Dopo il via libera a Tap e Terzo valico, il sì all’Ilva, il condono edilizio, i fanghi tossici nel decreto Genova, i grillini rinnegano anche la loro biografia al capitolo No Triv. Mentre a Roma si rimangiano le promesse sullo stop alle svendite ai privati

«Da quando sono Ministro non ho mai firmato autorizzazioni a trivellare il nostro Paese e i nostri mari e mai lo farò», giura su Facebook il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. «Ma non dice che i suoi uffici invece hanno dato pareri positivi per le trivellazioni in Adriatico e ultimo alla Shell nell’area del parco di Lagonegrese, se il ministro pensa di non avere la responsabilità politica di ciò che i suoi uffici fanno allora siamo messi molto male», ribatte il verde Angelo Bonelli. «I permessi rilasciati in questi giorni dal Mise (dicastero in mano a Luigi Di Maio, ndr) sono purtroppo il compimento amministrativo obbligato di un sì dato dal ministero dell’Ambiente del precedente governo, cioè di quella cosiddetta sinistra “amica dell’ambiente”», si discolpa Costa. «È vero – incalza Bonelli – che le istanze vengono da lontano, ma si sono concluse in questi ultimi mesi e nessuno al governo ha verificato la conformità di queste con alcune disposizioni di legge, vedi la Via, o sono state introdotte modifiche alla legge per individuare zone dove garantire una moratoria dalle trivellazioni considerato che il punto dove sono state autorizzate le trivelle è passaggio strategico dei cetacei: ribadisco il M5s ha usato l’ambiente solo come strumento di propaganda elettorale. Ora il Re è nudo!».

Il botta e risposta tra il ministro Costa e l’ex segretario del Sole che ride è solo l’ultima schermaglia seguita alla denuncia, da parte del costituzionalista abruzzese e No Triv Enzo Di Salvatore, di una nuova concessione di coltivazione su terraferma e tre nuovi permessi di ricerca di gas e petrolio in mare e la proroga di una concessione già scaduta da anni.

«Di Maio dice che lui non ha autorizzato niente – spiega Di Salvatore – ma che un funzionario ha solo ratificato quello che aveva già deciso il precedente governo. Non è così. I tre permessi (più la concessione e la proroga della concessione) sono stati firmati dal suo ministero. Non dal funzionario, ma dal dirigente competente. Se questo governo non ha responsabilità politiche perché la firma su quei permessi ce l’ha messa un dirigente, allora neppure il governo precedente ha alcuna responsabilità politica per aver avviato i procedimenti come prevede la legge quando arriva una richiesta. Se invece si sostiene che il governo precedente sia politicamente responsabile per aver consentito l’avvio dei procedimenti allora lo è altrettanto il governo in carica per aver consentito che venissero firmati a dicembre i tre permessi per cercare idrocarburi nello Ionio». L’ultimo paradosso, segnalato da Di Salvatore, è che Di Maio si è detto contento che il governatore Emiliano faccia ricorso al Tar e che il Tar bocci quei permessi, rilasciati dal suo stesso ministero.

Insomma, dopo avere dato via libera a Tap e Terzo valico, dopo il sì all’Ilva, dopo aver votato e presentato norme come il condono edilizio, i fanghi tossici da spargere sui suoli agricoli con presenza di diossine, i grillini, versione di governo, rinnegano anche la loro biografia al capitolo No Triv. Proprio mentre a Roma, con un blitz d’aula, i pentastellati – Campidoglio edition – si rimangiano le promesse sullo stop alle privatizzazioni. Come quello appena finito, anche il nuovo anno inizia con storie di voltafaccia a cinque stelle.

Nel dettaglio fornito da Di Salvatore figura una nuova concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, denominata “Bagnacavallo”, in provincia di Ravenna, rilasciata alla società Aleanna Italia per la durata di 20 anni. Il progetto estrattivo prevede cinque pozzi (tre dei quali nuovi) proprio dove gli scienziati hanno stabilito che trivellare e prelevare idrocarburi peggiori la subsidenza, l’abbassamento del suolo. La concessione di coltivazione “San Potito”, contigua a Bagnacavallo, scaduta da anni, è stata prorogata per 15 anni in favore della Società Padana energia Spa. Anche in questo caso, il programma dei lavori prevede la realizzazione e la messa in produzione di cinque pozzi (due esistenti e tre nuovi). I tre permessi di ricerca interessano lo Ionio e sono stati rilasciati in favore della Società Global Med: si tratta dei permessi F.R 43.GM (729 kmq), F.R44.GM (744 kmq) e F.R45.GM (749,1 kmq). I permessi prevedono che la ricerca sia effettuata con la temibile tecnica dell’airgun (con un mezzo che genera onde compressionali emettendo bolle di aria compressa nell’acqua, molto rumorosa e ad alto impatto con effetti negativi del rumore sottomarino di origine antropica sui cetacei e sugli ecosistemi marini).

