Le attività umane hanno riscaldato il pianeta di un grado rispetto ai livelli preindustriali. Arrivare a due gradi sarebbe catastrofico: scioglimento dei ghiacciai, inondazioni, danni per la pesca e l’agricoltura. Urge una svolta. Che potrebbe creare un milione di posti di lavoro

A settembre 2018 l’anidride carbonica (CO2) ha raggiunto 406 parti per milione, il 45 per cento in più della concentrazione all’inizio della rivoluzione industriale, avviata – nella seconda metà dell’Ottocento – con l’invenzione della macchina a vapore. Da allora la combustione di carbone, petrolio e gas, insieme alla distruzione delle foreste, ha trasformato la fisica e la chimica dell’atmosfera, portando all’effetto serra, al riscaldamento globale e al caso climatico che abbiamo di fronte.
L’Accordo di Parigi, il trattato Onu sottoscritto da 197 Paesi (tra cui l’Italia), impegna i governi a mantenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 °C”.
L’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), la massima autorità scientifica mondiale sui cambiamenti climatici, ha presentato un rapporto speciale l’8 ottobre scorso in cui afferma che le attività umane hanno già riscaldato il pianeta di 1 °C, con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: ondate di calore, eventi meteo estremi sempre più frequenti e distruttivi, alluvioni, mareggiate, scioglimento dei ghiacciai polari e alpini, distruzione di habitat, riduzione delle produzioni agricole. Al ritmo attuale di accumulo di gas-serra in atmosfera, la Terra raggiungerebbe 1,5 °C di riscaldamento tra il 2030 e il 2052. Secondo l’Ipcc, un riscaldamento fino a 2 °C potrebbe causare esiti catastrofici: inondazioni record; ondate mortali di calore e siccità; dimezzamento delle produzioni di mais nelle aree tropicali; diffusione di malattie tropicali nelle regioni temperate; incendi boschivi sempre più numerosi e violenti, anche nelle zone boreali; temporali più intensi e catastrofici; scioglimento di ghiacciai alpini e calotte polari; innalzamento del livello del mare; sbiancamento dei coralli e acidificazione degli oceani; dimezzamento della pesca globale. Il numero di rifugiati climatici aumenterà a causa di queste alterazioni. Con aumenti ancora superiori, le conseguenze per il pianeta sarebbero “sconosciute”, con potenziali minacce all’esistenza stessa dell’umanità. Di fronte a questo scenario, gli scienziati dell’Ipcc ritengono che sia essenziale stare entro la soglia di 1,5 gradi centigradi di riscaldamento e che questo target sia ancora raggiungibile. A condizione che…

L’articolo è tratto dal numero di Left in edicola


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