Quando da bambini si tornava dalle vacanze il rientro era soprattutto il cambio d’odori. Meglio: il ritorno agli odori abituali, i ritmi abituali, la sera che ricomincia a farsi sera alla stessa ora di sempre, il pranzo e la cena che ricalcano i sapori conosciuti e i ritmi che si rincollano al collo con la scuola, i compiti, gli stessi amici, le stesse sgridate, gli stessi vizi, tutto quello che c’era e che a fine vacanze sbucava feroce a ricordarti che ci stava ancora.
Il rientro comunque era confortante. Quello che lasciavi a casa in fondo era il cordone ombelicale con la tranquillità, il porto sicuro sui cui approdare dopo la traversata, la sintonia ritrovata.
Il rientro dalle vacanze in queste ore vede due torvi figuri rinchiusi in un angusto loculo prefettizio in quel di Milano che vorrebbero convincerci che avere paura sia l’unica strada per l’autodeterminazione. Ieri ci hanno spiegato che sono alleati come funesti creatori di paure per alimentare il bisogno di protezione (e i protettori sono la stessa brace dei nemici: una masturbazione politica) e mentre ieri si parlavano addosso sudaticci si ricoprivano di complimenti come due adulteri che promettono di lasciare le mogli ma non lo faranno mai. Si sono promessi amore eterno e intanto Orban aveva già chiarito di fottersene dei migranti di Salvini. Un grande inizio, davvero. Hanno parlato perdendo bava dai denti e dandosi pacche falsamente cortesi sulle spalle. I giornalisti presenti, inquinati dalla ferocia che sudava dai muri, si sono dimenticati di sottolineare la vera singolarità dell’incontro: contava l’assenza del presidente del Consiglio, utile burattino di un governo che gli ha lasciato il goffo ruolo di ombra solo quando serve.
Fuori dalla finestra di quei due lupi rabbiosi Milano offriva una piazza di critici compagni che si sono criticati per anni. Gente che ha avuto la sensazione di assomigliarsi tantissimo (ognuno con le proprie diverse sensibilità) e che finalmente si ritrovava insieme. Gente che ride, canta, difende la Costituzione e sente un’irrefrenabile voglia di osare una solidarietà svenduta troppo spesso. Gente eterogenea, per carità, che decide di concentrarsi su come potremmo essere noi piuttosto che inventarsi l’uomo nero. Diversi tra loro ma rispettosi. Solidali. Senza bile e senza bava.
Ecco, il rientro forse è quella piazza fuori dalla finestra della Prefettura in cui pascolavano Orban e Salvini. Problematico, difficilissimo da tenere insieme, tutto da costruire ma rassicurante rispetto al buio. Chissà come hanno rosicato, quelli, guardando la piazza.
Buon mercoledì.