Il sindaco Marco Corrias racconta i progetti per far ripartire il centro dell'Iglesiente. C'è anche una casa di riposo diffusa gestita da una cooperativa comunitaria

Più che un ritorno a casa è “una finestra sul mondo”. Perché, spenti i riflettori che l’industria mineraria (all’avanguardia per tecnologia ma anche partecipazione politico sindacale negli anni 50 e 60) ha tenuto accesi sino alla chiusura, a Fluminimaggiore nell’Iglesiente, sono rimasti ricordi. In mezzo qualche timido tentativo per risollevare il paese destinato allo spopolamento. Marco Corrias ha deciso di provare ad aprire quella finestra. Dagli studi televisivi del Tg5 dove è stato capo redattore, oltre che inviato di Terra! (nel curriculum ci sono anche La Nuova Sardegna, Repubblica e Epoca) ha deciso di impegnarsi in prima persona e offrire una seconda chance al suo paese. Fluminimaggiore, 3mila abitanti a 25 chilometri di tornanti da Iglesias, nella Sardegna sud occidentale. Centro ex minerario immerso nel verde della macchia mediterranea a pochi chilometri dal mare, ricco di sorgenti e terreni fertili e un tempo di campi coltivati a mandorlo sardo , oltre che palestra attiva per attività politica e sindacale. «Nel periodo d’oro il partito comunista poteva contare sul sostegno di 500 tesserati, molti altri erano tesserati alla Dc e al Psi». L’altra faccia della politica era poi rappresentata dalle attività culturali. Come i murales che ancora oggi si possono trovare sui muri delle case e degli edifici pubblici. Alcuni sono stati restaurati altri realizzati ex novo da gruppi di artisti e giovani, seguendo il solco della tradizione lanciata dagli Imbrachinadoris. A giugno Marco Corrias (in pensione da qualche anno e «poca voglia di continuare la professione con altre formule») è diventato sindaco con il 62 per cento e con una squadra “che ha la voglia di guardare oltre”. «Sia chiaro non è un ritorno a casa perché a Flumini ci sono sempre tornato. Diciamo che è un impegno per ridare fiducia a un luogo che in passato ha visto benessere, cultura e partecipazione, ma che oggi sembra quasi destinato alla depressione».

Una immagine del museo di Su Zurfuru 

Nessuna retorica e neppure ruoli da primadonna. La parola d’ordine è quella di fare squadra, «un po’ come avviene nella fattura di un telegiornale o di un giornale. Ogni consigliere della maggioranza, oltre ai quattro assessori, ha un compito preciso e deve lavorare facendo gioco di squadra». Con tutto il paese impegnato giacché la parola condivisione e interazione sono diventate elemento necessario per governare. Punto di partenza la chat con gli abitanti. «È stata aperta durante la campagna elettorale, quando ho presentato il progetto. È stata utilizzata sino alle elezioni e poi è rimasta attiva, con trecento iscritti. È la bussola quotidiana». Un filo diretto con i cittadini in cui si segnalano alberi che cadono, buche nelle strade, disservizi. «Ci sono lamentele e suggerimenti. Diciamo pure che è un modo per rimanere collegati con gli abitanti. E capire, anche dalle lamentele, come si sta governando. Certo si può rimanere male quando a fine giornata , dopo che hai seguito mille cose e risolto parecchi problemi, leggi che c’è qualcuno che si lamenta. Ma fa parte del gioco». Il primo passo di un cammino che vuole valorizzare le ricchezze locali, molte delle quali lasciate in eredità dalle società minerarie. Una su tutte Arenas, villaggio ex minerario completamente ristrutturato e dove sarà allestita anche una stazione del cammino minerario di Santa Barbara e che il Comune vuole trasformare in area turistico ricettiva. Primo appuntamento l’apertura e l’organizzazione di eventi e manifestazioni per animare il vecchio villaggio. «Si tratta di un patrimonio importantissimo che non possiamo abbandonare. Il villaggio è stato ristrutturato e può essere utilizzato, si tratta di dare gambe alle idee». Oppure la miniera museo di Su Zurfuru all’ingresso del paese e visitata da centinaia di turisti ogni settimana e per cui l’amministrazione, di concerto con l’associazione che gestisce la struttura ha in programma eventi e manifestazioni culturali. «L’obiettivo è fare rete, sistema, mettere tutti assieme per studiare e trovare soluzioni. Anzi più che rete, comunità». Proprio attorno all’idea di comunità nasce la proposta appena lanciata: una coop di comunità per trasformare il paese in una grande casa di riposo diffusa per turisti benestanti. «L’idea è quella di coinvolgere i proprietari delle case e tutti gli abitanti interessati. Dagli artigiani agli operatori sociali, continuando con coloro che offrono servizi. Naturalmente l’intenzione è andare oltre la tradizionale casa di riposo». Piccoli alloggi, nelle seconde case, per nuclei di due, tre o quattro persone e una rete di servizi gestita dalla coop di comunità. «Ci stiamo lavorando. Si parte dal censimento delle seconde case e dalle attività produttive e di servizi presenti. Poi si decide». Senza poi dimenticare l’acqua e le numerose sorgenti presenti in paese. «Stiamo studiando il modo per trovare una formula di gestione condivisa con tutti gli abitanti. Anche in questo caso l’idea è di una cooperativa comunitaria o una formula che metta assieme pubblico in modo che ci sia una responsabilizzazione e un coinvolgimento di tutti gli abitanti». Partecipazione e lungimiranza. Per ripartire da Fluminimaggiore.