I treni della negazione dei diritti delle donne hanno tutti i posti a sedere occupati, hanno i vagoni stracolmi di discriminazione, e la direzione di marcia la impartiscono le organizzazioni criminali antiabortiste. La Ue, dal canto suo, così apparentemente solerte nel mostrare attenzione alla salute degli europei tanto da emanare una direttiva che vieta la “pericolosissima” cottura della pizza margherita nel forno a legna, non ha mai emanato una direttiva che obblighi gli Stati membri ad assicurare la presenza di consultori, o di strutture similari, in misura sufficiente a consentire la tutela dei diritti sulla sessualità e sulla riproduzione. Nel settembre del 2013 il Parlamento europeo bocciò la Relazione sui diritti sessuali e riproduttivi presentata dalla parlamentare portoghese Estrela, grazie anche alla astensione dei parlamentari cattolici del Pd. La Risoluzione Estrela avrebbe consentito alle donne dell’Ue di poter contare su una tutela legislativa in tema di gravidanze indesiderate con accesso alla contraccezione e all’aborto sicuro e legale. Due anni dopo, nel 2015, è stato presentato dall’eurodeputato belga Tarabella, il Rapporto sull’eguaglianza tra donne e uomini, che è stato approvato. La Risoluzione Tarabella segna un passaggio importante perché ha qualificato formalmente l’aborto come un diritto, ma di fatto è stata neutralizzata dall’approvazione di un emendamento secondo il quale, in materie legate alla vita, al matrimonio e alla famiglia in generale, la competenza legislativa rimane nella autonomia degli Stati. L’interruzione di gravidanza in Italia, regolamentata dalla legge 194/78, trovava una precedente cornice attuativa nella legge 405/75 istituiva dei consultori familiari. La Legge 194/78, nel regolamentare l’interruzione di gravidanza, richiamava espressamente la legge istitutiva dei consultori, affidando a queste strutture socio-assistenziali-sanitarie il compito di dare supporto alla procreazione consapevole e alla scelta della interruzione. Attorno ai consultori, da quel momento, si è concentrata la guerra repressiva contro l’autodeterminazione femminile, consentendo alle organizzazioni antiabortiste di infiltrarsi per condizionare le scelte, negando alle donne il riconoscimento della capacità di decidere del proprio corpo. È un dato acquisito quello secondo il quale il controllo sociale si ottiene con il controllo di tutti i processi che regolano i comportamenti umani, sia individuali che collettivi, e siccome la sessualità costituisce uno degli aspetti preminenti delle società umane, il controllo della sessualità femminile ha come risultante il controllo dell’intera società. Tutte le società umane hanno codificato la vita sessuale, e le strutture di potere sono sempre passate attraverso il controllo della sessualità, femminile in prima istanza e maschile per conseguenza. La attuale recrudescenza delle spinte repressive contro la sessualità femminile, sono in effetti la conferma che il potere, politico ed economico, evidentemente non riesce poi così bene a controllare le masse, e vuole ripristinare un presunto ordine sociale attraverso quella che ritiene sia la modalità più consolidata, ovvero la negazione dei diritti femminili. Le associazioni antiabortiste cosiddette pro-vita che si infiltrano nei consultori, sono le stesse che, per intenderci provengono da quelle formazioni politiche che hanno legiferato il finanziamento di campi di concentramento per minori in territorio straniero, e che dichiarano, peraltro, di muoversi in adesione alle aspettative delle caste sacerdotali verso le quali si mostrano prone. Ma c’è un dato che, in prospettiva di contrasto, i fondamentalisti non hanno considerato, ovvero che quando si è raggiunta la consapevolezza di un diritto, non si è disposti a cederlo e che la repressione sessuale, attuata con la chiusura dei consultori o con la limitazione di quelli funzionanti, attuata anche con la complicità di donne malate di patriarcato, potrà essere un boomerang. L’avvocato Carla Corsetti è segretaria nazionale di Democrazia atea e fa parte del coordinamento nazionale di Potere al popolo. [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

La riflessione di Carla Corsetti è tratta da Left in edicola dal 23 novembre 2018

