A oltre due anni dal sisma del 30 ottobre 2016, che causò 25mila sfollati nelle Marche, intere comunità restano polverizzate. A Muccia le costosissime Soluzioni abitative di emergenza mostrano gravi problemi strutturali. Mentre a Tolentino la ricostruzione resta un miraggio

«Non studio non lavoro non guardo la tv, non vado al cinema non faccio sport»: Lorenzo, alla domanda su come viva la sua condizione di terremotato, risponde citando una vecchia canzone dei Cccp. La sua famiglia è dispersa, chi a Selva di Val Gardena, chi a Camerino, chi ancora negli alberghi sulla costa. A Muccia, 50 chilometri da Macerata, davanti alla tenda di plastica che cerca di tenere fuori il gelo dal bar, ora ospitato in un prefabbricato, la gente si incontra, fuma una sigaretta, scambia due parole sotto il sole freddo di gennaio, prima di ripartire. Per un impegno, un’occupazione, qualunque cosa purché lontano da qui, dove non c’è più niente.
Sono passati più di due anni dal 30 ottobre 2016, quando un sisma di magnitudo 6,5 sulla scala Richter ha provocato 25mila sfollati nelle Marche, dove interi paesi dell’Appennino sono stati distrutti dalla scossa più forte che avesse attraversato il nostro Paese dai tempi del terremoto dell’Irpinia del 1980. La terra in Centro Italia tremava dal 24 agosto, quando il terremoto aveva sorpreso Amatrice di notte, radendola al suolo; e di nuovo il 26 ottobre, dove aveva attaccato Visso e messo in ginocchio il maceratese. «Il terremoto ci ha telefonato», dicono i marchigiani alludendo al fatto che, spaventati, hanno avuto modo di mettersi in salvo. Ma anche in assenza di vittime, la situazione resta desolante: lo sciame sismico del 2016 ha coinvolto 87 comuni nelle Marche. O forse, proprio perché qui non si sono contati i morti, il terremoto non ha fatto audience ed è stato presto dimenticato. Poco importa se i suicidi aumentano, il consumo di psicofarmaci è alle stelle e gli anziani, lontani da casa, muoiono prematuramente.
Il paesaggio sembra cristallizzato ai giorni dell’emergenza, come una ferita cauterizzata ma mai curata davvero. A Muccia il 94% del territorio è danneggiato e dei circa 940 abitanti una parte sta nelle 164 Sae, le Soluzioni abitative di emergenza, mentre gli altri si sono arrangiati con i contributi di autonoma sistemazione, o ancora languiscono negli hotel al mare. E la ricostruzione?…

(foto di Stefano Stranges)

Il reportage di Federica Tourn e Stefano Stranges prosegue su Left in edicola dall’1 febbraio 2019


SOMMARIO ACQUISTA