Gao Xingjian, premio Nobel per la letteratura, autore dal linguaggio pluridisciplinare, lancia un appello: «Gli intellettuali non possono cambiare il mondo ma possono creare opere universali che poi incidono nel cambiamento della società»

Gao Xingjian, letterato e artista pluridisciplinare, nel corso della sua lunga carriera ha spaziato dal romanzo alla poesia, passando per il teatro e la saggistica. Ha creato spettacoli teatrali sperimentali allestiti in varie parti del mondo e cine-poemi in cui ha ridefinito l’incontro tra linguaggio filmico e gesto plastico. Maestro nell’arte dell’inchiostro a china, le sue opere pittoriche sono esposte in gallerie e musei importanti in Europa e Asia.
Nato e vissuto in Cina al tempo di Mao, Gao Xingjian ha subito la rieducazione culturale trovando il coraggio di sfidare la censura e praticare clandestinamente la scrittura anche nei campi di rieducazione e di bruciare le proprie opere prima di essere scoperto. Personaggio di spicco dell’ambiente letterario e teatrale cinese dell’avanguardia tra la fine degli anni 70 e la prima metà degli anni 80, diventa drammaturgo del Teatro dell’arte del popolo a Pechino, il più importante teatro della Cina. A causa dei temi e dello stile innovativo delle sue opere, cade sotto la scure della censura, come bersaglio della campagna contro l’Inquinamento culturale. Per salvarsi dalle persecuzioni, chiede asilo politico in Francia, dove risiede dalla fine degli anni 80. Nel 2000 riceve il premio Nobel della letteratura. Negli ultimi venti anni, dedica vari scritti alla critica di tutte le ideologie, rivendicando la necessità di una letteratura e di un’arte libera dai condizionamenti tanto della politica che del mercato. Ormai giunto a quella che definisce la sua “quarta vita”, si è fatto promotore di un Appello per un nuovo Rinascimento delle arti e delle lettere. Presentato in forma di conferenza in varie parti del mondo è pubblicato adesso in italiano con altri saggi nel volume Per un nuovo Rinascimento (La Nave di Teseo, traduzione di Simona Gallo) e sarà riproposto il 4 luglio a La Milanesiana.
Incontro Gao Xingjian nel suo atelier nel cuore di Parigi, abitato dalle sue pitture in bianco e nero, intriso di un silenzio ovattato.
Appello per un nuovo Rinascimento evoca un periodo affascinante della storia dell’umanità e di quella dell’arte e della letteratura in particolare. Che cosa l’ha ispirato?
Alla fine del 2013 ho terminato di girare il film Le Deuil de la beauté (Compianto per la bellezza), in cui celebro la bellezza, scomparsa ai nostri giorni, attraverso la rievocazione del passato, in particolare del bel periodo del Rinascimento, caratterizzato dalla fioritura di una civiltà moderna diffusa in tutta Europa. Il film è stato proiettato per la prima volta al Festival degli scrittori a Singapore. Fu l’occasione per lanciare per la prima volta l’Appello per un nuovo Rinascimento. Da allora, l’ho presentato a Taiwan, Hong Kong, in Giappone, Francia, Inghilterra, Spagna, e anche in Italia. Esso costituisce la mia prima preoccupazione, in questi ultimi anni. Credo anche che si tratti di una conclusione delle mie attività artistiche in tutte le discipline. Ho incontrato molti amici, recentemente, soprattutto in Italia, che mi hanno detto: «È il momento di lanciare l’appello».
Nel libro lei parte dalla constatazione del declino della nostra società attuale globalizzata, in Occidente come in Oriente, e della necessità di un rinnovamento del pensiero. Non si rivolge, però, alla politica, ma agli artisti, per opporsi a tale declino. Che cosa si propone il nuovo Rinascimento?
Appello per un nuovo Rinascimento si rivolge agli artisti, agli scrittori e più in generale agli intellettuali, perché abbiamo bisogno di una nuova visione. Per un cambiamento sociale, è necessario innanzi tutto un nuovo pensiero. Com’è accaduto nel Rinascimento, dove un nuovo pensiero generato nel mondo dell’arte e delle lettere ha avuto un’eco nella società tutta, trasformandola profondamente. È per questo motivo che ritengo che debbano essere gli artisti e gli scrittori a lanciare e raccogliere l’appello.
Non è un appello politico, né è rivolto alla società in generale, poiché l’artista, lo scrittore, non può cambiare il mondo. Ho criticato questo genere di utopie nei miei libri precedenti. Sono temi che ho trattato anche nei saggi: Epilogo dell’epoca delle ideologie e Uscire dall’ombra del XX secolo. Credere che gli intellettuali potessero cambiare il mondo era la malattia del XX secolo. Tutte le ideologie, il marxismo come il liberalismo, applicate alla realtà sono diventate un incubo. Gli intellettuali possono però creare un pensiero nuovo. Si tratta in definitiva di fare un appello per il ritorno della bellezza, soffocata dalla politica, dalle logiche del mercato, dalle devastazioni dell’ecosistema. Questo, possono gli artisti. Una volta risvegliata una tale coscienza, sarà possibile uscire da tutte le costrizioni politiche, ideologiche e sociali. Nella creazione, se l’artista prende in mano la propria libertà, può fare tutto. Dante era in esilio, ha vissuto in un’epoca di orrori, che ha denunciato e rappresentato. È seguita la fioritura del Rinascimento, prima in Italia e poi nel resto dell’Europa. Ha portato alla modernizzazione. Adesso, invece, viviamo in un’epoca di declino.
