«Potersi muovere è un fattore imprescindibile dello sviluppo economico e culturale. Si muovono le idee, il denaro, le merci. Gli uomini e le donne quando si muovono imparano delle cose, quando si separano dai loro luoghi d’origine vivono nuove esperienze. E spesso possono anche decidere di riportarle al loro Paese se torneranno». Incontriamo Stefano Allievi, sociologo dell’Università di Padova, all’indomani dell’uscita di 5 cose che tutti dovremmo sapere sull’immigrazione (e una da fare). Un libricino di 64 pagine edito da Laterza, dal costo di soli 3 euro, che risponde con parole semplici ed esempi chiari alle domande e ai dubbi più frequenti sul tema del secolo, che la politica, a livello nazionale ed europeo, non riesce a (o non vuole) risolvere.
Da dove bisogna partire per parlare di immigrazione senza tare ideologiche o di altro tipo?
Ci sono ambiti legati al tema dei migranti su cui non si riflette mai abbastanza. Quando parliamo di demografia si tende a enfatizzare soprattutto quella dell’Africa. “Fanno tanti figli, la loro popolazione si raddoppierà, la Nigeria sostituirà gli Usa come terzo Paese più popoloso al mondo”, e questo suscita terrore: “Non possiamo accogliere tutti”. E si perde di vista quello che comporta il calo demografico in atto in Europa. Dove per la prima volta nella storia si è invertita la piramide demografica per cause naturali, cioè non per effetto di una guerra, e i giovani sono molto meno degli anziani. Nelle regioni del nord per ogni under 15 ci sono due over 65. Già oggi, non in futuro. In Africa, invece, metà della popolazione ha meno di 15 anni.
Molti sottolineano che la sostenibilità del sistema pensionistico non può prescindere dai contributi dei lavoratori stranieri, appunto mediamente più giovani.
Ma è molto più di questo. Intanto potremmo far notare che…