Non c’è solo Pillon, e il disegno di legge sull’affido condiviso che punta a smantellare i diritti delle donne, e dei bambini, conquistati negli ultimi quarant’anni. Le libertà individuali e il riconoscimento dei diritti civili sono sotto attacco da più fronti. Dal 29 al 31 marzo Verona ospiterà, per la prima volta in Italia, il XIII Congresso mondiale delle famiglie che, come si legge nel sito ufficiale, è «un importante evento pubblico internazionale che cerca di unire i leader, le organizzazioni e le famiglie per affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come l’unica unità fondamentale della società». «Nel 2018 - ricordano gli organizzatori - il Congresso è stato ospitato dal presidente moldavo Igor Dodon, e nel 2017 a Budapest dal primo ministro Viktor Orban». Tra gli ospiti italiani confermati ci sono il ministro dell’interno Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia e la disabilità Lorenzo Fontana, il governatore della Regione Veneto Luca Zaia, mentre l’adesione del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, data per confermata in un primo momento, risulta essere al momento incerta. Scorrendo la lunga lista dei relatori si scopre inoltre la partecipazione del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e di don Aldo Buonaiuto, il sacerdote che ha accusato Virginia Raffaele di aver invocato Satana in uno dei suoi sketch all’ultimo festival di Sanremo. Ma c’è di più. Se la scelta della città veneta come sede del Congresso risulta coerente con l’impostazione ideologica dell’evento - dato che negli ultimi mesi Verona è diventata una testa d’ariete contro la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza con l’approvazione di una mozione contro l’aborto poi copiata da altre città italiane - quello che desta preoccupazione è la concessione del patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri, della Regione Veneto e della Provincia di Verona all’evento. «Innanzitutto è doveroso sottolineare la presenza al Congresso di ben tre ministri della Repubblica, Matteo Salvini, Lorenzo Fontana e Marco Bussetti. È un fatto senza precedenti nell’Europa occidentale - precisa Yuri Guaiana, presidente dell’associazione Certi diritti, tra i primi a segnalare la vicenda e curatore del libro Il lungo inverno democratico nella Russia di Putin (Diderotiana editrice) -. È inoltre inaccettabile vedere il sigillo della presidenza del Consiglio dei ministri affiancato al programma di un evento che prevede, tra gli altri, gli interventi di personaggi che si sono esposti apertamente per la criminalizzazione dell’omosessualità e dell’aborto». Come ricorda Guaiana, al congresso interverranno «personalità note per le loro posizioni antiabortiste e sostenitrici della famiglia tradizionale come il russo Dmitri Smirnov, presidente della Commissione patriarcale per la famiglia e la maternità che ha lo scopo di consigliare la Duma, il Parlamento russo, e di aiutare il presidente Vladimir Putin a sviluppare politiche in linea con le indicazioni della chiesa ortodossa, mentre il presidente moldavo Igor Dodon ha espresso più volte posizioni decisamente omofobe». Sono inoltre previsti gli interventi di Theresa Okafor, attivista nigeriana tra le proponenti delle legge del 2014 che criminalizza le relazioni tra persone dello stesso sesso e di Lucy Akello, ministro ombra per lo Sviluppo sociale in Uganda che ha chiesto di approvare la legge antigay del 2014, nota come “Kill the gays bill” che prevedeva originariamente la pena di morte, poi l’ergastolo, per “omosessualità aggravata”. «La scelta di Verona e dell’Italia non è casuale, dimostra al contrario la volontà di imporre un preciso modello di società e di famiglia che pensavamo fossero superate dopo la conquista dei diritti civili negli anni Settanta e Ottanta. Il Congresso delle famiglie è in realtà il congresso della famiglia, intesa in senso tradizionale e patriarcale, in cui non c’è spazio per le persone Lgbt, gli omosessuali e le donne», conclude Guaiana. Nei giorni scorsi una delegazione di quattro associazioni (Famiglie arcobaleno, Certi diritti, Cgil Nuovi diritti e Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli) ha chiesto al sottosegretario alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora, di revocare il patrocinio istituzionale al Congresso veronese. «Abbiamo avuto la sensazione di avere dinanzi Giano Bifronte - afferma Sandro Gallittu della Cgil Nuovi diritti, presente all’incontro -. Mentre le nostre associazioni discutono con il governo l’importanza di garantire i diritti civili, lo stesso governo partecipa con tre ministri a una manifestazione discriminatoria e omotransfobica. Sul merito della questione, il sottosegretario ha puntualizzato che il patrocinio non è del Consiglio dei ministri ma solo del Ministero della famiglia. Forse Spadafora ha dimenticato che il governo è un organo collegiale». Intanto i parlamentari di Più Europa Emma Bonino e Riccardo Magi hanno presentato, insieme ai deputati Rossella Muroni e Ivan Scalfarotto, un’interrogazione parlamentare per chiedere spiegazioni sul patrocinio istituzionale garantito al Congresso delle famiglie. Anche le attiviste di Non una di meno promettono battaglia: «Come donne, lesbiche, soggettività Lgbtqi, antifasciste e antirazziste, renderemo Verona proprio nei giorni del Congresso una città aperta a tutte e tutti, organizzando una serie di eventi diffusi che convergeranno in una piazza resistente nel pomeriggio di sabato 30 marzo», si legge in una nota diffusa dalla rete femminista, nella quale si annuncia tra le altre la presenza dell’attivista Marta Dillon, tra le fondatrici di Ni una menos, movimento femminista nato in Argentina nel 2015 e poi diffusosi in tutto il mondo, Italia compresa. «Verona e l’Italia stanno diventando il punto di riferimento dell’ultra-conservatorismo a livello internazionale e della violenta crociata per imporre modelli tradizionalisti e normativi che negano e attaccano le donne e ogni diversità - precisa Giulia, attivista di Non una di meno Verona -. I corpi delle donne, come quelli dei migranti, sono i corpi che mettono in crisi il sistema del patriarcato tradizionale. Per questo, uno degli eventi centrali nella nostra tre giorni sarà il confronto tra movimenti femministi internazionali che, come noi, si trovano a dover resistere contro la crescente ondata della destra radicale e integralista. La posta in gioco - conclude Giulia - è l’idea stessa di collettività intesa come comunità che si unisce contro l’odio e per i diritti delle donne, delle persone omosessuali e transessuali, e in definitiva di tutte e di tutti».

