Aveva 32 anni, Violeta Senchiu. Il suo ex compagno l'ha bruciata viva. Per lei niente cortei, niente tweet, niente pornografia del dolore. Al di là del volume tutto intorno, le donne muoiono lo stesso

Aveva il nome di un fiore. Violeta. Violeta Senchiu. Quel cognome così cacofonico nella nazione di signori Rossi che tradisce subito l’odore di qualcuno che viene da fuori. Era rumena, Violeta, ma mica di quei rumeni che tornano utili per mungere percolato utile a innaffiare i piccoli e grandi razzismi. Violeta viveva da anni a Sala Consilina, sul confine tra Campania e Basilicata, aveva 32 anni, un compagno italiano, tre figli dai dieci ai due anni, “seria e lavoratrice” dicono di lei i suoi compaesani con quelle formulette che stanno sui morti come i fiori di plastica sui marmi delle tombe e una vita normale senza nessun appiglio per i benpensanti. Una di noi, Violeta. E poi, pensateci bene, ormai i rumeni hanno superato la graticola della razza da un bel pezzo: senza rumeni saremmo una nazione senza verande, balconi, case risistemate, pavimenti puliti e nonni accuditi. Troppo utili i rumeni per essere altro ormai.

Il convivente, Gimino Chirichella sabato scorso è uscito di casa di buona lena, ha riempito delle taniche di benzina, è tornato a casa e ha bruciato Violeta e un bel pezzo di appartamento. Nell’esplosione provocata dalle fiamme lei è finita inghiottita dal fuoco e perfino lui è rimasto ferito come succede quando l’odio straripa e diventa cieco. I bambini stavano giocando, fuori, sul piazzale, hanno sentito le urla e annusato il fumo.

Ha sofferto, Violeta, come si soffre quando si muore incollati sul letto nel centro grandi ustionati dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. Lui, il convivente, ha avuto problemi con la giustizia: violenza sessuale, droga e esplosivi nel curriculum. All’inizio aveva raccontato che era stato un incidente domestico, In fondo ha ragione: l’incidente domestico che uccide la maggior parte delle donne in Italia sono gli assassini che condividono lo stesso tetto e tengono le chiavi dell’ingresso in tasca.

Non ci sono fiori sul luogo dove Violeta è stata uccisa. Ci sono due bottiglie d’acqua, di quelle usate per provare a alleviare il dolore mentre si aspettavano i soccorsi e un lumino, uno solo, che non è nemmeno stato acceso. La notizia è finita in sordina, come quegli accidenti che alla stampa tocca stancamente riportare: un’interruzione d’energia elettrica, un furto in stazione, un incidente, una donna bruciata. È terrificante e sorprendente come non abbiate letto in giro di Violeta, vero?

Niente cortei, niente tweet, niente scontri ideologici sulla pelle delle donne, niente pornografia del dolore. Un solo dato certo: al di là del volume tutto intorno le donne muoiono lo stesso. Ma non servono. In fondo se fosse rimasta nel suo Paese tutto questo non le sarebbe successo. Colpa sua.

Buon giovedì.