Lei si chiama Rosella Bertuccelli, ha 66 anni, e dopo quarant’anni da insegnante precaria ha ottenuto l’agognato posto fisso a un anno dalla pensione. Ci sono voluti quarant’anni, a questo Paese, per concedere un posto di lavoro dignitoso a Rosella, per riconoscerle un merito professionale e per concederle di programmare con più fiducia il proprio futuro. A 66 anni Rosella si è presentata all’Ufficio scolastico provinciale e ha comunicato di non volere accettare. L’impiegato non voleva credere alle proprie orecchie. «È proprio sicura?», le ha chiesto e Rosella ha confermato senza indugi: «Certo che sì, il mio posto lo potete dare a un giovane, io rinuncio».
Dicono le colleghe della maestra Bertuccelli che la sua scelta sia frutto anche di tanti anni passati a studiare la filosofia dell’educazione che prevede di dare tutto ciò che è possibile per gli altri. Ma le parole più interessanti le pronuncia un maestro che descrive il gesto di Rosella come un senso «di rabbia orgogliosa che ti fa dire no, costi quel che costi». La rabbia e l’orgoglio sono due feticci inquinati che in questi anni sventolano issati sulla prua del cattivismo contemporaneo per giustificare l’esasperazione vendicativa e la guerra contro tutti come se, nella rabbia e l’orgoglio, ci debba stare per forza una violenza addirittura legittima.
La storia di Rosella se ci pensate appare al contrario e invece rimette dritta la realtà: la maestra di Viareggio per dignità e per giustizia ha preso una decisione che le costerà almeno il 30% di pensione. Rosella è convinta che la rabbia e l’orgoglio debbano spingere le persone a non far subire agli altri ciò che si è ingiustamente subito. Non è un digrignare di denti sperando che qualcuno ci permetta di passare all’incasso ma è un tenere la barra dritta per salvarsi tutti insieme. E mentre qualcuno l’accuserà di essere stata stolta o buonista probabilmente la giovane che ha ottenuto il posto ceduto da Rosella sarà un’ottima maestra di generosità. Mica per buonismo: per rabbia e per orgoglio.
Buon lunedì.