Non sono un economista e non discetto di economia con la presunzione di essere la voce esatta di una scienza (che tra l’altro esatta non è) ma da osservatore, preferibilmente da sinistra, assisto con un certo sgomento alla ripetizione di una scena già vista che non mi pare abbia portato molta fortuna in tempi recenti: sfidare la manovra del governo facendo leva sugli scenari apocalittici declamati dai mercati (parola che si svuota e diventa feticcio ogni giorno di più) è il modo migliore per accelerare la distanza tra opposizione e persone e opposizione e realtà.
Per rapporto deficit-pil la manovra di questo governo rischia addirittura di essere austera: è superiore al 2,3% del governo Gentiloni ma è addirittura più bassa di quella dell’austerissimo Monti. Il tema non è l’indebitamento (e insistere su questo risulta piuttosto patetico, tristemente goffo) ma come si intende utilizzarlo per eliminare le disuguaglianze e rilanciare il Paese. Contrarre un debito per comprarsi una fuoriserie che non riuscirò mai nemmeno a mantenere o per acquistare una casa in cui invecchiare con tranquillità può essere uguale nei numeri ma profondamente diverso per senso di responsabilità.
Risulta poco credibile, sinceramente, assistere per l’ennesima volta alla gara di volume dei catastrofisti da una parte e dei salvatori della patria dall’altra: leggere i giornali in questi ultimi giorni ci riporta a un mondo che dovrebbe disintegrarsi nel prossimo futuro (ma ve le ricordate le invasioni di cavallette che avrebbero dovuto seppellirci per il referendum costituzionale?) oppure che addirittura ha cancellato la povertà senza che ce ne accorgessimo (e chissà quando ricominceremo a parlare responsabilmente, tra la classe dirigente).
Così accade che quelli festeggino gli annunci dal balcone e questi altri chiedono di fidarsi delle loro valutazioni del disastro prossimo venturo dopo averne sbagliate parecchie negli ultimi mesi. Una guerra tutta sugli annunci: lì si festeggia o si dispera. I risultati sono un particolare che sembra non interessare a nessuno. Il fallimento (o il successo) è solo una questione di narrazione. E così perfino i numeri finiscono per diventare solo un altro campo su cui sgolarsi.
Avanti così.
Buon lunedì.