«Siamo la prima generazione a sentire gli effetti del cambiamento climatico e l’ultima a poter fare qualcosa». Lo ribadisce uno tra i milioni di giovani che partecipa al Global strike del 15 marzo. Uniti e determinati, la loro lotta ripoliticizza la questione ambientale. Mentre in Italia il governo pensa alla Tav

Proprio nel giorno in cui questo numero di Left arriva in edicola, miliardi di persone si staranno lamentando del tempo, del clima sempre più imprevedibile, dell’aria sempre più irrespirabile, e alcuni milioni staranno manifestando in 957 eventi (cento dei quali in Italia) sparpagliati su 92 Paesi: sono i “Venerdì per il futuro”, FridaysForFuture, iniziati in agosto quando una ragazzina, la (allora) quindicenne Greta Thunberg, si è seduta davanti al Parlamento svedese per tre settimane, per protestare contro la mancanza di azione sulla crisi climatica. Ha pubblicato quello che stava facendo sui social e presto è diventato virale. Così l’8 settembre ha deciso di continuare a scioperare a oltranza, ogni venerdì. Gli hashtag #FridaysForFuture e #ClimateStrike si sono diffusi e studenti e adulti hanno cominciato a protestare fuori dai loro Parlamenti e dai municipi di tutto il mondo. Ciò ha ispirato anche gli scioperi scolastici del giovedì in Belgio. E il 15 marzo è il giorno dello sciopero globale, il Global strike for future. «Siamo la prima generazione a sentire gli effetti del cambiamento climatico e l’ultima a poter fare qualcosa», sintetizza, sulla scia di Greta, Nadir, studente bresciano che sta promuovendo questo percorso nella sua città in collegamento con coetanei francesi, belgi e spagnoli con cui condivide un approccio «ecosocialista e anticapitalista», ci spiega. Non è che gli studenti siano tutti così radicali, ma la fine del mondo scredita ogni strategia migliorista e offre alle nuove generazioni la possibilità di una critica del modello di sviluppo che il neoliberismo aveva scippato loro con i suoi sistemi elettorali maggioritari e le scelte calate dall’alto. «C’è senz’altro un dato generazionale, con vari gradi di consapevolezza, che ha il merito di ripoliticizzare la questione ambientale», dice a Left il documentarista Michele Citoni, autore di ricerche sulla storia dell’ambientalismo.
Intanto, in Italia, infuria un pressing senza precedenti delle lobby Sì Tav. Però, da otto settimane, anche Luca Franceschetti, ventenne romano, attivo nell’Unione degli studenti all’Università di Roma3, è tra quelli che presidiano Montecitorio ogni venerdì «per chiedere…

L’inchiesta di Checchino Antonini prosegue su Left in edicola dal 15 marzo 2019


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