Gli stranieri che perderanno il permesso di soggiorno a causa del decreto Sicurezza sono la preda perfetta per le organizzazioni criminali che fanno affari col caporalato. Per di più il ministro dell’Agricoltura Centinaio continua a ignorare le situazioni di sfruttamento nei campi

«Il decreto Salvini ha dato il via alla lotta alle agromafie». Così si esprimeva il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio ad inizio ottobre. Un’affermazione incoraggiante, che evidenzierebbe almeno un merito tra l’inventario di conseguenze nefaste e disumane del provvedimento targato Viminale. Peccato che sia vero il suo esatto contrario.

A dirlo sono i sindacalisti impegnati in prima linea contro il caporalato e gli analisti che da anni studiano il fenomeno. Non solo nega diritti fondamentali a chi fugge da guerre e dalla fame, depotenzia l’accoglienza virtuosa degli Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), aumenta gli irregolari e il disagio sociale, prolunga l’attesa per ottenere la cittadinanza, limita il diritto di manifestazione col reato di blocco stradale (checché ne pensino i fan pentaleghisti dei gilet d’oltralpe): il decreto Sicurezza offre anche un incredibile assist alle cosche che fanno affari in agricoltura. In particolare a quelle straniere.

«Il decreto Salvini fa un favore enorme al caporalato, perché eliminando la protezione umanitaria e smantellando gli Sprar alimenterà una fortissima concentrazione di persone in condizioni che definirei “subumane”, in una cornice di privazione dei diritti. Nei ghetti, oppure ammassate nei Cara», spiega Leonardo Palmisano, etnografo e saggista, docente di Sociologia urbana al Politecnico di Bari. «Queste persone – spiega – si troveranno facilmente sottoposte al ricatto del sistema dei caporali. Che opera, ogni giorno di più, sotto al controllo severo della mafia nigeriana dell’Ascia nera». Una mafia che si sta diffondendo in quelle zone più a rischio d’Italia dove lo sfruttamento del lavoro bracciantile è più esasperato, come ad esempio in Calabria o nel Gargano.

«L’Ascia nera (Black axe, ndr), che ha una straordinaria capacità di soddisfare anche il mercato dello spaccio e della prostituzione, è in espansione, e ha ottimi rapporti con il clan dei Romito a Foggia, con la ‘ndrangheta a San Ferdinando, ma anche a Ballarò con Cosa nostra. A Castelvolturno sono arrivati addirittura a scacciare i casalesi», spiega l’autore di Mafia caporale e di Ghetto Italia (con Yvan Sagnet), che su questa particolare organizzazione criminale con base in Africa ha da poco chiuso un nuovo libro, in uscita nei prossimi mesi.

Insomma, il ministro della ruspa, col suo provvedimento fiore all’occhiello, indirettamente rifornisce bacini di persone disperate, facili prede dei racket malavitosi. E la mafia nigeriana ringrazia. Niente male, per…

L’inchiesta di Leonardo Filippi prosegue su Left in edicola dal 14 dicembre 2018


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