Non c’è solo Pillon, e il disegno di legge sull’affido condiviso che punta a smantellare i diritti delle donne, e dei bambini, conquistati negli ultimi quarant’anni. Le libertà individuali e il riconoscimento dei diritti civili sono sotto attacco da più fronti. Dal 29 al 31 marzo Verona ospiterà, per la prima volta in Italia, il XIII Congresso mondiale delle famiglie che, come si legge nel sito ufficiale, è «un importante evento pubblico internazionale che cerca di unire i leader, le organizzazioni e le famiglie per affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come l’unica unità fondamentale della società». «Nel 2018 – ricordano gli organizzatori – il Congresso è stato ospitato dal presidente moldavo Igor Dodon, e nel 2017 a Budapest dal primo ministro Viktor Orban».

Tra gli ospiti italiani confermati ci sono il ministro dell’interno Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia e la disabilità Lorenzo Fontana, il governatore della Regione Veneto Luca Zaia, mentre l’adesione del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, data per confermata in un primo momento, risulta essere al momento incerta. Scorrendo la lunga lista dei relatori si scopre inoltre la partecipazione del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e di don Aldo Buonaiuto, il sacerdote che ha accusato Virginia Raffaele di aver invocato Satana in uno dei suoi sketch all’ultimo festival di Sanremo. Ma c’è di più. Se la scelta della città veneta come sede del Congresso risulta coerente con l’impostazione ideologica dell’evento – dato che negli ultimi mesi Verona è diventata una testa d’ariete contro la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza con l’approvazione di una mozione contro l’aborto poi copiata da altre città italiane – quello che desta preoccupazione è la concessione del patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri, della Regione Veneto e della Provincia di Verona all’evento.

