È stato il voto più rosa nella storia della Nigeria, con sei donne in corsa per la presidenza e centinaia di candidate all’assemblea nazionale. In un Paese dove la rappresentanza femminile alla Camera è del 5,5% e in Senato del 5,8%, si può definire un progresso, seppur minimo. Resta l’amarezza per l’inatteso ritiro di colei che avrebbe potuto portare un significativo contributo alla battaglia per l’uguaglianza di genere nel più popoloso Paese africano, Oby Ezekwesili.
Già ministro dell’Istruzione, è stata il cuore e l’anima del movimento Bring back our girls, nato per chiedere la liberazione di 276 studentesse nigeriane rapite nel maggio 2014. La sua candidatura a presidente rappresentava la smentita diretta della narrativa maschile che ha sempre etichettato le donne impegnate in politica in Nigeria come incompetenti, incapaci di essere competitive. La decisione di ritirarsi è maturata alla fine di una deludente campagna elettorale che ha visto la continua emarginazione della componente femminile, sia in termini di visibilità sui media sia per l’inadeguato sostegno che i comitati delle candidate hanno ricevuto dalla società civile, tanto da costringerne molte a lasciare la corsa prima del voto. Stesso discorso per la partecipazione agli uffici e ai seggi elettorali, nonostante le donne costituiscano il 47% degli elettori registrati.
Pur non essendo ancora definitivo il quadro degli eletti, quella femminile resta una minoranza significativa nelle assemblee parlamentari. Ma prima di analizzare e approfondire la questione è necessaria una panoramica sul risultato delle presidenziali e sul contesto Paese. Per quanto messe in ombra da pressanti crisi internazionali come il Venezuela e il delicato dossier della Brexit, le elezioni nigeriane che si sono svolte il 23 febbraio rappresentavano un test importante per tutto il Continente, capace di suggerirci a che punto sia il processo di democratizzazione in Africa dopo le deludenti e poco trasparenti tornate elettorali in Congo e in Camerun. Il più popoloso dei Paesi africani ha deciso di…
Alle elezioni di fine febbraio, che hanno riconfermato il presidente Buhari, il grande Paese africano ha affrontato un importante test di democrazia. Grande affluenza e molte candidature femminili. Ma criminalità e terrorismo islamico continuano a seminare violenza. Contro cui gruppi di attiviste si battono ogni giorno
L’articolo di Antonella Napoli prosegue su Left in edicola dal 15 marzo 2019