Ci risiamo. Ancora una volta un uomo politico italiano, tra l’altro con responsabilità istituzionali internazionali, il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, è caduto nel solito equivoco, tutto italiano, che tenta di salvare il salvabile della dittatura fascista.
“Mussolini ha fatto qualcosa di buono per il suo paese”.
“Ha costruito strade, ponti, ferrovie, ha bonificato le paludi.”
Per carità, tutte opere meritevoli, che è possibile riscontrare anche in altre dittature di ieri come di oggi, boreali e australi, di destra come di sinistra, laiche e teocratiche. Anche se c’è da dire che noi abbiamo più gusto degli altri e che il nostro made in Italy è esportato in tutto il mondo.
Un dato è certo, i dittatori, gli imperatori, i sovrani, i cesari dell’est come dell’ovest del pianeta, sanno costruire. I ponti, poi, sono il loro fiore all’occhiello. Basta guardare la toponomastica di Roma: ponte Elio (oggi ponte Sant’Angelo), ponte Sisto, ponte Umberto I, ponte del Littorio (oggi ponte Matteotti).
Pontifex, “costruttore di ponte”, questo il titolo della casta sacerdotale dell’antica Roma, che si è tramandato fino a diventare Sommo Pontefice, prerogativa della più alta autorità religiosa riconosciuta nella Chiesa cattolica.
Peccato però che questi costruttori di ponti abbiano accidentalmente commesso qualche sciocchezza qua e là. Per tornare al ventennio, Tajani, con onestà intellettuale, non può fare a meno di ricordare le leggi razziali e la guerra, oltre a considerare Mussolini “non un campione di democrazia”. Un eufemismo, per ricordare a tutti, che la nostra dittatura è stata più blanda rispetto ad altre. Giusto, come si fa a non riconoscere il fair play del fascismo nel campionato delle dittature mondiali? Allora, se c’è questo in palio, facciamo bene a non ricordare, o a dimenticare tutte le volte, la stagione dello squadrismo che ha visto cadere come mosche operai e contadini socialisti, preti, dissidenti politici e persone comuni, i delitti eccellenti come quelli di Giacomo Matteotti, i fratelli Rosselli, Piero Gobetti e Giovanni Amendola, il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, con le sue 4596 condanne, di cui 31 a morte, il confino, l’olio di ricino, la tortura, le atrocità delle guerre coloniali, l’uso dei gas tossici, vietati da tutte le convenzioni internazionali dell’epoca, contro la resistenza etiope, i 275.000 morti della guerra per la conquista della “Abissinia”. E per concludere questa lista sommaria di nefandezze, anche la vergogna mai cancellabile delle leggi razziali e l’orrore della seconda guerra mondiale.
Ma la leggerezza compiuta da Tajani, e come lui da tanti altri che ogni volta ci ricascano, è anche comprensibile. È tutta colpa di quel ponte. Chi l’ha costruito ci ha visto lungo. Sapeva che prima o poi qualcuno lo avrebbe tirato fuori per una sua riabilitazione postuma.