Fino a ieri siamo a 63 suicidi nelle carceri italiane. Per favore, niente gare con i suicidi degli altri, anche se vanno di moda, dai, no. 63 suicidi in carcere non si vedevano dal 2011: sono stati 53 nell’anno scorso, 45 nel 2016 e 43 nel 2015. Se è vero come scriveva Fëdor Dostoevskij che “il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni” allora forse sarebbe il caso di aprire una riflessione sul fatto che in carcere si suicida una persona ogni 950 mentre tra le persone libere siamo a 6 ogni 100mila. Diciannove volte di più.
“Più cresce il numero dei detenuti – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – più alto è il rischio che essi siano resi anonimi. L’alto numero delle persone recluse aumenta il rischio che nessuno si accorga della loro disperazione, visto che lo staff penitenziario non cresce di pari passo, anzi. I suicidi non si prevengono attraverso pratiche penitenziarie (celle disadorne o controlli estenuanti) che alimentano disperazione e conflitti. Né si prevengono prendendosela con il capro espiatorio di turno (di solito un poliziotto accusato di non sorvegliare il detenuto in modo asfissiante). Va prevenuta la voglia di suicidarsi più che il suicidio in senso materiale”. L’associazione Antigone da sempre si occupa degli ultimi, per di più colpevoli. Pensate come siano poco di moda gli ultimi e colpevoli di questi tempi.
Quelli di Antigone però oltre a certificare i numeri si occupano da sempre anche di trovare soluzioni e tra le soluzioni alla disperazione hanno il coraggio di pronunciare una parola che in quest’epoca ha il profumo della rivoluzione: “affettività”. Sembra incredibile, vero, avere il coraggio di esprimere un concetto del genere?
Per questo Antigone ha presentato ai componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica una proposta di legge che punta a rafforzare il sistema delle relazioni affettive, ad aumentate le telefonate, a porre dei limiti di tempo ai detenuti posti in isolamento.
Ci vuole coraggio a spiegare che chi viene trattato da bestia inevitabilmente reagirà da bestia, soprattutto oggi in cui la vendetta è vista come migliore e più veloce soddisfazione. Eppure devo ammettere che mi ha acceso un sorriso sapere che, come l’associazione Antigone, ci sia ancora tanta gente che prova a invertire i fattori del pensiero comune. Perché poi, pensateci, la ricetta torna utile mica solo per i carcerati ma anche per i moltissimi liberi che sono schiavi delle proprie situazioni e delle proprie condizioni.
È un manifesto sociale, questa proposta di legge.
Buon venerdì.