La forza del sindaco di Riace non è solo aver voluto e attuato un modello di accoglienza in una terra martoriata da speculazioni criminali consentite da un potere colluso. È anche aver fatto piombare sulle nostre coscienze l’opzione della rottura della legalità al fine di fare leggi più giuste

Mimmo Lucano e Danilo Dolci: dopo l’odioso arresto del sindaco calabrese abbiamo sentito spesso questo paragone, senz’altro suggestivo e fondato. Il sociologo trentino attuava un progetto di educazione alla non violenza, lo organizzava secondo un’impalcatura intellettuale che gli è valsa il nome di Gandhi italiano. Il sindaco di Riace è un uomo del popolo che cerca di amministrare il suo territorio secondo criteri ispirati da una antica saggezza popolare: sperimenta accoglienza e integrazione, cerca spazi, rianima muri di case abbandonate, riapre piccole botteghe, organizza la raccolta differenziata con due muli, usati dalle due cooperative che si pretendono illegali perché hanno avuto l’incarico fuori gara. Con personalità e storie completamente diverse, entrambi hanno sfidato la legge. Danilo Dolci portando i giovani disoccupati nelle terre del sud, processato nel ’56 per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e invasione di terreni, l’altro per aver contrastato la legge sull’immigrazione clandestina. Entrambi, con la loro azione politica, hanno la forza di lanciare nel discorso pubblico la contraddizione della parola legalità, diventata una chimera in un Paese pieno di leggi dove non c’è rispetto per la legge. Anche perché, insegna Tacito, corruptissima re publica, plurimae leges – molte sono le leggi quando lo Stato è corrotto.

La democrazia italiana, snervata da corruttori di ogni tacca, mangiatori di soldi pubblici, furbetti del quartierino, aspira alla legalità, quasi un’utopia, una chimera. Con la perdita di controllo da parte dello Stato, e tanto più dopo lo snodo di Tangentopoli che agli inizi degli anni 90 del secolo scorso ha esaltato le funzioni purificatrici dell’azione penale, il senso comune della legalità è quello di giustizia, ancorché la legalità è anche ampiamente compatibile con l’ingiustizia. Laddove il principio di legalità si impone i diritti dei cittadini sono più tutelati nei confronti di abusi del potere. Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge (art.23) e nessuna persona può essere punita se non in forza di una legge (art. 25) dice la nostra Costituzione. In un Paese come il nostro, invaso dalle mafie, da gruppi para-massonici e poteri indiretti che si pongono come intermediari delle scelte del potere pubblico, il rispetto della legalità è una urgenza che dà fondamento allo Stato di diritto. Molte…

L’articolo di Stefania Limiti prosegue su Left in edicola dal 12 ottobre 2018


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