Dicono che la mail sia partita per errore. Può essere, per carità. È piuttosto oggettivo però che le mail non si scrivano da sole e quindi qualcuno l'ha scritta e probabilmente ha pensato bene anche prima di scriverla e potrebbe essere che ci abbia fatto sopra una grassa risata con qualche collega. Quelle belle risate che sbrodolano rabbia, quelle razziste. E infatti, il finale, dopo ci arriviamo, è sempre quello. La storia la racconta Erminia Muscolino, 30 anni, di Muscarazzi, Palermo, biologa pronta a specializzarsi in biotecnologia medica e medicina molecolare: «Prima di terminare un altro corso di alta formazione in ricerca chimica missione Cra che sto seguendo - ha detto la giovane - ho mandato vari curricula in centri in Italia che si occupano di ricerca clinica fra cui uno l'ho spedito in provincia di Pordenone in Fvg, naturalmente essendo disponibile ad andare fuori anche a titolo gratuito, e per sbaglio ho ricevuto una risposta da questa struttura dove c'era scritto: "giù ricevuta anche io…. Figurati se andiamo a prendere una da Palermo". Era una comunicazione interna arrivata a me per errore come ho potuto appurare essendo la mail indirizzata ad un'altra persona ma che faceva riferimenti alla mia richiesta». Erminia non l'ha presa benissimo, ovviamente, e ha voluto che questa storia si raccontasse in giro il più possibile. Ovviamente. Quelli si sono scusati dicendo che si è trattato di un errore e ovviamente si dissociano dal contenuto. Come vi dicevo prima: queste storie di razzistelli finiscono sempre con qualcuno che frigna di codardia e non ha nemmeno il fisico per tenere il ruolo. Ma l'insegnamento vero è un altro. Noi ora crediamo di vivere in un Paese dove si odiano i negri. Ma non è vero. Ora sono i negri. Ieri e domani i negri sono i terroni. Poi l'odio avrà sempre più fame perché da sempre l'odio ha sempre fame e alla fine verranno a toccare qualcuno vicino a noi, non addirittura qualcuno di noi. E lì sarà troppo tardi accorgersi che le radici velenose danno frutti mortiferi. Buon mercoledì.

Dicono che la mail sia partita per errore. Può essere, per carità. È piuttosto oggettivo però che le mail non si scrivano da sole e quindi qualcuno l’ha scritta e probabilmente ha pensato bene anche prima di scriverla e potrebbe essere che ci abbia fatto sopra una grassa risata con qualche collega. Quelle belle risate che sbrodolano rabbia, quelle razziste. E infatti, il finale, dopo ci arriviamo, è sempre quello.

La storia la racconta Erminia Muscolino, 30 anni, di Muscarazzi, Palermo, biologa pronta a specializzarsi in biotecnologia medica e medicina molecolare:

«Prima di terminare un altro corso di alta formazione in ricerca chimica missione Cra che sto seguendo – ha detto la giovane – ho mandato vari curricula in centri in Italia che si occupano di ricerca clinica fra cui uno l’ho spedito in provincia di Pordenone in Fvg, naturalmente essendo disponibile ad andare fuori anche a titolo gratuito, e per sbaglio ho ricevuto una risposta da questa struttura dove c’era scritto: “giù ricevuta anche io…. Figurati se andiamo a prendere una da Palermo”. Era una comunicazione interna arrivata a me per errore come ho potuto appurare essendo la mail indirizzata ad un’altra persona ma che faceva riferimenti alla mia richiesta».

Erminia non l’ha presa benissimo, ovviamente, e ha voluto che questa storia si raccontasse in giro il più possibile. Ovviamente. Quelli si sono scusati dicendo che si è trattato di un errore e ovviamente si dissociano dal contenuto. Come vi dicevo prima: queste storie di razzistelli finiscono sempre con qualcuno che frigna di codardia e non ha nemmeno il fisico per tenere il ruolo.

Ma l’insegnamento vero è un altro. Noi ora crediamo di vivere in un Paese dove si odiano i negri. Ma non è vero. Ora sono i negri. Ieri e domani i negri sono i terroni. Poi l’odio avrà sempre più fame perché da sempre l’odio ha sempre fame e alla fine verranno a toccare qualcuno vicino a noi, non addirittura qualcuno di noi. E lì sarà troppo tardi accorgersi che le radici velenose danno frutti mortiferi.

Buon mercoledì.