Per recuperare consensi a sinistra, e arginare gli xenofobi, puntiamo su un’Unione europea sociale. Parla Katja Kipping, leader della Linke: «È assurdo credere di poter affrontare da soli, su un piano nazionale, il cambiamento climatico o le sfide poste delle migrazioni»

Incontriamo Katja Kipping, classe 1978, nel suo ufficio al Bundestag. Nata nella Germania dell’Est, nonostante l’età, Kipping ha un curriculum di tutto rispetto: in Parlamento dal 2005, guida la Linke dal 2012, riconfermata già negli scorsi tre congressi. È una fase delicata, per la Germania, con l’annuncio di Angela Merkel di non ricandidarsi, e per la sinistra tedesca.

Frau Kipping, cominciamo con Germania. Le elezioni in Baviera e in Assia sono state un terremoto politico: Cdu/Csu e Spd in crisi, i Verdi volano, la Linke non sembra approfittare della situazione.
La Linke cresce, nelle urne e tra gli iscritti, in particolare tra i giovani. Tuttavia anch’io sono impaziente, penso che dovremmo crescere di più. All’inizio di quest’anno ho proposto una strategia perché la Linke diventasse più grande. Puntavo al 15%. E questo non è ancora successo.

Perché?
I Verdi approfittano molto meglio di noi della crisi della socialdemocrazia. Appaiono più capaci di noi di imporre il loro programma in una coalizione al governo e di fermare il populismo di Alternativ für Deutschland. Ecco perché dobbiamo continuare a combattere per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone e per questo è necessario un cambio dei rapporti di forza nel Paese. Dobbiamo essere in grado di…

L’intervista di Fernando D’Aniello a Katja Kipping prosegue su Left in edicola dal 16 novembre 2018


SOMMARIO ACQUISTA