«La pantera siamo noi» scandivano gli universitari ribelli del movimento studentesco della Pantera nato tra la fine del 1989 e la primavera del 1990, che ha portato all’occupazione della maggior parte delle facoltà universitarie in tutta Italia. A trent’anni di distanza, alcuni dei protagonisti di allora si sono riuniti per un esperimento di scrittura collettiva dal quale è nato il libro firmato The Panthers. Ora Basta! Come populismo e sovranismo stanno devastando il nostro Paese e come possiamo restituirgli dignità, Edizioni Clichy, in libreria dal 26 marzo. La Pantera è il terzo, e finora ultimo, movimento studentesco di livello nazionale con un’effettiva dimensione politica, dopo quelli del 1968 e del 1977. Cosa è rimasto delle parole d’ordine di allora, delle spinte rinnovatrici verso una società più aperta e libera, e del senso di comunità e di giustizia sociale che animava i giovani del tempo? E cosa pensano gli ex studenti ribelli di quelli di oggi che scioperano per il clima?
Silvia Bacci, libera professionista di Prato, è una delle coautrici del pamphlet e spiega a Left: «Il nostro libro è una sorta di manifesto politico alternativo per un’Italia molto diversa da quella in mano alle nuove destre, ed è il risultato di un esperimento collettivo di una quarantina di ex studenti della facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze appartenenti al movimento della Pantera».
Come è nata l’idea del libro?
Tutto è partito da una chat di gruppo creata per organizzare una cena dopo tanti anni. Con grande sorpresa ci siamo accorti che nonostante gli anni trascorsi, i figli, i lavori precari o le carriere di alcuni, nessuno di noi si era trasformato in un seguace di Grillo e Di Maio né tantomeno di Salvini o Berlusconi, e che le cose in cui credevamo e per cui avevamo lottato da ragazzi sono rimaste le stesse.
Si spieghi meglio.
L’idea di una politica intesa quale agire collettivo per un fine comune anche se, esattamente come ogni sinistra che si rispetti, spesso ci siamo scoperti divisi e lontani nelle nostre posizioni. Nonostante questo abbiamo individuato un codice minimo di valori completamente condiviso – convivenza civile, buon senso, rispetto e normale umanità – che potrebbe essere una traccia di riferimento per chi vorrà riprendere in mano l’opposizione alle destre e proporre un’Italia diversa da quella che precipita ogni giorno di più nel baratro oscuro e violento dei proclami, delle promesse, della minacce e del ringhio affidate ai social.
Il sottotitolo del volume è piuttosto tranchant: «Come populismo e sovranismo stanno devastando il nostro Paese e come restituirgli dignità». È quindi la ricerca della dignità la soluzione per uscire da questa impasse?
Può esserlo se intendiamo la dignità come impegno in prima persona, il non tacere e non voltarsi dall’altra parte per stanchezza o rassegnazione. Torniamo a parlare di politica tra di noi, tra le persone reali e non sui social dove ognuno di noi spesso si limita a scrivere dei proclami senza ascoltare le idee altrui. Purtroppo non esiste una formula magica efficace e sicura, ma la base di partenza per qualunque discorso politico e sociale dovrebbe essere chiara a tutti: il rispetto dei principi costituzionali e della democrazia. Il tema vero è semmai come ricostruire passione e attenzione alla politica. Certo è che la politica odierna non può più essere nazionale. Il respiro europeo è quello minimo indispensabile. Politica è soprattutto dare risposte concrete alle grandi sfide e le sfide non sono più nazionali. Governare l’economia, l’ambiente, i diritti guardando all’ombelico romano è sempre stata una strategia perdente. Oggi più che mai.
Nella prefazione si legge: «I capitoli del libro non sono firmati. Non è un caso. Siamo convinti che una delle cause del declino politico e culturale italiano sia il processo di personalizzazione che ha invaso la politica, che è un servizio indispensabile e non un esercizio narcisistico». A chi vi riferite?
