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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Centocinquantamila dicono gli organizzatori. Al di là della disputa sui numeri indubbiamente una marea di donne e uomini hanno manifestato a Verona contro i contenuti clericofascisti del congresso internazionale delle famiglie che ha lanciato anatemi contro l’emancipazione e l’autonomia delle donne.
Con la benedizione di tre ministri della Repubblica nella città veneta è andato in scena un ridicolo circo horror con feti di plastica, croci e finti cilici.
Dio, patria e famiglia, come ai tempi del duce a cui ama alludere Salvini nel linguaggio e nella prassi. Con buona pace dei grillini che, nonostante il teatrino dei continui litigi, tengono ancora in piedi il governo giallonero. Ma la risposta della piazza è stata forte e chiara nel rifiutare gli attacchi alla legge 194 e il tentativo di imporre un’idea religiosa e antistorica di famiglia naturale. Una marea di persone oggi pretende il ritiro immediato del ddl Pillon che rende più difficile divorziare e vuole mettere la mordacchia alle donne e ai bambini che denunciano violenze in famiglia (additandoli come “manipolatrici” e “manipolati”). Tanto che il sottosegretario Spadafora si è affrettato a dire in tv che quel ddl «verrà archiviato e non andrà mai in aula». Non sa che tra i firmatari ci sono anche deputati dei Cinque stelle? Domanda pleonastica.
Ancora una volta fra i grillini c’è chi prova a fare la foglia di Fico. Ma il giochetto è ormai scoperto. Il Movimento che si autoproclama «né di destra né di sinistra» e anti ideologico, in questo anno di governo, ha contribuito a varare provvedimenti ideologicissimi e di ultra destra. Come la legge Salvini su sicurezza e immigrazione che – fra molto altro – toglie la protezione umanitaria, introduce la revoca della cittadinanza e va contro l’articolo 27 della Costituzione che prevede la presunzione di innocenza. Come la legittima difesa che apre al Far West della giustizia fai da te. Come la mini naja (di cui parliamo su questo numero) e molto altro. Minacciando fino all’altro ieri anche di introdurre la castrazione chimica come se fosse un mezzo legittimo e utile a fermare eventuali stupratori. La prassi politica di Salvini, abbracciata in toto da Conte e Di Maio, come è ormai chiaro da tempo, punta a indurre una sensazione di insicurezza nei cittadini agitando il fantasma di inesistenti invasioni di migranti, marchiando gli stranieri come un pericolo per i disoccupati e per le donne, cercando con provvedimenti choc di irretire e paralizzare il senso critico e di imbavagliare la corretta informazione che non si stanca di dimostrare dati alla mano – come ostinatamente facciamo ogni settimana – che la maggior parte delle violenze sulle donne e dei femminicidi avvengono in famiglia, e che in Italia vivono più di 5 milioni di stranieri ben integrati e che costituiscono tutt’altro che un pericolo.
Assai pericolosi sono invece i discorsi paranoicali e persecutori dei fascioleghisti in difesa dell’identità nazionale e dello ius sanguinis. E non si tratta solo di discorsi. Le politiche del governo giallonero negano i diritti umani e criminalizzano, non solo la solidarietà, ma il diritto stesso di avere diritti, come il diritto imposto dalla millenaria legge del mare centrata sull’obbligo di salvataggio, come il diritto ad un approdo sicuro, come il diritto di cittadinanza. Qualcuno lo faccia sapere al capo del Viminale, la cittadinanza non è più da molti secoli un privilegio di pochi, uomini, bianchi, liberi come accadeva nella Grecia antica. Non è più solo dei cives, come dall’antica Roma, dove erano unici titolari della patria potestas (che i crociati di Verona vorrebbero ripristinare) e del dominium su cose e schiavi. Ma non è neanche una concessione del principe o un premio da dare ai più meritevoli, come pretenderebbe Salvini, che dopo l’attentato allo scuolabus voleva togliere la cittadinanza al dirottatore e poi “regalarla” a Ramy e Adam che hanno permesso di evitare il peggio. I due giovanissimi e coraggiosi studenti fanno parte degli 825mila ragazzi, nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri che si sono visti negare lo ius soli da questo e dai precedenti governi. Sono italiani senza cittadinanza a cui hanno bellamente voltato le spalle anche il Pd e il M5s. Ricordiamo qui, brevemente che il definitivo naufragio dello ius soli avvenne il 23 dicembre del 2017 nell’ultima seduta prima della pausa natalizia, quando tutti i M5s e 29 Dem fecero mancare il numero legale al Senato. Alla lunga e inascoltata battaglia per lo ius soli abbiamo dedicato un numero di Left lo scorso agosto, per riportare in primo piano una questione assurdamente depennata dalla agenda politica. Bene che ora la battaglia riprenda, a partire dalle piazze. Saremo con i ragazzi che hanno diritto allo ius soli il 9 maggio.
In vista di questa importante data proponiamo nuovi approfondimenti su questo tema, tornando a parlare di apolidia, una condizione di assenza di diritti che rischia di rendere queste persone “invisibili”, pericolo che corrono anche i giovani italiani senza cittadinanza. Per questa via abbiamo cercato di allargare la riflessione interrogandoci su cosa significhi oggi la parola “cittadinanza” alla luce delle conquiste giuridiche e della scienza. La nascita è uguale per tutti ha dimostrato la moderna psichiatria. La capacità giuridica si acquisisce alla nascita, stabilisce il codice civile e non può essere revocata da Salvini o da chi per lui. Anche a partire da questi presupposti diciamo che la cittadinanza non può essere intesa come un’identità granitica ed escludente. Come ben argomenta Sergio Bontempelli in questa cover story PassaPorti aperti, la cittadinanza italiana è uno status, che comporta diritti e doveri, non è una identità etnico-religiosa basata sulle radici cristiane, o sul fatto di mangiare gli spaghetti ed essere tifosi di calcio! Con Roberto Musacchio poi allarghiamo lo sguardo all’Europa, interrogandoci sulla cittadinanza europea che ancora non c’è dal momento che l’Europa è solo un’Unione di mercati. Un tema che ci riguarda tutti da vicino pensando alle imminenti elezioni e auspicando un’Europa senza frontiere che metta al centro il diritto alla mobilità e alla residenza. Che non metta al centro le merci ma le persone.