luglio. Una benevolenza che contrasta con l’estrema severità richiesta – e ottenuta – contro sindacalisti o attivisti solidali con i migranti. La Francia, come Left ha documentato nel numero 19 del settimanale dell’11 maggio 2018, sta vivendo un periodo eccezionale di mobilitazioni sociali contro l’attivismo riformista dell’Eliseo che prova a liquidare i diritti di ferrovieri, studenti, “zadisti” (occupanti di zone à defendre), e dipendenti pubblici, sulla scia del governo che l’ha preceduto, e con una violenza crescente della polizia contro i manifestanti.
Lo scandalo blocca anche le cosiddette riforme di Emmanuel Macron, a partire da quella costituzionale. Il progetto di revisione della carta fondamentale è stato rinviato, dopo giorni di paralisi in parlamento. «Se ne riparla dopo l’estate», annuncia il ministro per i rapporti col Parlamento e delegato generale del partito del presidente, En Marche!, Christophe Castaner.
Dall’opposizione, gli ex candidati alle presidenziali, Benoit Hamon (Ps) e Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise), vogliono che testimoni lui stesso in aula. Dall’estrema destra, anche Marine Le Pen (Rassemblement National) deplora l’assenza di Macron dalle commissioni d’inchiesta parlamentari. I deputati dei Républicains, neogollisti, presenteranno una mozione di censura, ovvero di sfiducia, contro il governo francese. Le chance che venga approvata dal Parlamento appaiono pressoché nulle, il che non impedisce di assistere ad alleanze impensabili sino a pochi giorni fa, con il gruppo La France Insoumise di Mélenchon, che si schiera insieme alla destra neogollista. «La voteremo. La mozione di censura fummo noi a proporla per primi, ricordate», dice il deputato della France Insoumise, Alexis Corbière. Dalla maggioranza, la portavoce della République En Marche, Aurore Bergé, difende invece il presidente. «O non parla e allora si dice che non osa parlare. O parla e allora si direbbe che ostacola l’inchiesta giudiziaria. Difficile per lui trovare la buona soluzione».
En Marche! si arrocca sulla tesi che i gruppi d’opposizione «vogliono nuocere al presidente, nuocere al governo, nuocere alla maggioranza», come ha detto il premier Edouard Philippe, rivolgendosi a porte chiuse ai suoi deputati. Per lui, l’opposizione punta a far durare «la polemica più a lungo possibile». Quindi l’appello rivolto alla maggioranza affinché si opponga «all’ostruzionismo e ad ogni strumentalizzazione politica». Serve «sangue freddo, rispetto delle istituzioni, e ricordare i fatti», ha avvertito Philippe, ribadendo che il presidente Emmanuel Macron – finora rimasto lontano dalla scena pubblica – si «esprimerà al momento opportuno» su ciò che ritiene «una crisi politica, parlamentare e mediatica».
Intanto in parlamento sono iniziate da ieri, 23 luglio, le audizioni della commissione d’inchiesta. Macron non compare nell’elenco. Ad aprire le danze l’audizione in Senato del sempre più traballante suo ministro dell’Interno, Gérard Collomb, che si è difeso dall’accusa di non aver sollecitato la giustizia, come previsto dall’articolo 40 del codice penale, malgrado fosse a conoscenza dei fatti sin dal 2 maggio scorso. «Vengo criticato per non essermi rivolto al procuratore della Repubblica riguardo al filmato riguardante Benalla. Ma farlo non spetta a un ministro», si è giustificato, aggiungendo: «Mi ero accertato che il gabinetto della presidenza e la prefettura di polizia fossero a conoscenza dell’informazione. Agire spettava a loro, così è la procedura». Nel pomeriggio, dinanzi alla commissione d’inchiesta parallela dell’Assemblée Nationale, anche il prefetto di Parigi, Michel Delpuech, ha scaricato il barile sull’Eliseo, affermando di non essere «mai stato sollecitato» per autorizzare Benalla a partecipare alle operazioni della polizia e ha denunciato «derive individuali inaccettabili» e «favoritismi malsani».
Dopo la smentita secca dell’Eliseo, Alain Gibelin, il responsabile della polizia di Parigi ha ritrattato quanto detto in audizione gettando una pesante ombra sulla credibilità della Presidenza. Rispondendo alle domande di Marine Le Pen (Rassemblement National), Gibelin aveva riferito di aver incrociato Benalla in diverse riunioni sulla sicurezza tra il 4 e il 19 maggio, quando cioè – secondo l’Eliseo – era stato sospeso per i fatti in Place de la Contrescarpe. Ora però Gibelin fa marcia indietro e conferma la versione dell’Eliseo. In una lettera inviata al presidente della commissione, Yael Braun-Pivet, dice che ieri, 23 luglio, ha capito male la domanda. Credeva infatti che Marine Le Pen gli avesse chiesto se avesse visto Benalla nelle riunioni della prefettura tra il primo maggio e il 18 luglio, quindi ben al di la del periodo di sospensione dal suo incarico, ed ha chiaramente risposto «sì». Tuttavia, dopo che il ministro dell’Interno, Gérard Collomb e il prefetto di Parigi, Michel Delpuech, hanno negato ogni responsabilità dinanzi alla commissione d’inchiesta, il cerchio si stringe intorno all’Eliseo. Nella notte la presidenza ha inoltre smentito i lavori di ristrutturazione da 180mila euro nell’appartamento di Benalla.
Oggi, 24 luglio, il premier Edouard Philippe e diversi ministri dovranno fare quadrato in parlamento per difendere il presidente Macron passato in poche ore dall’entusiasmo per la vittoria dei Bleus ai Mondiali alla peggiore crisi finora del suo quinquennato. Inoltre, sempre oggi, la commissione d’inchiesta interrogherà il direttore di gabinetto dell’Eliseo, Patrick Strzoda e il suo omologo al ministero dell’Interno, Stéphane Fratacci. Il ministro dell’Interno, Gérard Collomb, parlerà dinanzi alla commissione legislativa del Senato. È invece prevista per giovedì 26 luglio l’audizione del segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler.