Siamo la storia che scorre; la condizione umana, che non conosce sosta. La nostra Identità è la nostra Cultura, e viceversa. Quella che costruiamo giorno dopo giorno, in qualunque luogo del pianeta ci troviamo...

Mentalmente il fascismo non è altro che l’esasperazione di un pregiudizio, di cui sono vittime gran parte degli esseri umani: la convinzione che la loro patria, la loro lingua, le loro tradizioni, siano superiori a quelle altrui. Questo diritto, per alcuni, si trasmette via sangue. Il proprio. Valore aggiunto che accomuna individui d’altro canto difficilmente accomunabili. Ecco il gene del popolo eletto inciso a caratteri cubitali sulla copertina del genoma. Il marchio di appartenenza. Quello che divide la crusca dal grano, la contraffazione dall’originale, il vero dal falso; qualcosa che rafforza il senso di identità, che spalanca i cancelli del sacro suolo.

A proposito di Identità. Nel 1970, una maestra di una cittadina statunitense, Jane Elliot, propone ai suoi allievi un esperimento “emozionale”, dal titolo: Cosa si prova ad essere discriminati?

Sembra un gioco, tutto è davvero molto semplice. Consiste nel suddividere gli allievi in due gruppi: Occhi Chiari e Occhi Scuri, e vedere cosa può succedere. Il primo gruppo comincia a ricevere stimoli sempre più positivi; dati scritti sulla lavagna senza alcun tipo di riscontro scientifico, o storico, ma che mettono in risalto come quelli con gli occhi chiari risultino più intelligenti, più puliti, abbiano dei genitori più responsabili, siano meno propensi alla menzogna e all’inganno.

Per fare diventare più evidente la diversità, agli Occhi Scuri viene chiesto di indossare un fazzoletto marrone al collo. Nel giro di poco tempo, “occhi scuri” diventò l’insulto più usato – tanto a scuola quanto in città – nel tentativo di denigrare l’altro (alcuni sostengono si usi ancora da quelle parti). In tanti smisero di parlarsi. Intere famiglie ruppero i rapporti. La città intera si trovò spaccata in due. L’esperimento ebbe fine non appena alle autorità scolastiche arrivarono voci che, uno e l’altro gruppo, si stava armando di sassi e di bastoni per andare a punire gli avversari. In tutto erano passati otto giorni.

La vecchia Europa, che lo ius soli in terre straniere se lo procurò attraverso secoli di conquiste a mano armata e fiumi di sanguinis delle popolazioni primitive, imparò ben presto la lezione. L’unico modo di continuare a governare un mondo che prima o poi avrebbe bussato ai suoi cancelli, era quello di tenerlo diviso. Per questo si inventa ogni giorno – da secoli – dei simpatici fazzoletti da appendere al collo dell’uno o dell’altro.

Uno di questi è precisamente la negazione del diritto (ius) ad essere parte del suolo (soli) dove si è nati. L’altro è l’adozione di un’aberrazione storica intitolata Prime e Seconde Generazioni, per denominare i migranti e i loro discendenti. Attribuendosi il miracolo di trasformare un evento esistenziale (migrare) in un fatto ereditario, esteso anche a chi la migrazione non l’ha mai compiuta, cioè…

L’articolo di Milton Fernández prosegue su Left in edicola dal 17 agosto 2018


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