Bisognerebbe con calma riprendere in mano il caso della nave Diciotti e farne un bigino, uno di quelli che si usavano a scuola per avere le linee generali dell’interrogazione e tenerselo in tasca per i prossimi mesi di governo, per sapere esattamente a cosa stiamo andando incontro, per uscire dal torpore di un’epoca che è molto di più di semplice cattivismo esibito ma che (e sarebbe ora di dircelo) ha i modi e gli stili del fascismo peggiore.
La ferocia, innanzitutto. Sulla nave Diciotti sono stati trattenuti illegalmente (e non serviva un magistrato per saperlo) persone che senza ombra di dubbio sono vittime dei peggiori regimi sparsi per il mondo.
Le donne sono state tutte stuprate (lo dicono gli esami medici effettuati dopo lo sbarco) e alcuni di loro portavano addosso i segni dei lager libici. Feriti, deboli, sfiniti e stranieri: i migranti della Diciotti sono il boccone preferito del ministro dell’Interno Salvini, sempre forte con i deboli e debole con i forti secondo la migliore tradizione parafascista italiana. Però sulla nave Diciotti c’era anche l’equipaggio: uomini della Guardia costiera che sono stati bistrattati e offerti in pasto all’opinione pubblica. Il punto è importante perché dimostra che Salvini è disposto a tutto per ingrassare la propria propaganda: la difesa degli italiani è uno slogan vuoto dietro cui si cela l’ossessione di inventarsi in continuazione nuovi nemici, possibilmente imbelli (per disperazione o, come nel caso dell’equipaggio della Diciotti, per ruolo).
La miopia politica. Solo un imbecille avrebbe potuto pensare che l’Europa scendesse a patti con un governo che sequestra una propria nave. Ma questo governo in realtà è vigliacco due volte: mostra i denti per accontentare i propri elettori per poi ritirare la mano nel momento dello scontro. Come nel caso della nazionalizzazione delle autostrade, su cui la sinistra potrebbe sfidarli per davvero.
Matteo Salvini e Luigi Di Maio alla fine esulteranno per la prossima elemosina dell’Europa. Badate bene: sono gli stessi che hanno esultato quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ottenuto una “ridistribuzione su base volontaria”. Sono convinti che la propaganda possa tenerli a galla ma verrà un giorno in cui stropicciare qualche negro non basterà più per tenere a bada molti dei loro elettori. E allora ci sarà da ridere.
Il Movimento 5 stelle come succursale. Il capolavoro di Luigi Di Maio di regalare il sontuoso risultato elettorale del Movimento 5 stelle a Matteo Salvini procede di gran lena. Ormai se ci fate caso lui e Danilo Toninelli esistono solo come sponda e il terrore di un’eventuale caduta del governo (e quindi l’impossibilità di ricandidarsi secondo lo statuto del Movimento) li ha relegati nel ruolo degli amichetti del bullo che sono sempre con lui ma sono sempre pronti a urlare “non c’entriamo niente”. Se davvero la Lega è in costante crescita nei sondaggi è perché i grillini continuano a permettere a Salvini di prolungare la sua campagna elettorale permanente senza proferire parola. Non gli basterà il presidente della Camera Roberto Fico per recuperare i voti di chi, sul caso Diciotti, ha chiesto scusa ad amici e parenti per avere contribuito a tutto questo.
L’Europa ladrona e l’Italia nuova Padania. Lo schema se ci riflettete è sempre lo stesso: far sentire il profumo di una secessione possibile pur sapendo di non averne i mezzi. È la stessa favoletta di Umberto Bossi che strepitava in canottiera: ora la ladrona è l’Europa cattiva e l’Italia è il paradiso che ha sostituito la Padania. Ma il trucco è sempre lo stesso. Raccontare una liberazione consapevoli della truffa è l’unico modo per i leghisti di esistere. Sembra incredibile che ci si creda ancora. E invece è drammaticamente così.
