È una contemporanea legge del taglione solo che qui non si cavano occhi e nemmeno denti ma a marcire è il dibattito pubblico, la politica e quindi a scendere anche l’atmosfera sociale e civile: la lunga catena del “e allora *” (dove al posto dell’asterisco in base alle occasioni ci può stare “e allora il Pd”, “e allora il M5s” o “e allora Salvini” o “e allora” qualsiasi avversario vi possa venire in mente) è lievitata in queste ore dopo il servizio de Le Iene sul dipendente del padre di Luigi Di Maio che afferma di avere lavorato in nero nell’azienda di famiglia.
A seguito della notizia si è scatenata festante la ridda di insulti, di patetiche difese, di contraccuse, di volgarità e di rivendicazioni che ha trasformato l’agone politico in una tempesta perfetta di caciara con una rilevanza politica che rasenta lo zero ma riempie le pagine dei giornali e dei social mentre tutto intorno scorre il mondo. Da una parte ci sono quelli che denunciano l’imbarbarimento dello scontro e nel mentre imbarbariscono la disputa aizzando i loro per vendicare gli affronti subiti; dall’altra ci sono quelli che per difendersi riesumano altri comportamenti e altri argomenti (che nulla c’entrano) inventandosi una personale scala di gravità degli errori per cui dovremmo essere contenti che questi sbaglino allo stesso modo ma meno intensamente di quelli che c’erano prima di loro.
Un teatrino terrificante: se ritengo inaccettabile una modalità politica dei miei avversari non capisco perché dovrei rivendicare il diritto di praticarla come ristoro del danno subito. Mi sfugge il nesso. Immaginate qualcuno a cui abbiano rigato l’auto che si fa riprendere in diretta Facebook mentre ci spiega quanto sia incivile trovarsi la propria auto vandalizzata e nel mentre scalpella tutte le auto in fila. Si ritiene vergognoso attaccare politicamente qualcuno rovistando tra le azioni dei suoi famigliari? Almeno tenete la linea. Chiarite che non è un agone che vi interessa ma poi non buttatevi, vi prego.
Perché mentre si banalizza il tutto (e ovviamente si prosegue nell’opera di imbarbarimento generale semplicemente cambiando la direzione della colata di bile) c’è un ministro dell’interno (non suo cugino) che guida la ruspa per un abbattimento come un adolescente e finge di non essere a capo di quel partito che ieri è stato condannato anche in appello su 49 milioni di euro di soldi pubblici spariti. C’è una manovra finanziaria che è oggetto di contesa con l’Europa e si avvita su un dialogo di cui sembra impossibile conoscere i termini esatti. C’è una questione enorme, come quella del primato della politica o dell’economia, su cui sarebbe interessante ascoltare pareri diversi e possibilmente preparati e c’è una bella fetta di Paese disgustata dal chiasso che anela a un po’ di serietà, da parte di tutti.
E noi qui, ancora, a rispondere a qualche “e allora gli altri” che arriva puntuale come prima e unica giustificazione. Che miseria.
Buon martedì.