La dissidente pentastellata Paola Nugnes denuncia l’impianto repressivo del decreto Sicurezza, che ha scelto di non votare. E le contraddizioni del governo. «Se l’Ilva andava salvata perché dà lavoro a 10mila persone, perché non si pensa che lo Sprar forniva reddito a 12mila operatori?»

«La questione della sicurezza non si può risolvere con uno Stato di polizia», dice Paola Nugnes, architetta napoletana, senatrice “ortodossa” del M5s. Di certo è una dei pochi parlamentari a chiudere un «percorso di autocensura» su certi temi e denunciare anche il giro di vite repressivo contro i movimenti sociali contenuto nel decreto Salvini.

«Noi facemmo un’opposizione durissima al decreto Minniti-Orlando e Salvini fa peggio – chiarisce la senatrice -. Noi ci siamo opposti prima e non ora. È un segnale culturale molto grave anche aver messo insieme sicurezza e immigrazione. Non è un tema contrattabile, su cui posso dire “te lo faccio passare così tu mi dai un’altra cosa”: è il disegno di una società orribile, esattamente l’opposto di una di società inclusiva, accogliente, che esalta le differenze e le contaminazioni. Al contrario, è una società autarchica, chiusa, che respinge, ha paura e si arma, si è pensato perfino a un bonus per le inferriate».

«Credo che i miei si sarebbero dovuti opporre – ribadisce Nugnes -, come hanno saputo fare in altre occasioni. Non ho partecipato al voto di fiducia, facendo una netta dichiarazione contraria al decreto legge, tuttavia…

L’intervista di Checchino Antonini a Paola Nugnes prosegue su Left in edicola dal 30 novembre 2018


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