«Innanzitutto è doveroso sottolineare la presenza al Congresso di ben tre ministri della Repubblica, Matteo Salvini, Lorenzo Fontana e Marco Bussetti. È un fatto senza precedenti nell’Europa occidentale – precisa Yuri Guaiana, presidente dell’associazione Certi diritti, tra i primi a segnalare la vicenda e curatore del libro Il lungo inverno democratico nella Russia di Putin (Diderotiana editrice) -. È inoltre inaccettabile vedere il sigillo della presidenza del Consiglio dei ministri affiancato al programma di un evento che prevede, tra gli altri, gli interventi di personaggi che si sono esposti apertamente per la criminalizzazione dell’omosessualità e dell’aborto». Come ricorda Guaiana, al congresso interverranno «personalità note per le loro posizioni antiabortiste e sostenitrici della famiglia tradizionale come il russo Dmitri Smirnov, presidente della Commissione patriarcale per la famiglia e la maternità che ha lo scopo di consigliare la Duma, il Parlamento russo, e di aiutare il presidente Vladimir Putin a sviluppare politiche in linea con le indicazioni della chiesa ortodossa, mentre il presidente moldavo Igor Dodon ha espresso più volte posizioni decisamente omofobe».

Sono inoltre previsti gli interventi di Theresa Okafor, attivista nigeriana tra le proponenti delle legge del 2014 che criminalizza le relazioni tra persone dello stesso sesso e di Lucy Akello, ministro ombra per lo Sviluppo sociale in Uganda che ha chiesto di approvare la legge antigay del 2014, nota come “Kill the gays bill” che prevedeva originariamente la pena di morte, poi l’ergastolo, per “omosessualità aggravata”.

«La scelta di Verona e dell’Italia non è casuale, dimostra al contrario la volontà di imporre un preciso modello di società e di famiglia che pensavamo fossero superate dopo la conquista dei diritti civili negli anni Settanta e Ottanta. Il Congresso delle famiglie è in realtà il congresso della famiglia, intesa in senso tradizionale e patriarcale, in cui non c’è spazio per le persone Lgbt, gli omosessuali e le donne», conclude Guaiana.
Nei giorni scorsi una delegazione di quattro associazioni (Famiglie arcobaleno, Certi diritti, Cgil Nuovi diritti e Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli) ha chiesto al sottosegretario alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora, di revocare il patrocinio istituzionale al Congresso veronese.

«Abbiamo avuto la sensazione di avere dinanzi Giano Bifronte – afferma Sandro Gallittu della Cgil Nuovi diritti, presente all’incontro -. Mentre le nostre associazioni discutono con il governo l’importanza di garantire i diritti civili, lo stesso governo partecipa con tre ministri a una manifestazione discriminatoria e omotransfobica. Sul merito della questione, il sottosegretario ha puntualizzato che il patrocinio non è del Consiglio dei ministri ma solo del Ministero della famiglia. Forse Spadafora ha dimenticato che il governo è un organo collegiale». Intanto i parlamentari di Più Europa Emma Bonino e Riccardo Magi hanno presentato, insieme ai deputati Rossella Muroni e Ivan Scalfarotto, un’interrogazione parlamentare per chiedere spiegazioni sul patrocinio istituzionale garantito al Congresso delle famiglie.

Anche le attiviste di Non una di meno promettono battaglia: «Come donne, lesbiche, soggettività Lgbtqi, antifasciste e antirazziste, renderemo Verona proprio nei giorni del Congresso una città aperta a tutte e tutti, organizzando una serie di eventi diffusi che convergeranno in una piazza resistente nel pomeriggio di sabato 30 marzo», si legge in una nota diffusa dalla rete femminista, nella quale si annuncia tra le altre la presenza dell’attivista Marta Dillon, tra le fondatrici di Ni una menos, movimento femminista nato in Argentina nel 2015 e poi diffusosi in tutto il mondo, Italia compresa.

«Verona e l’Italia stanno diventando il punto di riferimento dell’ultra-conservatorismo a livello internazionale e della violenta crociata per imporre modelli tradizionalisti e normativi che negano e attaccano le donne e ogni diversità – precisa Giulia, attivista di Non una di meno Verona -. I corpi delle donne, come quelli dei migranti, sono i corpi che mettono in crisi il sistema del patriarcato tradizionale. Per questo, uno degli eventi centrali nella nostra tre giorni sarà il confronto tra movimenti femministi internazionali che, come noi, si trovano a dover resistere contro la crescente ondata della destra radicale e integralista. La posta in gioco – conclude Giulia – è l’idea stessa di collettività intesa come comunità che si unisce contro l’odio e per i diritti delle donne, delle persone omosessuali e transessuali, e in definitiva di tutte e di tutti».