Credo che ci riferiamo tutti alla stessa persona, anzi alle stesse persone (ride). Sicuramente a Matteo Renzi che ha distrutto la sinistra, o quello che ne rimaneva; ma anche all’altro Matteo, l’attuale ministro degli Interni. Ed è stato esattamente a causa della sua indegna attività politica se abbiamo deciso di metterci in gioco, con la testa e con il cuore, scegliendo di fare qualcosa di più del solo lamentarsi tra di noi.
Leggendo il libro si riscoprono parole e concetti scomparsi dal lessico comune e politico: lavoro, servizio alla comunità, impegno concreto degli intellettuali (e qui ricordate Pasolini, Sciascia, Cederna e Gozzini), ambiente, lotta alla mafia e cultura. Siete dei nostalgici fuori tempo massimo o al contrario credete che uno degli errori più gravi sia stato aver dimenticato certi temi e certe parole?
Non siamo dei nostalgici, anche se forse qualcuno tra di noi, del gruppo, potrebbe ritenersi tale. Ma in definitiva è un aspetto secondario: il senso del nostro lavoro è quello di riuscire ad andare oltre le posizioni personali per individuare una sintesi generale, di sinistra. Certe parole, come il lavoro, la cultura o l’ambiente, dovrebbero tornare a far parte del linguaggio comune e condiviso di una sinistra che si vuol definire tale.
Nel volume viene ricordata anche la questione femminile con tutto il suo carico di disparità sociali, economiche e lavorative, oltre alla mentalità patriarcale della cultura italiana alimentata dalla religione e dalla politica attuale. Nonostante tutto, lo sciopero femminista dell’8 marzo scorso ha avuto un successo indiscutibile. Le donne sono la chiave per migliorare il nostro futuro?
Le rispondo con due esempi: innanzitutto citando la Conversazione su Tiresia di Andrea Camilleri, quando il protagonista si ritrova con sembianze e cervello di donna che gli fa pensare migliaia di cose contemporaneamente. Non è uno stantio luogo comune, le donne riescono a pensare e a gestire molte idee nelle stesso momento, e sono convinta che la nostra società sia in declino perché le donne nei posti di comando sono ancora un numero troppo esiguo. In secundis, con l’esempio concreto di ribellione civica della deputata Rossella Muroni che ha impedito ai mezzi che sgomberavano i richiedenti asilo di lasciare il Cara di Castelnuovo di Porto, sbarrando la strada ad un gigantesco pullman. Quindi la mia risposta è ovviamente sì, le donne rappresentano una grande forza di cambiamento per un futuro migliore.
E i giovani che hanno scioperato per il clima non sono anche anch’essi un esempio positivo di partecipazione attiva? Cosa ne pensa da ex studentessa “ribelle”?
Certamente le nuove generazioni sono fondamentali. Possiamo solo ringraziarli per aver riportato nel dibattito pubblico il tema dell’ambiente, scomparso dalle agende politiche di tutto il mondo. E da ex universitaria della Pantera sono felicissima del loro impegno. Sono bellissimi.
A Prato, nella sua città, il 23 marzo potrebbe tenersi la manifestazione nazionale di Forza Nuova, ancora in forse nonostante le numerose proteste, una raccolta firme che ha raggiunto le 12 mila sottoscrizioni e la contro manifestazione promossa da Anpi. A Milano, nello stesso giorno, era previsto un raduno di Casapound ma il prefetto al contrario lo ha vietato. Cosa farete nel caso l’autorizzazione venga concessa?
Molte persone protesteranno, con il loro corpo e la loro presenza, in maniera civile ma decisa il proprio sdegno per una manifestazione anticostituzionale.
Ultima domanda: ma la sinistra e la destra, secondo lei, esistono ancora?
Ovviamente: la sinistra è la forza politica sempre dalla parte dei più deboli, mentre la destra sta dalla parte dei più forti. Difendiamo i deboli e risolveremo buona parte dei nostri problemi.
I proventi dei diritti d’autore derivanti dalla vendita del libro saranno interamente devoluti all’associazione Mediterranea.