C’è stato l’aereo di Renzi, con tanto di filmatino funebre. Air Force Renzi, lo chiamavano, e ci hanno promesso che ne avrebbero fatto poltiglia. Anvedi il cambiamento, abbiamo pensato tutti. Hanno raso al suolo le case dei Casamonica. In realtà era il risultato di un percorso che andava avanti da anni, in collaborazione tra la sindaca di Roma e la Regione, ma il ministro dell’Interno ha impugnato la marcia della ruspa come se fosse un’alabarda spaziale e tutti abbiamo pensato “che duri, che fichi, finalmente”.
Ci hanno detto che i fannulloni funzionari ministeriali si divertono, oltre a non lavorare, a cambiare di notte i decreti del governo. L’avevamo sempre sospettato. Che odiosi quei privilegiati strapagati con il posto fisso nel cuore del potere. Non ci hanno detto di chi era la manina. Ma fa niente.
Hanno fatto il pieno con gli stranieri stupratori. Poi in realtà alcuni li hanno assolti. Tutto inventato. Anvedi che pugno duro però, ahò.
Ci hanno elencato portata per portata, la cena dei Benetton per dirci del ponte Morandi crollato a Genova. Finalmente qualcuno che fa i nomi e i cognomi, abbiamo pensato, addirittura che ci illustra il menù. Che forza.
Hanno detto che la domenica tutti i negozi sarebbero rimasti chiusi (ve li ricordate i negozi chiusi?) e noi abbiamo pensato finalmente qualcuno che assume posizioni impopolari, giorni e giorni a parlarne. Niente. Non se ne sa più niente.
Il ministro dell’Interno ha parlato degli ultrà e della sicurezza negli stadi. Anzi, mica della sicurezza: dei buu contro i negri che sono normale atteggiamento sportivo. Giorni e giorni a parlarne. Ha addirittura convocato i tifosi (“però”, abbiamo pensato): non si è presentato nessuno.
L’ultima boutade ieri: Lino Banfi all’Unesco per portare il sorriso in mezzo ai troppi puri laureati che inquinano il mondo.
E mentre noi ci facciamo dettare l’agenda dalle cazzate, in fondo, si muove la ferocia contro gli ultimi, l’isolamento internazionale e non si riesce a sapere esattamente se il Paese in cui viviamo sia pronto al boom economico favoleggiato da Di Maio o alla recessione che, tra gli altri, è scappata sempre a Di Maio.
La prima opposizione che possiamo mettere in atto è affilare l’attenzione. Non farci dettare l’agenda da questa compagine d’avanspettacolo e rimanere sulle domande che riteniamo giuste. Pretendere risposte. Non entrare nella combriccola che si dà di gomito e non si accorge che mentre Lino Banfi impazza altri disperati, ancora, vengono buttati in mezzo alla strada. Perché questi non ce l’hanno con i neri. Odiano i disperati che sporcano la loro narrazione. E la disperazione, ahimé, arriva per tutti.
Buon giovedì.