Che un partito rubi soldi non è una novità. Basta fare un salto ai tempi di tangentopoli (con tutte le storture che ha comunque lasciato come macerie) o ricordare i 25 milioni di euro che il tesoriere della Margherita, Lusi si intascò meritandosi anche una condanna per calunnia nei confronti di Rutelli. La politica italiana (e questo sì sarebbe un tema di cui discutere) ha sempre esercitato il potere nella forma malata legata a doppio filo con l’arricchimento personale. Ci siamo abituati, anche. Io lo trovo terribile: non è forse l’abitudine al delitto o alla bassezza morale il primo passo per l’insensibilità verso il presente e le persone che lo abitano? Anche di questo, sarebbe il caso di prendersi il tempo di parlare.
Però dei 49 milioni di euro che ieri il Tribunale del Riesame ha autorizzato a sequestrare alla Lega mi interessava ascoltare soprattutto la risposta politica. Anzi le risposte: quella di Salvini (che con la sua comunicazione tutta emotiva si ritrova a mettere la magistratura tra le repulsioni che i cittadini hanno il diritto di ostentare e ha gioco facile) e quella dei suoi compagni di governo.
Salvini, appunto. Dice il leader leghista che questa sentenza riguarda il passato e a lui non interessano i processi alla storia. Peccato: a noi sì. Perché il giochino della storia vecchia non funziona nemmeno nelle più sbrindellate compagnie da birreria e non si vede perché dovremmo concederla a un dirigente del Paese. Ma c’è un passo in più: quella storia vecchia non è stata né rinnegata né elaborata. Il protagonista Umberto Bossi è senatore voluto, fatto eleggere proprio da Salvini e la Lega (questa volta di Salvini) non si è costituita parte civile, quindi non si sente parte offesa. Non solo ci interessa il processo alla storia ma addirittura ci piacerebbe sapere quali siano i fili che la tengono ancora legata al presente, quella storia. I processi alla storia, tra l’altro, servono perché non si ripetano gli stessi errori e gli stessi orrori. Capisco che questo turbi un po’ il ministro dell’interno. Dice Salvini che gli italiani sono con lui. Sarebbe da battergli il ditino sulla spalla e ricordargli l’altro Matteo, ben più alto (nei voti) rispetto ai suoi sondaggi.
Ma Salvini non si batte con questa sentenza e sarebbe il caso che questa (blanda) opposizione lo capisca in fretta. Non si cancella Salvini sperando che qualcuno gli impedisca di fare politica: è stupido e anche inefficace. Il tintinnare di manette è antipolitica tanto quanto l’indignazione da scontrini. Non se ne esce così. Non si entra nel campo avversario (vale per i rimborsi ma vale anche per la svolta a destra sull’immigrazione) introiettando le stesse paure e finendo per legittimarle. La gente non smetterà di votare Salvini per questa condanna e soprattutto non voterà quegli altri nel caso in cui dovesse farlo. I voti di sponda, quelli volatili e biliosi, sono troppo friabili per ricostruire un Paese.
Buon venerdì.