«Per ben sei mesi il governo non ha autorizzato alcuna ricerca petrolifera né alcuna (nuova) attività estrattiva – spiega Di Salvatore – ora ha ceduto. Il bello è che tutto ciò che si opponeva ai governi precedenti è riproposto dal governo attualmente in carica: il fatto che sia autorizzata la ricerca con l’airgun (prima il M5s avrebbe voluto che l’utilizzo di tale tecnica fosse reato ora nelle autorizzazioni il ministero specifica che “l’airgun è ad oggi considerata la tecnica più efficace per lo studio delle caratteristiche geologiche del sottosuolo marino, non solo ai fini della ricerca di idrocarburi ma anche a scopi scientifici e di protezione civile”, ndr); il fatto che siano prorogati titoli già scaduti (quando il governo Monti e il governo Renzi furono aspramente criticati proprio per questo); il fatto che il limite dei 750 kmq previsti dalla legge sia, nei fatti, aggirato dal momento in cui si accordano ad una stessa multinazionale due permessi contigui, ciascuno dei quali non è superiore ai 750 kmq (ma la somma fa quasi 1.500 kmq). E non si venga ora a dire che la responsabilità è dei governi precedenti: in sei mesi non è stata presentata alcuna proposta di legge in Parlamento (né il governo ha adottato in proposito un decreto-legge). L’unica proposta presentata si è concretizzata in un emendamento alla legge di stabilità (dichiarato poi inammissibile) con il quale si sarebbe voluto abrogare una previsione legislativa dello Sblocca Italia… già abrogato nel 2016! Sarebbe questo il cambiamento?».

«M5s negli anni scorsi ha cavalcato le proteste No Triv di comunità e ambientalisti – ricordano con il costituzionalista, anche Maurizio Acerbo ed Eleonora Forenza, rispettivamente segretario nazionale ed eurodeputata del Prc – ma ormai la retromarcia stile Tap è generalizzata. Lo scorso 21 dicembre il Consiglio dei ministri ha deliberato di costituirsi in difesa del permesso di ricerca “Masseria La Rocca” in provincia di Potenza della Rockhopper contro la Regione Basilicata e quindi contro il Comitato No Triv. Il governo del cambiamento ripropone pari pari la politica di Renzi e Gentiloni. Un bel regalo ai petrolieri: si all’airgun, proroga dei titoli già scaduti e aggiramento dei limiti. In sei mesi questo governo che ha tradito l’ambientalismo non ha approvato una sola norma per chiudere con la stagione precedente. Pensano solo a perseguitare immigrati ma quando si tratta di scontrarsi con potere economico se la fanno sotto».

A Roma, intanto, il 29 dicembre, con un’inversione dell’ordine dei lavori votato dalla maggioranza assoluta del M5s, la Giunta Raggi ha fatto discutere e approvare all’Aula Giulio Cesare (25 favorevoli e un contrario) la delibera 181/2018 (“La razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche di Roma Capitale di primo e secondo livello”) che contiene il piano di riorganizzazione delle aziende partecipate da Roma Capitale. Le principali novità riguardano soprattutto Roma Metropolitane e FarmaCap (azienda che gestisce le farmacie comunali, ndr). La precedente delibera Colomban prevedeva che a maggio 2012 alla partecipata rimanesse solo la progettazione della metro C (mentre tutte le restanti attività sarebbero andate a Roma Servizi per la Mobilità, ndr), invece nella revisione approvata viene indicato ottobre 2019 per la cessione dei rami d’azienda e per il processo di riassegnazione del continuo dei lavori della metro C. «La dismissione definitiva di diverse società partecipate di secondo livello non è conclusa e quindi siamo costretti a modificare le date entro le quali questo processo dovrà essere portato a termine», ha spiegato l’assessore al Bilancio e alle Partecipate, il livornese Gianni Lemmetti. In particolare, «per Aeroporti di Roma la cessione delle partecipazioni è già stata fatta, mentre per Centrale del Latte sono ancora in corso le trattative per la determinazione di un congruo valore di cessione».

Su Farmacap Lemmetti ha spiegato l’intenzioni della Giunta: «Valutiamo la conversione della società in società benefit, che agisce secondo le regole del mercato ma porta avanti uno scopo sociale, e che ci consentirebbe il mantenimento della società nel gruppo Roma Capitale e la non applicazione della normativa sulle aziende speciali. La condizione necessaria è l’equilibrio di bilancio. Comunque non c’è alcuna ipotesi di cessione delle farmacie, ma è prevista questa conversione dell’azienda per portare avanti farmacie e assistenza sociale». Un voltafaccia preparato in quattro giorni, festività comprese, «e senza nessun passaggio preliminare in Commissione, di fatto impedendo a consiglieri, cittadini e lavoratori, di leggere e poter intervenire per tempo, provando ad apportare correzioni. Un vero blitz istituzionale alla faccia della trasparenza e della coerenza», denunciano le Rsa di confederali e Usi che non hanno dimenticato le levate di scudi di Raggi, quando c’era Marino (Pd) sullo scranno di sindaco, a difesa di Farmacap come Azienda speciale pubblica che però ora si vuole tramutare in “società benefit”, «una nuova forma di privatizzazione di importazione statunitense», spiegano i sindacalisti tenuti rigorosamente all’oscuro da Lemmetti che a ottobre li aveva incontrati in Campidoglio guardandosi bene dal rivelare l’orientamento filoprivatizzazioni che la Giunta stava per definire anzi «negando l’esistenza di progetti di trasformazione societaria, e fantasticando di un futuro radioso per l’azienda. Il gioco ora è scoperto».

E ora cosa ne sarà dell’acqua pubblica che gli stessi personaggi ora al Campidoglio e a Palazzo Chigi hanno giurato di voler ripubblicizzare?