Dopo l’abbandono, anche da parte della politica, il lento recupero. A dieci anni dal sisma del 6 aprile, tra pub, cantieri e palazzi restaurati, il volto della città è contrastante. Da un lato vetrine mordi e fuggi, dall’altro la sfida dell’arte e la volontà di ripartire davvero

Verso la fine di Corso Vittorio Emanuele, il “Corso” della passeggiata degli aquilani, sul lato Nord vicino alla Fontana luminosa nella piazzetta che incrocia con via Castello, risuona musica pop da un cantiere in un palazzo. Rallegra l’aria: escono operai che per pranzo si rifocilleranno in una buona pizzeria a taglio a pochi metri, in un locale dove vendono focacce con affettati, formaggi e discreti vini abruzzesi o dove preferiranno nei dintorni. Nella piazzetta ha aperto da poco un caffè dall’architettura sobria e raffinata con un fasciatoio per bambini in bagno, autentico miraggio nella stragrande maggioranza dei locali della penisola. Vi domanderete: nella città a dieci anni dal terremoto carico di morti del 6 aprile 2009 si sta a qua ciancicare di bar, pizza e caffè? Per quale dannato motivo? La risposta è perché questo angolo dell’Aquila incornicia quanto sta accadendo in un centro storico molto più affascinante della sua scarsa fama: la ricostruzione ha proceduto “a macchia di leopardo” – espressione che tanti aquilani adoprano come un mantra -, e a molte strade e palazzi recuperati si alternano angoli, ponteggi e vie ancora “zona rossa”. E la quotidianità segue un copione praticamente fisso: fino alle 17 circa è un via vai di operai, tecnici, ingegneri, restauratori, qualche dipendente pubblico, dalle 19 o giù di lì scatta l’ora degli aperitivi, della passeggiata lungo il Corso fino a piazza Duomo, molti ragazzi si tuffano nella movida di una città a forte vocazione universitaria.
Converrà ricordarlo in sintesi: fino al 2012-13 la città era un deserto. Fu l’ex ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca del governo Monti a imprimere un cambio di passo dacché, negli ultimi anni, attraversare a cadenza regolare le vie aquilane significa vedere progressi visibili tra le gru, i camion, l’odore della calcina e i nastri rossi dei cantieri. Il complicato recupero degli edifici di valore storico e artistico – varie centinaia i progetti approvati dalla soprintendenza speciale per il Cratere dal 2012 – è…

Il reportage di Stefano Miliani prosegue su Left in edicola dal 5 aprile 2019


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