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I treni della negazione dei diritti delle donne hanno tutti i posti a sedere occupati, hanno i vagoni stracolmi di discriminazione, e la direzione di marcia la impartiscono le organizzazioni criminali antiabortiste. La Ue, dal canto suo, così apparentemente solerte nel mostrare attenzione alla salute degli europei tanto da emanare una direttiva che vieta la “pericolosissima” cottura della pizza margherita nel forno a legna, non ha mai emanato una direttiva che obblighi gli Stati membri ad assicurare la presenza di consultori, o di strutture similari, in misura sufficiente a consentire la tutela dei diritti sulla sessualità e sulla riproduzione. Nel settembre del 2013 il Parlamento europeo bocciò la Relazione sui diritti sessuali e riproduttivi presentata dalla parlamentare portoghese Estrela, grazie anche alla astensione dei parlamentari cattolici del Pd. La Risoluzione Estrela avrebbe consentito alle donne dell’Ue di poter contare su una tutela legislativa in tema di gravidanze indesiderate con accesso alla contraccezione e all’aborto sicuro e legale. Due anni dopo, nel 2015, è stato presentato dall’eurodeputato belga Tarabella, il Rapporto sull’eguaglianza tra donne e uomini, che è stato approvato. La Risoluzione Tarabella segna un passaggio importante perché ha qualificato formalmente l’aborto come un diritto, ma di fatto è stata neutralizzata dall’approvazione di un emendamento secondo il quale, in materie legate alla vita, al matrimonio e alla famiglia in generale, la competenza legislativa rimane nella autonomia degli Stati. L’interruzione di gravidanza in Italia, regolamentata dalla legge 194/78, trovava una precedente cornice attuativa nella legge 405/75 istituiva dei consultori familiari. La Legge 194/78, nel regolamentare l’interruzione di gravidanza, richiamava espressamente la legge istitutiva dei consultori, affidando a queste strutture socio-assistenziali-sanitarie il compito di dare supporto alla procreazione consapevole e alla scelta della interruzione. Attorno ai consultori, da quel momento, si è concentrata la guerra repressiva contro l’autodeterminazione femminile, consentendo alle organizzazioni antiabortiste di infiltrarsi per condizionare le scelte, negando alle donne il riconoscimento della capacità di decidere del proprio corpo. È un dato acquisito quello secondo il quale il controllo sociale si ottiene con il controllo di tutti i processi che regolano i comportamenti umani, sia individuali che collettivi, e siccome la sessualità costituisce uno degli aspetti preminenti delle società umane, il controllo della sessualità femminile ha come risultante il controllo dell’intera società.
Tutte le società umane hanno codificato la vita sessuale, e le strutture di potere sono sempre passate attraverso il controllo della sessualità, femminile in prima istanza e maschile per conseguenza. La attuale recrudescenza delle spinte repressive contro la sessualità femminile, sono in effetti la conferma che il potere, politico ed economico, evidentemente non riesce poi così bene a controllare le masse, e vuole ripristinare un presunto ordine sociale attraverso quella che ritiene sia la modalità più consolidata, ovvero la negazione dei diritti femminili. Le associazioni antiabortiste cosiddette pro-vita che si infiltrano nei consultori, sono le stesse che, per intenderci provengono da quelle formazioni politiche che hanno legiferato il finanziamento di campi di concentramento per minori in territorio straniero, e che dichiarano, peraltro, di muoversi in adesione alle aspettative delle caste sacerdotali verso le quali si mostrano prone. Ma c’è un dato che, in prospettiva di contrasto, i fondamentalisti non hanno considerato, ovvero che quando si è raggiunta la consapevolezza di un diritto, non si è disposti a cederlo e che la repressione sessuale, attuata con la chiusura dei consultori o con la limitazione di quelli funzionanti, attuata anche con la complicità di donne malate di patriarcato, potrà essere un boomerang.

L’avvocato Carla Corsetti è segretaria nazionale di Democrazia atea e fa parte del coordinamento nazionale di Potere al popolo.

La riflessione di Carla Corsetti è tratta da Left in edicola dal 23 novembre 2018


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