Il Rinascimento aveva al centro una precisa dimensione dell’uomo idealizzata. Nelle sue opere lei combatte contro la visione di un uomo ideale rappresentato dalle varie ideologie politiche e anche da alcune visioni filosofiche. Quale visione dell’uomo è al centro del suo nuovo Rinascimento ?
Il mio Appello è un invito ad uscire da tutte le costrizioni ideologiche per affrontare la vera condizione esistenziale dell’essere umano nella nostra epoca. Da questo punto di vista, il nuovo Rinascimento si differenzia dall’umanesimo classico, fondato su una nozione dell’uomo ideale, che era bello, valoroso, in armonia con la natura. A quel tempo aveva senso poiché, per uscire dalle costrizioni della religione, era necessario ritornare all’uomo, attuando una liberazione del pensiero e della creazione artistica, perché non fosse più limitata alle opere a tema religioso, ma celebrasse la bellezza dell’uomo, della natura, e dell’uomo in armonia con la natura. Fu un ritorno alla vita. Ai nostri giorni, l’antico umanesimo classico non è sufficiente: dove si trova l’uomo ideale? Nella vita reale non esiste. Se si prendono in esame le vere condizioni esistenziali umane contemporanee, ci troviamo di fronte a individui fragili. Essi non solo devono affrontare numerose difficoltà rispetto alla società, ma sono anche attraversati da ogni sorta di turbamento interiore. Il mio appello si interessa e si rivolge direttamente a questi individui. La letteratura che auspico è al di là degli interessi immediati economici e politici. Una nuova conoscenza può derivare dall’affrontare non solo la società caotica, ma anche il caos interiore che costituisce la condizione dell’individuo contemporaneo. Per poterlo fare, ci vuole una mente risvegliata, occorre che l’artista possa osservare bene i problemi sociali e quelli individuali e trovare la libertà di esprimersi, mostrare, creare liberamente, senza condizionamenti.
È anche il fondamento per la creazione di quella che lei definisce la letteratura e le arti autentiche, contrapposte a quelle utilitarie nel suo saggio La letteratura e le arti non utilitarie?
L’arte, per me, supera gli interessi contingenti della politica, le ideologie, la morale, i giudizi di valore etici, le mode. Arte non utilitaria sono i capolavori pittorici, letterari, musicali che sussistendo tuttora, sono diventati patrimonio culturale per l’umanità intera. Opere in grado di comunicare a livello universale, senza frontiere. In ogni epoca, anche in condizioni molto dure, persino in società rette da dittature o in guerra, artisti dalla coscienza risvegliata hanno creato opere non utilitarie, autentiche. Shakespeare ha fatto uscire l’Inghilterra dall’ombra del Medio Evo. Cao Xuequin, autore del capolavoro Il sogno della camera rossa, è vissuto sotto l’Impero della dinastia Qinq, in cui la libertà di pensiero era soffocata. Il suo romanzo è la più grande opera della letteratura classica cinese, che ci illumina e nutre ancora adesso. Se guardiamo l’arte contemporanea, cosa può sopravvivere al tempo, che cosa varrà la pena di guardare o leggere ancora tra cento anni? Ai nostri giorni, se gli artisti non si accontentano di piegare la loro creazione a un interesse immediato politico o del mercato, e scelgono invece di guardare alla profonda natura umana, possono scrivere opere di valore, persino eterne, in grado di farci aprire gli occhi per osservare le vere condizioni difficili attuali e per gettare luce sull’avvenire.
Mentre ci salutiamo, pensando alle sue quattro vite, alla sua inflessibile pratica della libertà come condizione fondamentale per la creazione artistica e alla fragilità, mi tornano alla mente alcuni suoi versi che tradussi anni fa del poema Spirito errante e pensiero meditativo:
ora lontano dal mondo degli uomini
sei vicinissimo al cielo
e hai appena ottenuto la lucidità
ah ! Che leggerezza !contempli il mondo degli uomini
e tutti i suoi esseri viventi
vanno vengono
nel più grande caos
ignorando del tutto
l’immensa mano invisibile
che li manipola di tanto in tanto.

L’intervista di Simona Polvani al Nobel Gao Xingjian è stata pubblicata su Left del 26 giugno 2018


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