[su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]L'editoriale di Giulio Cavalli è tratto da Left in edicola dal 31 agosto 2018
[su_button url="https://left.it/left-n-35-31-agosto-2018/" background="#a39f9f" size="7"]SOMMARIO[/su_button] [su_button url="https://left.it/prodotto/left-35-2018-31-agosto/" target="blank" background="#ec0e0e" size="7"]ACQUISTA[/su_button]
[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Bisognerebbe con calma riprendere in mano il caso della nave Diciotti e farne un bigino, uno di quelli che si usavano a scuola per avere le linee generali dell’interrogazione e tenerselo in tasca per i prossimi mesi di governo, per sapere esattamente a cosa stiamo andando incontro, per uscire dal torpore di un’epoca che è molto di più di semplice cattivismo esibito ma che (e sarebbe ora di dircelo) ha i modi e gli stili del fascismo peggiore.
La ferocia, innanzitutto. Sulla nave Diciotti sono stati trattenuti illegalmente (e non serviva un magistrato per saperlo) persone che senza ombra di dubbio sono vittime dei peggiori regimi sparsi per il mondo.
Le donne sono state tutte stuprate (lo dicono gli esami medici effettuati dopo lo sbarco) e alcuni di loro portavano addosso i segni dei lager libici. Feriti, deboli, sfiniti e stranieri: i migranti della Diciotti sono il boccone preferito del ministro dell’Interno Salvini, sempre forte con i deboli e debole con i forti secondo la migliore tradizione parafascista italiana. Però sulla nave Diciotti c’era anche l’equipaggio: uomini della Guardia costiera che sono stati bistrattati e offerti in pasto all’opinione pubblica. Il punto è importante perché dimostra che Salvini è disposto a tutto per ingrassare la propria propaganda: la difesa degli italiani è uno slogan vuoto dietro cui si cela l’ossessione di inventarsi in continuazione nuovi nemici, possibilmente imbelli (per disperazione o, come nel caso dell’equipaggio della Diciotti, per ruolo).
La miopia politica. Solo un imbecille avrebbe potuto pensare che l’Europa scendesse a patti con un governo che sequestra una propria nave. Ma questo governo in realtà è vigliacco due volte: mostra i denti per accontentare i propri elettori per poi ritirare la mano nel momento dello scontro. Come nel caso della nazionalizzazione delle autostrade, su cui la sinistra potrebbe sfidarli per davvero.
Matteo Salvini e Luigi Di Maio alla fine esulteranno per la prossima elemosina dell’Europa. Badate bene: sono gli stessi che hanno esultato quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ottenuto una “ridistribuzione su base volontaria”. Sono convinti che la propaganda possa tenerli a galla ma verrà un giorno in cui stropicciare qualche negro non basterà più per tenere a bada molti dei loro elettori. E allora ci sarà da ridere.
Il Movimento 5 stelle come succursale. Il capolavoro di Luigi Di Maio di regalare il sontuoso risultato elettorale del Movimento 5 stelle a Matteo Salvini procede di gran lena. Ormai se ci fate caso lui e Danilo Toninelli esistono solo come sponda e il terrore di un’eventuale caduta del governo (e quindi l’impossibilità di ricandidarsi secondo lo statuto del Movimento) li ha relegati nel ruolo degli amichetti del bullo che sono sempre con lui ma sono sempre pronti a urlare “non c’entriamo niente”. Se davvero la Lega è in costante crescita nei sondaggi è perché i grillini continuano a permettere a Salvini di prolungare la sua campagna elettorale permanente senza proferire parola. Non gli basterà il presidente della Camera Roberto Fico per recuperare i voti di chi, sul caso Diciotti, ha chiesto scusa ad amici e parenti per avere contribuito a tutto questo.
L’Europa ladrona e l’Italia nuova Padania. Lo schema se ci riflettete è sempre lo stesso: far sentire il profumo di una secessione possibile pur sapendo di non averne i mezzi. È la stessa favoletta di Umberto Bossi che strepitava in canottiera: ora la ladrona è l’Europa cattiva e l’Italia è il paradiso che ha sostituito la Padania. Ma il trucco è sempre lo stesso. Raccontare una liberazione consapevoli della truffa è l’unico modo per i leghisti di esistere. Sembra incredibile che ci si creda ancora. E invece è drammaticamente così.